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La perdita del pudore nell'arte contemporanea

Il pudore nel nuovo millennio

La società contemporanea è caratterizzata da un pressoché inesistente senso del pudore classico. Grandi tabù per eccellenza, come la sessualità e la nudità, non creano più l’imbarazzo di un tempo. Siamo abituati ad imbatterci in pubblicità o programmi televisivi ad alto tasso erotico, siamo assuefatti dalle campagne di marketing che puntano per la maggior parte sul binomio bollente seduzione e pulsione sessuale. L’oggetto si carica di erotismo tanto quanto il corpo umano, entrambi sono sensuali, entrambi diventano desiderabili.
Così il concetto di desiderio e di impulso erotico, ritenuto dalla morale cristiana il fondamento del peccato, diventa per la nostra società il meccanismo elementare per incrementare il mercato e le vendite. L’inorganico e il virtuale portano con loro l’effimero e l’impalpabile e paradossalmente superano per quantità di sex-appeal il corpo in carne ed ossa perché agiscono sulle pulsioni prodonde e sui desideri più inconsci.
L’erotismo in questione non offende il pudore e non gli conferisce nemmeno quella concretezza necessaria per sussistere ancora oggi. La sessualità odierna sembra basarsi solo sulla logica commerciale, è scontata e all’ordine del giorno. Ha livellato allo stesso grado di freddezza e virtualità l’impulso erotico per l’oggetto e per l’essere umano.
Il pudore rientra in gioco quando alla sessualità e al desiderio si lega la perversione, quando si toccano moralità inviolabili come la pedofilia, l’incesto o la violenza. Un altro caso per il quale la nostra società fa appello in molte situazioni al pudore è quando verità scomode ed imbarazzanti, che interessano personaggi più o meno illustri, vengono a galla e rischiano di ledere la loro reputazione; o quando autorità ecclesiastiche o politico-cattoliche, le quali nella nostra penisola hanno potere ed influenza, decidono di oscurare e proibire poiché qualcosa è giudicato immorale. Il pudore è strumentalizzato e la nostra società vive incoerentemente in una continua
apparente libertà che si trasforma poi in una sempre più potente dittatura della sensualità e dell’erotismo dell’inorganico. Il mondo dell’arte, che dovrebbe essere a mio avviso libero e al di sopra di ogni giudizio morale, ha vissuto e vive tutt’ora casi di discutibile censura, che attaccano opere accusate di essere immorali o offensive, lasciando spazio ad una prepotente logica di mercato.
Nei prossimi paragrafi parlerò di due giovanissime artiste contemporanee la cui ricerca gravita intorno alla sessualità e alla caduta del pudore, entrambe contraddistinte da un linguaggio apparentemente fiabesco e sognante, ma carico di ambiguità, a tratti cupo
e perverso. Ed è proprio in questa loro ludica oscurità e frastornante ambiguità che convivono la perdita del pudore e la nostalgia di una lontana purezza. Nathalie Djurberg (Lysekil, Svezia, 1978), unisce manualità e tecnologia video per realizzare filmati grotteschi
e impregnati di perversioni tipiche dell’essere umano, linguaggi fiabeschi e sapore vagamente kitsch caratterizzano invece le tele dell’italiana Rossana Buremi (Augusta, 1975), che superano il concetto del pudore per arrivare a quello irreparabile ed irrealità e dell’erotismo dell’inorganico.
Il mondo dell’arte, che dovrebbe essere a mio avviso libero e al di sopra di ogni giudizio morale, ha vissuto e vive tutt’ora casi di discutibile censura, che attaccano opere accusate di essere immorali o offensive, lasciando spazio ad una prepotente logica di mercato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La perdita del pudore nell'arte contemporanea

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Luisa Brumana
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Accademia Giacomo Carrara Bergamo
  Facoltà: Teoria e Pratica dei Linguaggi Artistici Contemporanei
  Corso: Accademia di Belle Arti
  Relatore: Marinella Paderni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 231

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