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Rapporti tra diritto comunitario e diritto interno nella più recente giurisprudenza costituzionale

Il ruolo del giudice ordinario nel processo di costruzione dell’ordinamento comunitario

In una trattazione del rapporto tra la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia non può passare in secondo piano la posizione del giudice ordinario. Uno dei punti più importanti su cui si incentra il rapporto tra le due Corti riguarda proprio l’importanza da attribuire all’opera della giurisprudenza ordinaria. In altre parole, un aspetto importante da affrontare riguarda l’incidenza del ruolo del giudice nell’evoluzione del sistema delle fonti del diritto a proposito proprio della realizzazione dell’ordinamento comunitario: non a caso si parla della creazione di un nuovo diritto comune europeo, fondato finora, e nel prossimo futuro, in maniera determinante dal confronto tra le decisioni giurisprudenziali che, a diverso livello, assumeranno gli organi giurisdizionali nazionali e sopranazionali. Un esplicito riconoscimento del valore della giurisprudenza per la realizzazione dell’ordinamento comunitario è contenuto nel preambolo della Carta di Nizza dove si afferma che la Carta riafferma «i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo».
Volendo richiamare i punti di arrivo di quello che è detto il “cammino comunitario”, per quanto concerne nello specifico i riflessi sul sistema delle fonti e quindi sul ruolo del giudice, si può sottolineare, da un lato, l’affermazione del primato del diritto comunitario su quello nazionale, essendo all’evidenza uscita ormai definitivamente sconfitta la teoria dualista, ancora a parole riaffermata dalla nostra Corte costituzionale, a vantaggio della teoria monista da sempre sostenuta dalla Corte europea; e, dall’altro, il conseguente potere-dovere del giudice di sottoporre, in caso di dubbio ed in via pregiudiziale, alla Corte di Lussemburgo la questione relativa all’interpretazione del diritto comunitario, nonché l’obbligo di disapplicazione (o non applicazione) del diritto nazionale, qualora lo stesso sia ritenuto in contrasto con il diritto comunitario.
L’importanza ed il ruolo centrale che viene ad assumere il giudice nazionale deriva dal fatto che la Corte di giustizia, al fine di rendere efficaci i vincoli derivanti per gli Stati membri dal diritto comunitario, ha pensato di affidare il compito di controllare, e in parte di sanzionare, gli Stati ai loro giudici nazionali, attraverso appunto gli strumenti della pregiudiziale comunitaria e del poteredovere di disapplicazione. Il ricorso da parte del giudice alla Corte europea per l’interpretazione pregiudiziale del diritto comunitario è poi venuto ad assumere un’efficacia decisamente maggiore a seguito del riconoscimento, da parte della Corte costituzionale, della efficacia di fonte del diritto anche alle sentenze interpretative della Corte di Lussemburgo, come ribadito di recente dalla giurisprudenza costituzionale che ha restituito gli atti al giudice a quo per un riesame della rilevanza a seguito di ius superveniens, dove lo ius era appunto rappresentato da una sentenza interpretativa della Corte di giustizia. Attraverso la possibilità di disapplicazione della fonte nazionale, in quanto contrastante con il diritto comunitario, il giudice comune viene così ad esercitare una sorta di controllo diffuso di “comunitarietà” nei confronti della legge nazionale, che segue spesso al rinvio pregiudiziale. Quest’ultimo, infatti, viene ad assumere caratteri, per certi versi simili a quelli della pregiudiziale di costituzionalità davanti alla Corte costituzionale, dal momento che, com’è stato notato, si viene, di fatto, ad esercitare un controllo sulla conformità della legge nazionale al diritto comunitario allorché la Corte di giustizia, come spesso accade, non si limita a rispondere al quesito posto dal giudice, ma si spinge oltre dando esplicitamente un giudizio in ordine ad una determinata disciplina. Il giudice nazionale viene pertanto a trovarsi nella condizione di dover seguire l’interpretazione conforme, non solamente con riguardo alla Costituzione, ma pure con riferimento al diritto comunitario (così come, in varie occasioni, sottolineato dalla Corte di giustizia) e, allorché non ritenga possibile fare ciò direttamente, è tenuto ad investire, attraverso la richiesta pregiudiziale, la Corte costituzionale oppure la Corte di giustizia.
Attraverso il raccordo con la Corte di giustizia è pertanto consentito al giudice comune di superare, a determinate condizioni, anche l’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale e soprattutto quella del legislatore nazionale.
[…]
Non è esagerato dire che il ruolo che viene richiesto al giudice nazionale, a seguito della realizzazione dell’ordinamento comunitario, è senza alcun dubbio centrale e complesso: come ha sostenuto il Presidente della Corte di giustizia Rodriguez Iglesias «il giudice ha due cappelli, ma li porta contemporaneamente e non uno dopo l’altro».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Rapporti tra diritto comunitario e diritto interno nella più recente giurisprudenza costituzionale

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe D'agostino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Antonino Ruggeri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 152

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Parole chiave

art. 117 cost.
controlimiti
corte costituzionale
corte di giustizia
diritto comunitario
fonti del diritto
principi fondamentali
rinvio pregiudiziale

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