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Il gioco nella risoluzione dei conflitti

Il gioco in ospedale

Il bambino in ospedale ha bisogno di essere curato nel corpo ma anche di essere riconosciuto e capito nel suo dolore psicologico, rassicurato e sostenuto sotto l’aspetto emotivo. Il gioco, attività libera e gratificante, fonte di apprendimento e socializzazione, si presente come una preziosa opportunità per creare un ponte con la vita fuori dall’ospedale. I bambini ritengono che la malattia, anche un semplice raffreddore, sia un fatto che comporta emozioni quali la tristezza, la stanchezza e la delusione e che tali emozioni non possano essere mitigate neppure da un’occasione di divertimento (Harris, 1991).
Nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, dolore fisico e psicologico possono confondersi. Nei lattanti, qualsiasi tensione o bisogno è avvertito come doloroso, non esistendo ancora una reale distinzione tra un’esperienza diffusa di disagio e una situazione nettamente più circoscritta di dolore che scaturisce da sorgenti specifiche. Durante il primo e il secondo anno di vita, il bambino che vive in stretto contatto con la figura di attaccamento viene influenzato, nel vissuto psichico della malattia dall’atteggiamento tenuto dalla stessa figura di attaccamento. Sin dagli anni 30 Anna Freud ha messo in evidenza che una malattia fisica può avere gravi conseguenze sullo stato psicologico del minore, interrompendone il processo evolutivo. Anche gli studi di Spitz (1958), di Bowlby (1969) e di Winnicott (1961), sottolineano gli effetti deleteri della separazione dalla figura materna. In una prospettiva più orientata verso un’interpretazione cognitiva, Rutter (1973) ha evidenziato la mancanza di informazioni, di dati che, nell’interazione, vengono offerto all’elaborazione e facilitano lo sviluppo percettivo, cognitivo e comunicativo. Successivamente i principali reparti ospedalieri di pediatria hanno iniziato ad istituire spazi dedicati al gioco e a individuare possibilità di assistenza scolastica e di soggiorno durante la degenza. Nella prima infanzia è importane un ambiente stabile caratterizzato dalla vicinanza dei genitori e da un certo grado di stimolazioni. Il piccolo paziente non ha ancora un livello cognitivo tale da potersi spiegare le situazioni nuove e traumatiche e non ha ancora acquisito una padronanza del linguaggio che gli consenta di comunicare con chiunque.

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Il gioco nella risoluzione dei conflitti

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Informazioni tesi

  Autore: Tatiana Terruzzi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Emilio Gattico
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 23

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