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Il romanticismo visionario di E.T.A. Hoffmann. ''Der Sandmann'' (1816) e il motivo del 'perturbante'

Il motivo del Doppelgänger

Un programmatico sdoppiamento dello sguardo sul reale

Secondo il celebre dizionario della lingua tedesca curato dai fratelli Grimm il termine Doppelgänger indica la natura doppia di una creatura, apparentemente dotata della facoltà di essere contemporaneamente in due luoghi differenti: “jemand von dem man wähnt er könne sich zu gleicher zeit an zwei verschiedenen orten zeigen”.
Il termine figura per la prima volta nel romanzo di Jean Paul Siebenkäs, pubblicato in tre volumi tra il 1796 e il 1797, (in una nota) come “Leute, die sich selber sehen” e sta in quel contesto ad indicare una dimensione di sdoppiamento. Per Jean Paul, dunque, la visione del Doppelgänger è legata alla visione di sé stessi da un punto di vista esterno e, per estensione, stando a quanto afferma anche Andrew J. Webber questo motivo letterario si può assimilare a quello che nel corso del Novecento sarà definito il fenomeno psicologico dell’autoscopia: cosi come il soggetto autoscopico osserva sé stesso come se guardasse una persona a sé estranea, anche il personaggio letterario esamina il proprio Doppelgänger da un punto di vista esterno. Nel contesto della letteratura romantica, il Doppelgänger va inteso più che nell’accezione del sosia, nel senso di un programmatico sdoppiamento dello sguardo sul reale: è espressione delle proiezioni dell’Io e riflesso delle sue dissociazioni, figura di un mondo immaginario fatto di visioni fantastiche, proiezioni ed ombre che hanno natura ambivalente e talora potenzialità distruttive. E’, quindi, in tal senso, espressione della zona di confine fra normalità e follia e, secondo Robert Pearce Gillies, primo traduttore anglofono, nel 1824, di Die Elixiere des Teufels, nonché uno dei più celebri esperti di letteratura tedesca dell’epoca, il Doppelgänger è il frutto di una fantasia di sdoppiamento affine alla schizofrenia: un essere perseguitato dalle visite di un altro sé. Per Wulf Segebrecht il doppio è “ein sichtbar und real gewordener Ausdruck der Gespaltenheit des Ich”: precorrendo intuizioni e riflessioni che saranno proprie della modernità letteraria del primo Novecento, Hoffmann esprime la percezione di un “Io”, che ha perduto la sua integrità e si manifesta, perciò, irrimediabilmente diviso e lacerato da sentimenti contrastanti. Dal punto di vista di Nathanael, ad esempio, non solo Coppelius è l’incarnazione del Sandmann, ma a distanza di anni si ripresenta nelle vesti di Coppola e un elemento, che sembra sostenere tale tesi, è la somiglianza esteriore dei due personaggi e, in particolare, la presenza di folte sopracciglia grigie, lunghe ciglia del medesimo colore, la corporatura e i tratti somatici. Nella sua prima lettera a Lothar, Nathanael racconta di riconoscere in Coppola il tanto odiato Coppelius:

Wenn ich Dir nun sage, mein herzlieber Freund, daß jener Wetterglashändler eben der verruchte Coppelius war, […] Er war anders gekleidet, aber Coppelius’ Figur und Gesichtszüge sind zu tief in mein Innerstes eingeprägt” (DS, 15)

Anche quando il narratore racconta del secondo incontro tra Nathanael e Coppola, definisce quest’ultimo “verfluchter Dopeltgänger und Revenant” (DS, 35)
Precisamente, il prestito francese Revenant utilizzato da Hoffmann indica la reincarnazione dell’anima di un morto, nel senso di un ritorno alla vita di una persona scomparsa: in questo caso, la presenza di tale sostantivo enfatizza il senso di una ricomparsa inaspettata e fuori da ogni logica, ma che, invece, accade e, difatti, dopo la morte del padre di Nathanael non si era avuta più notizia alcuna di Coppelius.
Coppelius […] war aber spurlos vom Orte verschwunden.” (DS, 15)
Ma, dopo essere apparso nelle vesti di Coppola, il tanto odiato amico di famiglia si presenta, già consapevole della tragedia che sta per consumarsi, nella piazza in cui Nathanael è in procinto di suicidarsi e nell’ultima pagina della novella il narratore riferisce che, poco prima che la tragedia si consumi, tra le varie persone accorse emerge la figura di Coppelius:

Die Menschen liefen auf das wilde Geschrei zusammen; unter ihnen ragte riesengroß der Advokat Coppelius hervor, der eben in die Stadt gekommen und gerades Weges nach dem Markt geschritten war. Man wollte herauf, um sich des Rasenden zu bemächtigen, da lachte Coppelius, sprechend: „Ha ha — wartet nur, der kommt schon herunter von selbst.“ (DS, 52)

Nelle due scene sopra menzionate, il Doppelgänger crea spaesamento non da ultimo in quanto fa la sua apparizione in un contesto diverso da quello a cui apparteneva in vita, provocando un effetto di destabilizzazione e incertezza: in particolare, appare assurdo che Nathanael incontri Coppelius che sta servendosi di un’altra identità in un’altra città, così come è altrettanto paradossale che questi sia parte della folla accorsa ad assistere alla tragedia del suicidio del protagonista. Nella rivisitazione di Hoffmann, il Doppelgänger si caratterizza per essere, dunque, “fuori luogo”: disturba lo svolgimento degli eventi e quindi l’intreccio narrativo, diffondendo intorno a sé un’atmosfera che oscilla fra il disagio, lo sgomento, l’inquietudine, l’angoscia – dimensioni emotive che fanno parte della sfera semantica, che, nella lingua tedesca, è concentrata in altri termini nell’aggettivo unheimlich.
Infatti, nella prima lettera di Nathanael a Lothar, il protagonista, infatti, giustifica il suo silenzio con lo sconfinato stato d’angoscia e agitazione che gli ha provocato l’incontro con Coppola esclamando:

Ach, wie vermochte ich denn Euch zu schreiben in der zerrissenen Stimmung des Geistes, die mir bisher alle Gedanken verstörte! — Etwas Entsetzliches ist in mein Leben getreten!” (DS, 4)
Allo stesso modo, l’incontro con Coppelius durante l’infanzia provoca in Nathanael una reazione di panico e turbamento fisico che lo induce persino a perdere i sensi.

So zischte und lispelte Coppelius; aber alles um mich her wurde schwarz und finster, ein jäher Krampf durchzuckte Nerv und Gebein — ich fühlte nichts mehr. Ein sanfter warmer Hauch glitt über mein Gesicht, ich erwachte wie aus dem Todesschlaf, die Mutter hatte sich über mich hingebeugt. „Ist der Sandmann noch da?“ stammelte ich. „Nein, mein liebes Kind, der ist lange, lange fort, der tut dir keinen Schaden!“ — So sprach die Mutter und küßte und herzte den wiedergewonnenen Liebling.” (DS, 12-13)

mir vergingen die Sinne.” (DS, 14)
Il Doppelgänger è il rappresentante della coesistenza e dell’interrelazione tra mondo reale e mondo fantastico, poiché le molteplici manifestazioni della medesima identità che propone sono da intendersi, non dal punto di vista noumenico, ovvero nel senso di un individuo che risulta essere il fedele ‘duplicato’ di un altro, quale potrebbe essere un sosia o, addirittura, un clone, ma sempre in relazione ad uno sdoppiamento dello sguardo nell’esaminazione del reale: non si tratta dell’apparizione di un alter ego frutto di un processo materiale evolutivo, ma della stessa entità che sembra, a chi la osserva, manifestarsi in più forme e più luoghi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il romanticismo visionario di E.T.A. Hoffmann. ''Der Sandmann'' (1816) e il motivo del 'perturbante'

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Informazioni tesi

  Autore: Antonella Michela Petrazzuolo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Valentina di Rosa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 39

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Parole chiave

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