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Comunicare l'immagine nel museo contemporaneo. Tra percezione ed estetica della ricezione

Il pubblico del museo contemporaneo

Nel primo capitolo abbiamo visto come la comunicazione si fondi su alcuni elementi indispensabili che, a loro volta, danno origine ad altrettante funzioni. È quindi chiaro come anche il museo, avendo come obbiettivo quello di comunicare, debba tener conto di questi elementi in modo da rendere efficace il messaggio che vuole mandare. Due degli elementi essenziali per un atto comunicativo sono l’emittente, che nel nostro caso corrisponde alla struttura museale, e il destinatario, che viene inteso qui come il pubblico. Abbiamo visto nel paragrafo precedente come la struttura del museo nel corso tempo sia cambiata, senza però approfondire come il pubblico in sé si sia trasformato.
A questo proposito potremmo distinguere l’evoluzione del pubblico del museo in tre grandi fasi. Nella prima fase, in relazione al fatto che il museo era accessibile solamente ad un gruppo ristretto di persone, potremmo parlare di visitatore come quel soggetto culturalmente più preparato, ovvero l’artista, il critico e il mercante. I visitatori in questo caso possedevano tutti gli strumenti necessari per comprendere e quindi alla struttura non erano richiesti gradi sforzi. Successivamente, dopo che il museo è divenuto luogo pubblico, il visitatore si è trasformato in individuo da educare, sia nel comportamento che nel modo di apprendere. In questo caso però il fruitore, anche se inizia ad essere considerato come individuo indispensabile, continua ad essere visto come soggetto passivo, al quale bisognava solamente tramandare un sapere. Solo negli ultimi decenni, invece, ci si è resi conto dell’importanza cruciale che lo spettatore ha nei riguardi del museo. Questa rivalutazione del pubblico fu sancita, negli anni Ottanta, a livello internazionale dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu e dalle politiche culturali dell’Unesco. Quest’ultima, nella dichiarazione del Messico, afferma che l’accesso alla cultura non deve più essere limitato dalla provenienza culturale, dall’età, dal sesso e dal gruppo sociale di appartenenza. Potremmo quindi affermare che dagli anni Ottanta in poi il pubblico, o meglio i pubblici, iniziano ad essere considerati come risorse indispensabili per il museo. A questo proposito Josep Maria Mantaner afferma: “il museo come istituzione in continuo rinnovamento è innanzitutto un luogo di fermento, comunicazione e diffusione; deve avere come obbiettivo l’arricchimento dei punti di vista del visitatore e un impegno dedicato al pubblico e alle sue esigenze”. Le esigenze del pubblico, come abbiamo già visto nelle pagine precedenti, sono molteplici: dettate, da un lato, da processi neurali ai quali la nostra percezione è strettamente legata e, dell’altro, da fattori prettamente personali e culturali che differenziano ogni soggetto nella sua unicità.

Il museo, quindi, per riscuotere un maggior consenso da parte del pubblico, si trova nella situazione di dover instaurare un rapporto con il visitatore, oltre a fornire strumenti idonei per l’acquisizione di nuove conoscenze. Il museo non deve più intendere il pubblico come un insieme di soggetti uguali, che siano culturalmente preparati o semplicemente soggetti cui tramandare saperi, ma come un insieme di individui differenti, ciascuno con le proprie aspettative ed i propri obbiettivi. Le diverse ricerche in ambito neurologico ci hanno dimostrato che ogni individuo possiede dei meccanismi specchio, i quali, se attivati da stimoli, possiedono la capacità di far apprendere conoscenze nuove. Per quanto riguarda gli stimoli sicuramente il fruitore, entrando in un museo contemporaneo, è continuamente sottoposto a sollecitazioni sensoriali differimenti, grazie a percorsi innovati, supporti informativi, allestimenti, che appunto lo rendono cognitivamente attivo. A questo proposito Paola Violi parla, riprendendo la nozione elaborata da Umberto Eco, di “visitatore modello”. Quasi ogni museo, infatti, per fare in modo che il visitatore riesca ad apprezzare a pieno la visita, inscrive al proprio interno un percorso da seguire per attraversarlo. Lo spettatore, ovviamente, può anche muoversi liberalmente all’intero del museo ma queste “istruzioni per l’uso” sono degli aiuti che la struttura museale offre allo spettatore con lo scopo consentire una più chiara esperienza estetica. Lo spettatore inoltre, percorrendo le sale e gli spazi del museo, si trova a contatto anche gli altri visitatori, interagendo con essi: molto spesso quando lo spazio espositivo diviene troppo affollato “i corpi si debbono spostare, trovare un altro ritmo, accordarsi gli uni con gli altri in forme inedite”, afferma la semiologa. Il pubblico è quindi sì una totalità unitaria che però si compone da una molteplicità di singoli, ognuno dotato di competenze e storie differenti: il museo deve creare spazi universali ma allo stesso tempo specifici.

Come abbiamo detto ogni visitatore entra all’interno del museo con aspettative, obbiettivi e conoscenze diverse. A questo proposito Joëlle Le Marec fece una distinzione riguardo il pubblico del museo, dividendolo in pubblico-audience e pubblico-comunità. Il primo gruppo è visto sotto strategie di marketing e quindi interessa tutti quei soggetti che rientrano nel mercato artistico. Molto spesso le opere vengono identificate esclusivamente come merci ma, anche se questo da una parte è effettivamente vero, è necessario tenere a mente che le mostre nascono principalmente per il pubblico. Questo pubblico, che non rientra nella sfera economica, è il pubblico-comunità, soggetto dell’azione educativa del museo. “Nel caso dei musei pubblici, il compito educativo dovrebbe essere l’aspetto centrale che legittima la sua esistenza”, afferma l’autrice, sottolineando che questa funzione ancora oggi viene messa molto spesso in secondo piano.
Un secondo fattore di cui deve prendere atto il museo oggi è anche la grande sfera del turismo. Per far sì che l’istituzione venga considerata non solo da un pubblico locale il museo dispone oggi di nuove tecnologie che lo aiutano a pubblicizzarsi a livello globale: forum online, blog, pagine internet. La globalizzazione ha prodotto un’accelerazione del flusso di informazioni che, anche se non cancella le culture nazionali e le memorie locali, forza un ripensamento e una trasformazione che, a sua volta, porta l’istituzione ad utilizzare strumenti di comunicazione sempre nuovi e innovativi. “Le memorie sono destabilizzate dai movimenti dinamici della globalizzazione, emergono nuove memorie e pratiche del ricordo”, afferma Paola Violi a riguardo.
Abbiamo visto, quindi, come l’evoluzione della società, del museo e del pubblico siano aspetti strettamente connessi tra loro: il museo cambia perché la società si trasforma e, di conseguenza, la trasformazione del museo porta ad un’evoluzione del pubblico. Arrivati a questo punto è necessario chiedersi quali siano gli strumenti di cui oggi dispone il museo contemporaneo per realizzare questi obiettivi, valutandone l’efficacia e l’utilizzo.

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Comunicare l'immagine nel museo contemporaneo. Tra percezione ed estetica della ricezione

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Informazioni tesi

  Autore: Siria Grasselli
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2018-19
  Università: Accademia di Belle Arti
  Facoltà: Dipartimento Arti Visive
  Corso: Pittura
  Relatore: Micla  Petrelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 67

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Parole chiave

comunicazione
percezione
empatia
museo contemporaneo
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rudolf arnheim
semir zeki
psicologia gestalt
estetica della ricezione
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