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La costruzione sociale dell'intelligenza nelle attività sportive

Il gruppo e le sue dinamiche nello sport

Secondo A. Zelli (2002) “Lo Sport implica gruppi e dinamiche di gruppo”, conseguentemente chi lavora in questo campo, soprattutto se a contatto diretto con gli atleti professionisti o amatoriali, deve farsi buon intenditore delle opportunità che offre dal punto di vista cognitivo e delle abilità che si possono mettere in campo per ottenere le migliori prestazioni e così dimostrare la padronanza o competenza sportiva, infatti quest’ultima, come si è visto, è articolata e complessa.
L’Autore citato in precedenza ci ricorda che la maggior parte degli sport si vive in gruppo e anche quando, come nel nuoto, l’attività è prettamente individuale, si gareggia per una squadra per la quale si cerca “la vittoria o il riconoscimento”, spesso in presenza di un pubblico di tifosi che esercita un”influenza sociale” di grande peso sotto l’aspetto emotivo: uno degli aspetti tali da condizionare notevolmente l’esito di una gara.
In ogni caso, il confronto tra pari, con gli avversari e con un pubblico plaudente o meno innesca meccanismi continui di problem solving, preziosi per sviluppare ogni tipo di intelligenza, nel nostro caso quella sportiva.
Nel capitolo dedicato all’argomento del testo citato, la prima parte si dilunga a trattare dei gruppi in generale, delle loro norme e dei ruoli, ad esempio sottolineando il fatto che esistono innumerevoli definizioni di gruppo, distinguendosi in sociale e non sociale e facendo notare che anche questi ultimi hanno un’influenza nella vita delle persone, come nel caso in cui ci si trovi in coda a qualche sportello.
Ma, sorvolando su questi ed altri aspetti, quali ad esempio il conformismo e la leadership, si ritiene più interessante trattare ai fini della nostra tesi il tema della “risoluzione dei conflitti”, quello della capacità di saper “prendere decisioni” ed il concetto di “responsabilizzazione”, perché più direttamente correlati allo sviluppo dell’intelligenza sportiva nelle dinamiche di gruppo.
La trattazione inizia sottolineando il fatto che il leader può influenzare in modo notevole, se non addirittura determinante il gruppo di cui fa parte.
Questo dato a nostro avviso può avere conseguenze positive o negative. Come si è potuto più volte appurare nel corso dei molti anni dedicati allo status e al ruolo di allenatore di squadre di Sambo. Nel primo caso egli, sollecitando i compagni ad assumere determinati comportamenti nel corso di allenamenti o gare sportive, ne rimodella continuamente l’approccio all’attività sportiva. Il che significa che lo sportivo è costantemente indotto a ripensare alla modalità di esecuzione delle proprie azioni, cercando e tentando di trovare il modo migliore per migliorarla, a favore sia della sua personale performance sia di quella della sua squadra.
Nel secondo caso non si può escludere che il caposquadra possa trascorrere un periodo non ottimale della propria vita, se non addirittura problematico, causando disagio, chiaramente non voluto, fra i componenti del proprio gruppo con una conseguente perdita di motivazione e di autostima.
Ritornando a capo del discorso, A. Zelli sottolinea che il leader detiene anche il compito fondamentale di far convergere i compagni verso un obiettivo comune. Questo aspetto è indispensabile per distinguere i gruppi sociali da quelli non sociali: ne rappresenta proprio la discriminante.
Per quanto attiene alla risoluzione dei conflitti, se questi ultimi non vengono gestiti o mediati in modo intelligente, possono produrre effetti dannosi e certamente non consentono la crescita del gruppo nel suo insieme.
Nel testo vengono riportati esempi che dimostrano come talvolta vi siano individui che hanno scopi non compatibili con quelli degli altri, come nel caso in cui delle “riserve “ non abbiano capito il loro ruolo e la loro funzione. Il loro grado di soddisfazione è, notoriamente, indice di coesione tra i membri.
Ma al di là di tutte le altre osservazioni, per l’Autore risulta chiaro che nelle dinamiche citate l’importante è mettere in atto delle “azioni concrete” per tentare di dirimere le controversie. A questo scopo si indicano tre strumenti; “comunicazione, negoziato, contrattazione”. In particolare la comunicazione dovrebbe promuovere fiducia ed indirizzare verso il sostegno reciproco.
Della negoziazione si mette in risalto la validità ma anche la difficoltà di essere messa in atto, a causa delle prese di posizione unilaterali e dunque non condivisibili di qualche elemento.
Infine la contrattazione, quale atto risolutivo del conflitto, permette di dimostrarsi più flessibili su aspetti che la controparte invece ritiene fondamentali per raggiungere il pieno accordo tra le parti, consentendo al gruppo di rinsaldarsi su posizioni comuni.
Passando ora al secondo punto che si è scelto di trattare (saper prendere decisioni), il poter operar delle scelte oculate di fronte ad una controversia o ad un problema, richiama nuovamente l’asserzione formulata nella mia tesi, secondo la quale il confronto in campo, intendendo quest’ultima espressione nel suo significato più vasto, conduce più agevolmente a trovare una modalità di problem solving.
Interessante è la sezione che si intitola “Perché si prendono cattive decisioni”, in quanto ci fa riflettere sulle motivazioni per le quali l’intelligenza sportiva non trova le migliori condizioni per potersi esprimere e dare quindi i suoi frutti. Intanto si premette che se un gruppo assume una decisione piuttosto di un’altra non significa necessariamente che sia stata operata la scelta migliore. Zelli elenca i fattori che a Suo giudizio determinano scelte errate: “la mancanza di conoscenze, l’inesperienza, la scarsa capacità di previsione, la mancanza di tempo per riflettere e pianificare”. A tale riguardo egli insiste su un concetto rilevante: il “pensiero di gruppo” che consiste nella forte tendenza ad assumere l’idea che il gruppo non possa sbagliare. In questo caso si perderebbe la capacità di operare scelte autonome.
Pare a questo punto corretto, anche se lo studio va in una direzione diametralmente opposta alla nostra, riportare i risultati di una ricerca (Janis, 1982; Kameda e Sugimori 1993; Leana, 1985; McCauley, 1989) che pone in evidenza l’esistenza di tre fattori che determinerebbero, in taluni casi, un tale conformismo di gruppo da impedire al singolo di esprimere un’idea che metterebbe in discussione le decisioni da assumere oppure già prese. Tali elementi sono i seguenti: un alto livello di coesione di gruppo, l’emergere di norme di gruppo che non incoraggiano l’intervento di un singolo componente, il quale mette in discussione quanto è stato già deciso; lo stress che in determinati momenti può far giungere a decisioni affrettate sulla base di dati non vagliati con accuratezza.
La nostra tesi però considera in particolare lo sviluppo dell’intelligenza in contesti guidati, ove un elemento super partes stimola i componenti a riflettere con precisione su idee o fatti, sviluppando quelle abilità logiche che si attivano dal confronto costruttivo, sollecitate da un coach intelligente e preparato che direziona senza imporre né in modo esplicito né sotteso.
Consideriamo infine il tema della responsabilizzazione. In questa parte del testo ci si chiede legittimamente come sia possibile che in una manifestazione sportiva possano emergere atti di violenza estrema tra i gruppi in competizione tra loro.
Al di là delle condizioni generali che possono dare origine a simili comportamenti , viene rilevato un altro processo il quale si può verificare in situazioni di confronto tra gruppi; viene identificato nel “crollo dei controlli interni che normalmente si oppongono ai comportamenti inaccettabili”. In riferimento a tale elemento, si rileva una perdita dell’identità individuale che genera “spersonalizzazione” fino ad arrivare a commettere veri e propri atti devianti.
Una riflessione su questo punto ci porta a sottolineare che probabilmente si perde la propria individualità quando non è ben sedimentata e non si è esercitato nel tempo il proprio senso critico, magari con il sostegno, nel caso dello Sport, di uno psicologo o di un allenatore capace di far riflettere i propri atleti su atti, azioni non condivisibile sotto il profilo etico.
Se lo Sport per antonomasia è un’istituzione che sviluppa le competenze di cittadinanza, conseguentemente la costante analisi e riflessione in questa direzione è d’obbligo e, se gli esperti hanno lavorato bene, l’intelligenza maturata in gruppo consentirà di prendere le giuste decisioni, di non lasciarsi trascinare dall’ira: una facoltà che non svilupperà solo l’aspetto cinestesico, ma quello personale, legato all’insieme di credenze e valori che il gruppo allora non può smentire.
Maturerà quindi un locus of control (Rotter,1966) interno, che potrà consentire una valutazione oggettiva dei dati di fatto, riflettendo adeguatamente prima di assumere decisioni impulsive e comportamenti inadeguati se non, addirittura violenti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La costruzione sociale dell'intelligenza nelle attività sportive

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Informazioni tesi

  Autore: Uberto Bellavitis
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università Telematica Internazionale Uninettuno
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Bianca La Gioia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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