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Il rapporto di lavoro nei gruppi imprenditoriali

Il gruppo come strumento di decentramento produttivo, l'uso patologico della forma gruppo nel gruppo di mero decentramento

Sin qui il fenomeno pare fisiologico, ove con tale aggettivo non si intende la predisposizione di un fenomeno a realizzarsi all'interno di un contesto determinato (da un punto di vista sociologico anche l'illecito può essere tale), quanto piuttosto la sua valutazione in termini di liceità da parte dell'ordinamento. La distinzione tra gruppi “genuini” e “pseudogruppi”, sulla quale, come si avrà modo di vedere, si è impostata parte della dottrina e della giurisprudenza del lavoro (vuoi al fine di predicare la rilevanza giuridica solo dei secondi, vuoi al fine di auspicare una più incisiva regolazione dei primi), non appare del tutto esauriente da un punto di vista empirico. Più proficua appare allora la distinzione, volendo mantenere inalterato il lessico, tra uso fisiologico e uso patologico della forma gruppo, a patto di rammentare che con l'aggettivo “fisiologico” si indica un comportamento che è non solo lecito in virtù di una norma permissiva ovvero dell'assenza di una norma proibitiva, ma che corrisponde alla ratio della normativa che lo facoltizza, in questo caso quella sull'autonomia privata nella costituzione di società, e “patologico” è invece il comportamento che pur non violando apertamente alcuna norma, produce l'effetto di aggirare o violare o frustrare le rationes di quella o altre normative. In questo senso, a ben vedere, laddove “fisiologico” è sinonimo di lecito, di genuino, il termine “patologico” richiama immediatamente le categorie della frode alla legge e dell'abuso della persona giuridica, pur senza coincidere con esse.

In effetti, per quanto sia difficile che la forma gruppo venga utilizzata esclusivamente come mezzo di elusione di discipline lavoristiche imperative, non vi è dubbio che la giurisprudenza lavoristica abbia da tempo identificato un modello di gruppo che, per i suoi caratteri genetici, strutturali e funzionali, produce l'effetto, spesso direttamente ricercato, altre volte conseguito in via incidentale, di diminuire la tutela del lavoratore subordinato attraverso una frammentazione fittizia dell'impresa tale da comportare la disapplicazione delle importanti tutele lavoristiche commisurate alla dimensione dell'impresa (su tutte l'art. 18 St. lav) o alla continuità del servizio prestato presso uno stesso imprenditore (tra cui la nuova tutela indennitaria in caso di licenziamento ingiustificato). Può parlarsi in tale caso di “gruppo di mero decentramento”.

È questo il caso in cui un'impresa inizialmente unitaria venga scissa in più soggetti societari muniti di personalità giuridica, ognuno dei quali esercita una distinta fase della stessa attività precedentemente svolta unitariamente. Non si ha quindi una enucleazione di nuove società per svolgere attività sussidiarie e collaterali cui meglio converrebbe una gestione autonoma, ma l'attribuzione – a distinti soggetti giuridici costituiti ad hoc – di un'attività che è lontana dal presentare qualunque carattere di reale autonomia imprenditoriale.

Si rende apparentemente possibile far svolgere alla nuova società una frazione di attività attraverso una struttura minimale (si pensi ad un ufficio con un solo dipendente) neppure suscettibile di costituire un'articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, come tale idonea a costituire oggetto di un trasferimento di ramo ex art. 2112 c.c.., ovvero un’entità aziendale che si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica, come tale idonea a identificare una unità produttiva. In tale ipotesi, secondo un modello di argomentazione frequente già nella giurisprudenza pretorile degli anni '80, nessuna delle società, singolarmente considerate, può considerarsi un’impresa; piuttosto, “lo è il gruppo nel complesso”.

Il confine tra liceità e illiceità del fenomeno è labile. Se già l'art. 3, l. 1369/1960, nel disciplinare la solidarietà negli appalti interni, ha costituito, fin dagli albori del diritto del lavoro di epoca repubblicana, un importante indice della liceità dell'esternalizzazione di fasi anche importanti dell'attività di impresa, altro è la scelta imprenditoriale di procurarsi sul mercato beni o servizi che potrebbero anche essere prodotti all'interno dell'impresa, altro è il mutamento dei nomina iuris sotto i quali un’identica attività continua ad essere esercitata da uno stesso attore economico. In altre parole, se è lecito che un'impresa proceda alla chiusura di una unità produttiva per procacciarsi all'esterno, attraverso contratti commerciali di appalto, le utilità che tale unità produceva, non è altrettanto lecito, restando invariata la struttura organizzativa e l'attività in essa esercitata, elevare tale unità produttiva al rango di distinta società controllata.

La distinta personalità giuridica delle società collegate appare in tali casi unicamente uno stratagemma per conseguire, nella forma del conferimento, un risultato di frammentazione dell'impresa che non sarebbe consentito alla luce della disciplina del trasferimento d'impresa o di ramo. Ad unificarsi in questo caso non sono solo, come nell'impresa di gruppo, i profili oggettivi dell'impresa-attività, ma anche quelli dell'impresa-organizzazione e, nel caso in cui si ravvisi un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività verso uno scopo comune, potrà forse dirsi unica l'impresa anche sotto il profilo soggettivo.

Gran parte della giurisprudenza lavoristica, anche risalente, ha utilizzato questo modello quale referente per l'elaborazione degli indici da cui far derivare la configurabilità di un “unico centro d'imputazione” dei rapporti di lavoro. È bene rilevare, tuttavia, che l'affermazione della sussistenza di un “unico centro d'imputazione”, che sembrerebbe a prima vista espressione di una tecnica di superamento della personalità giuridica attraverso the lifting of the corporate veil, è stata utilizzata soprattutto per procedere al computo unitario dei lavoratori ai fini dell'applicazione dell'art. 18 St. lav. ovvero della legge 223/1991 sui licenziamenti collettivi, più che per individuare davvero un unico soggetto datore di lavoro o tanto meno per dichiarare la nullità delle società fittiziamente in frode alla legge. Più che di superamento della personalità giuridica, quindi, è opportuno parlare di disconoscimento delle utilità che da essa derivano, secondo una tecnica di reazione all'abuso della personalità giuridica diversa dal suo superamento e utilizzata anche in altri campi del diritto.

In tali casi si può parlare di “una sola impresa in forma di gruppo”, cioè di una impresa solo fittiziamente parcellizzata, ove però tale modello differisce dalla “impresa di gruppo” per il fatto che ad essere unitario non è solo il profilo dell'impresa-attività, ma si presentano di fatto unitarie anche l'organizzazione aziendale e finanche la stessa soggettività imprenditoriale. In altri termini si potrebbe sostenere che laddove l'impresa di gruppo galganiana è una impresa unitaria, l'impresa di mero decentramento è invece una unica impresa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il rapporto di lavoro nei gruppi imprenditoriali

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Informazioni tesi

  Autore: Gionata Golo Cavallini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Maria Teresa Carinci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 253

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Parole chiave

distacco
gruppi di imprese
codatorialità
unico centro di imputazione
impresa di gruppo
somministrazione irregolare

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