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Da Kyoto a Copenhagen: il ruolo dell'Unione Europea

Il percorso delle politiche ambientali internazionali verso Kyōto

Nel capitolo precedente si è definito il climate change come un’esternalità ambientale di natura globale, e si è anticipato come l’unica speranza di soluzione di un problema tanto complesso consista nella stipulazione di accordi internazionali, multisettoriali, con l’obiettivo di transizione da un’economia mondiale “ad alta intensità di CO2“ ad una più efficiente, sostenibile, a bassa intensità di carbonio ma sempre orientata verso sentieri di crescita.
A questo punto si può procedere a verificare che cosa sia stato fatto finora nel mondo, allo scopo di risolvere il problema dei cambiamenti climatici di origine antropica: la storia dell’interesse internazionale per la cooperazione multilaterale globale nel settore ambientale può essere fatta risalire al 1972, anno in cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite tenne la prima Conferenza sull’Ambiente Umano. La United Nations Conference on the Human Environment -UNCHE-, che ebbe luogo a Stoccolma, era ancora lontana dall’occuparsi di surriscaldamento globale e di cambiamento climatico; essa poneva appena le fondamenta per la cooperazione internazionale con lo scopo, molto generico, di “ridurre l’impatto umano sull’ambiente”, inoltre altri temi suscitavano il maggiore sgomento, come la degradazione degli habitat, la dispersione di sostanze tossiche e le piogge acide. Tuttavia, uno dei più grandi traguardi della UNCHE consistette nella riuscita creazione dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che oggi rappresenta “il braccio ambientale dell’ONU” ed ha un ruolo di primo piano nell’elaborazione delle strategie per combattere il climate change.
Vent’anni dopo questa prima conferenza globale dedicata all’ambiente, la questione ambientale veniva connessa al problema dello sviluppo nell’ambito di un altro grande summit mondiale, quello del giugno 1992 a Rio de Janeiro. La United Nations Conference on Environment and Development – UNCED – vide la partecipazione di ben 172 Governi e circa 2.400 rappresentanti di Organizzazioni Non Governative, i quali presero parte a molteplici sessioni di discussione che verterono, tra l’altro, sulle tematiche interconnesse dei diritti umani, della crescita della popolazione mondiale, dello sviluppo sociale, della parità di diritti alle donne e degli insediamenti umani. In generale, lo scopo della Conferenza di Rio era proporre alcune soluzioni ai problemi globali della povertà, della guerra e del crescente gap tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, ma il nucleo più importante delle discussioni si focalizzò sulla necessità di ridurre la pressione esercitata sull’ambiente, mediante l’introduzione del paradigma dello “sviluppo sostenibile”. Questo concetto può essere definito come “un sentiero di sfruttamento delle risorse naturali che permette di venire incontro ai bisogni umani preservando l’ambiente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di rispondere alle loro future necessità”, ed era stato elaborato già nel 1987 dalla Bruntland Commission nel suo rapporto “Our Common Future”. L’idea di coniugare ambiente e sviluppo e il tentativo di far convergere tutti gli Stati e i “portatori di interesse” verso il concetto di sostenibilità furono probabilmente i maggiori traguardi raggiunti dalla UNCED: d’altra parte, il mondo del 1992 era molto diverso dalla realtà in cui aveva avuto luogo la Conferenza di Stoccolma, e nell’arco di due decenni la Guerra Fredda era finita, l’interesse pubblico per l’ambiente era molto cresciuto e i problemi legati ai cambiamenti climatici comparivano ormai nitidamente sulla mappa della politica globale, mentre l’energia era diventata di prioritario interesse, a seguito degli shock nel prezzo del petrolio degli anni 1973- ’74 e 1980-’81. La UNCED, che viene ricordata anche come Earth Summit – il Summit della Terra – ha prodotto numerosi documenti, all’incirca tanti quante erano state le tavole di negoziazione: l’Agenda 21; la Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e sullo Sviluppo (the Rio Declaration on Environment and Development); la Dichiarazione dei Principi delle Foreste (the Statement of Forest Principles); la Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (the United Nations Convention on Biological Diversity), e la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (the United Nations Framework Convention on Climate Change).
Fra questi, la Dichiarazione di Rio ha segnato una pietra miliare per le politiche destinate ad essere adottate nel futuro del settore ambientale, introducendo “il principio di precauzione” ed il principio delle “responsabilità comuni ma differenziate”, entrambi fonti di grandi discordia proprio sul campo dei cambiamenti climatici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Da Kyoto a Copenhagen: il ruolo dell'Unione Europea

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Ferretti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Alberto Quadrio Curzio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 366

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