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La Germania di Hitler: analisi del revisionismo tedesco negli anni trenta (1933-1938)

Il "mito" di Hitler e la tragedia dell'Olocausto

Fra i grandi della storia politica universale, Hitler rappresenta un caso davvero unico. Fino ai trent'anni la sua fu un'esistenza assolutamente oscura, ma a partire da allora e per tutti i venti sei anni successivi il suo destino cambiò, ed egli finì col lasciare un marchio indelebile nella storia dell'umanità, come dittatore della Germania e istigatore di una guerra di sterminio che segnò la più drammatica eclisse dei valori della civiltà mai verificatasi nei tempi moderni, e che si concluse con la distruzione del suo Paese e di gran parte dell'Europa.

Come fu possibile che in così breve tempo, un personaggio come Hitler arrivò a prendere in mano le sorti di una delle nazioni più economicamente sviluppate e culturalmente avanzate del mondo? Come riuscì a diventare per qualche anno l'uomo più potente d'Europa, concentrando su di sé un consenso sempre maggiore? Certo non lo aiutavano le origini sociali, l'educazione o l'istruzione: il futuro dittatore non apparteneva a una di quelle famiglie da cui in Germania uscivano i membri della classe dirigente. Inoltre ciò che ebbe da offrire per lungo tempo non fu altro che una serie di fobie ideologiche profondamente radicate e un talento demagogico fuori dall'ordinario; nonostante questo egli riuscì a diventare Führer del Terzo Reich.

Dobbiamo dunque cercare altrove le ragioni di questo singolare e tragico evento, analizzando una pluralità di ambiti e aspetti. Per prima cosa un'importanza rilevante fu ricoperta dal contesto storico: Hitler e il suo partito, infatti, incominciarono a muovere i loro primi passi in un periodo molto delicato per la società tedesca, che vedeva una spaccatura sempre più forte tra una borghesia attestata su posizioni conservatrici e un proletariato affamato e avvilito da condizioni di lavoro durissime. Le rivoluzioni socialiste della Baviera e di altre parti d'Europa, convinsero sempre più, la classe capitalista che per mantenere i loro privilegi occorresse affossare definitivamente la democrazia, offrendo quindi ad Hitler e al suo partito un'occasione imperdibile.

Come seconda motivazione alla base del grande successo nazista, c'è sicuramente l'aspetto economico, sia per quanto concerneva le concessioni fatte dai gruppi dirigenti non nazisti, sia per quanto riguardava le agevolazioni finanziarie che il nazismo fece alla popolazione tedesca. Esso, per tale motivo, venne addirittura definito una "dittatura piaciona", che si assicurò un consenso vastissimo fino alla fine dei suoi giorni, attraverso "la sistematica e continua corruzione sociale e politica del popolo tedesco,,2 Anche le guerre di espansione hitleriane, venivano considerate lo strumento di un piano di riduzione alla schiavitù di vaste regioni dell'Europa, mirato a fare razzia delle risorse necessarie per finanziare il socialismo nazionale, che teneva avvinghiati i tedeschi al regime.

Lo storico Aly, (padre di questa teoria) arriva persino ad affermare che il collante principale che garantì un sostegno quasi incondizionato da parte del popolo tedesco nei riguardi del nazismo, fu non solo e non tanto l'ideologia e il carisma seduttore del Führer, quanto il denaro, l'ondata di misure tese a conseguire l'obiettivo di una società senza classi, un'autentica comunità popolare, coccolata con pingui assegni familiari, mutui a tasso zero e generose esenzioni fiscali. Per lo studioso, un meccanismo infernale, impossibile da fermare, pena la sopravvivenza del regime, legava quindi il welfare nazista, la guerra e il loro finanziamento.

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La Germania di Hitler: analisi del revisionismo tedesco negli anni trenta (1933-1938)

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Informazioni tesi

  Autore: Nicola Olivieri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Maria Eleonora Guasconi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 83

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