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Le politiche comunitarie per i giovani: lo sviluppo della cooperazione europea in materia di istruzione e formazione (1951 - 2009)

Il mondo giovanile: i motivi dell'intervento della CEE

Quando nella seconda metà degli anni ‘40 ebbe origine il processo di costruzione europea, gran parte delle nazioni del vecchio continente erano costrette a fronteggiare gravi problemi economici e sociali: da una forte disoccupazione a carenza di abitazioni, da questioni attinenti alla salute a quelle relative ai sistemi educativi sempre più bisognosi di radicali riforme. La maggior parte dei leaders europei si stava impegnando nel tentativo di trovare una risposta coerente ed efficace in ambito nazionale a questi stessi problemi che, a causa delle pressanti richieste provenienti dalle popolazioni, rappresentavano un’esigenza primaria.
Per quanto la costruzione di uno stato sociale trovasse prevalente espressione in politiche nazionali, abbiamo già osservato come tale esigenza si manifestò anche nel contesto dei primi passi dell’integrazione europea. Tuttavia, come ricordato nei primi paragrafi, anche se i movimenti europei attivi a partire dalla seconda metà degli anni ‘40, e in primis quello federalista, in alcuni punti dei loro programmi indicavano la rilevanza dei problemi sociali in quanto tali e la ricerca di una loro soluzione in ambito sovranazionale, un limite costante e onnipresente nelle concezioni statali dei futuri stati membri era il considerare la questione sociale come parte di un più ampio processo di sola ricostruzione economica da compiere con l’attenzione rivolta alla tutela degli interessi nazionali. Allo stesso modo la formazione professionale, l’istruzione e tutti quei settori legati al mondo giovanile non rappresentarono un’eccezione a tale logica essendo essi stessi percepiti come questioni di esclusiva rilevanza nazionale nonché come aspetti di una più ampia riforma dell’organizzazione dei mercati del lavoro, in vista di una loro apertura europea.
Nel quadro del tipo di risposta da dare alle esigenze di carattere economico e sociale, l’intervento in favore del mondo giovanile si sarebbe avuto solo conseguentemente alla costituzione della CEE: sarebbe infatti rientrato nelle prerogative di politica sociale che la Comunità avrebbe assunto in virtù delle disposizioni non solo del Trattato istitutivo ma anche in virtù di successive direttive e raccomandazioni emanate nei confronti degli stati membri della Comunità che analizzeremo nel terzo capitolo.
Occuparsi della “gioventù” avrebbe significato intervenire principalmente su due aspetti: sulla formazione professionale e sull’istruzione.
Se l’attuazione di una politica di preparazione al mondo del lavoro rispondeva essenzialmente all’esigenza di rafforzare il tessuto economico e sociale comunitario, l’ingresso dell’istruzione nella sfera comunitaria, pur essendo il prodotto di dinamiche e ragioni economiche, rifletteva, in primis, la prospettiva di una futura università europea ambendo alla costruzione di una dimensione educativa continentale come premessa di uno sviluppo culturale e di un approdo politico autenticamente europei. Infatti, anche se “le azioni comunitarie nel campo dell’educazione e della formazione erano state condizionate proprio dalle priorità socio – economiche”, lasciando che la “formazione del cittadino (…)” giocasse “un ruolo secondario, con ciò minando le fondamenta del processo stesso di integrazione politica”, la motivazione politico – ideale si era da sempre affiancata a quella socio – economica a partire dalla costituzione della Comunità, richiamando anche l’importanza di una dimensione culturale comune. Non bisogna dimenticare a tal proposito che, proprio nella fase di negoziazione dei Trattati, lo stesso Walter Hallstein, primo Presidente della Commissione CEE, e poi Gaetano Martino, allora Ministro degli Affari esteri italiano, affermarono come “il fine primario dell’istituzione di un’università europea (…)” fosse “la creazione di una coscienza europea, indispensabile” perché si potesse pervenire “a quello che è l’obiettivo finale (…), cioè l’integrazione politica (…), la Federazione degli Stati uniti d’Europa”.
Questa duplice matrice, socio – economica e politico – ideale, giustificava così l’ingresso del settore educativo in ambito comunitario e poi l’intervento in esso da parte della sfera sovranazionale.
Il settore educativo veniva interpretato come uno strumento strettamente legato alla formazione professionale poiché la continuazione dell’allora sistema economico europeo ed il suo sviluppo futuro dipendevano essenzialmente dall’organizzazione dell’educazione generale e della formazione dei giovani.
L’esigenza di dover preparare la gioventù all’attività lavorativa era divenuto un problema difficile da risolvere in quanto nel corso dei decenni si erano costantemente accresciute le esigenze di una maggiore capacità di rendimento da parte dei lavoratori. I giovani che accedevano ai vari settori economici dovevano acquisire quelle capacità che erano necessarie ad assicurare l’avvenire economico dell’Europa. I progetti che miravano all’armonizzazione delle economie europee potevano essere realizzati e condurre alla creazione di un’area economica europea unificata soltanto se la politica economica comunitaria, intesa a tale unificazione, fosse stata sostenuta da una politica educativa europea altrettanto sistematica.

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Le politiche comunitarie per i giovani: lo sviluppo della cooperazione europea in materia di istruzione e formazione (1951 - 2009)

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Sergi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Studi europei
  Relatore: Ariane Landuyt
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 273

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