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Analisi dei movimenti di opposizione politica in Somalia (1980-1991)

Il Somali Salvation Democratic Front (SSDF)

Il SSDF, espressione – anche se non esclusivamente – del circuito clanico dei Majerteen, nacque all'inizio degli anni Ottanta, sfruttando l'ondata di malcontento suscitata dalla sconfitta in Ogaden del regime di Barre. Il fallimento dell'invasione della regione ogadena rappresentò una sfida di enormi proporzioni all'autorità del presidente che, dopo la sconfitta del 1978, prese in considerazione la possibilità di dover cambiare il proprio programma politico. Barre, infatti, si rese conto dell'impossibilità di mobilitare una coalizione generale, di appoggio al suo governo, sulle base di un vago appello ideologico socialista o di una campagna militare indirizzata alla costruzione di una nazione unita. Per evitare di essere sconfitto e mantenere il potere cercò quindi di fare affidamento principalmente sulle manipolazioni di mercato, per attrarre dalla sua parte la maggior quantità possibile di capitali, e a serrati controlli degli uomini più potenti alleati con il suo regime. Uno di questi, che assunse in seguito un ruolo di vitale importanza nella lotta contro il presidente, fu il colonnello Abdullahi Yusuf, appartenente allo stesso clan di Barre, i Darood, e fondatore del SSDF.
Durante il conflitto in Ogaden il colonnello Yusuf, comandante della divisione di Sidamo, era stazionato nelle regioni settentrionali della Somalia, dove, nel 1978, giunsero circa mezzo milione di rifugiati ogadeni, come lui appartenenti al clan Darood.
In seguito alla sua diserzione in Kenya, nonostante i forti legami clanici, i forti sospetti di Barre su Yusuf aumentarono, nella convinzione della forte possibilità che questo, dato il grande potere e l'influenza di cui godeva all'interno dell'esercito, avesse potuto organizzare una rappresaglia nei suoi confronti, mobilitando altri ufficiali Majerteen.
Dal canto suo Yusuf iniziò a tener conto della possibilità di poter vendere la sua opposizione al governo somalo al regime di Menghistu, dal quale in cambio avrebbe ottenuto sostegno militare e aiuti finanziari.
Con la disfatta in Ogaden, il presidente si venne a trovare in una situazione di forte vulnerabilità, avendo perso di credibilità sia agli occhi del suo esercito che dell'intera popolazione. Cavalcando l'onda di questo malcontento generale il 9 aprile 1978, a soli dieci mesi di distanza dal ritiro delle truppe somale dall'Ogaden alle regioni settentrionali, alcuni ufficiali, la maggior parte appartenente al clan Majerteen, tentarono di rovesciare il governo con un colpo di stato, appoggiato anche da soldati stanziati vicino alla capitale. Questa azione, che cristallizzò le profonde divisione già presenti nell'esercito, si rivelò però un totale fallimento. Il piano venne stroncato in poche ore e i sospetti responsabili vennero arrestati e condannati a severe pene, che andarono dall'ergastolo alla pena di morte. Gli ufficiali scampati alla cattura decisero di unirsi al colonnello Yusuf, una delle menti di questo progetto, trasferitosi, dopo il fallimento dell'impresa, dal Kenya all'Etiopia.
Una volta giunti in territorio etiope, Abdullahi Yusuf e i suoi sostenitori decisero di unire le loro forze al SODAF (Somali Democratic Action Front), un movimento nato precedentemente, nel 1976, e guidato dall'ex Ministro della Difesa somalo Usmaan Nur Ali, e formarono il SSF (Somali Salvation Front), il cui quartier generale venne situato ad Addis Abeba. Il nuovo movimento ricevette il supporto immediato di Menghistu, desideroso di allentare le costanti pressioni che il suo governo riceveva, dalle regione orientali, dalle azioni offensive del Western Somali Liberation Front, appoggiato e finanziato da Barre.
Abdullahi Yusuf divenne il leader del SSF. Le attività di guerriglia del movimento iniziarono a poco tempo dalla sua stessa fondazione. Le prime incursioni di prova lungo i confini con la Somalia convinsero il governo etiope della grande utilità e affidabilità di questo gruppo. Successivamente Menghistu decise così di affiancare il SSF al suo esercito per attaccare direttamente il WSLF nelle regioni orientali dell'Etiopia. I primi successi del SSF furono da attribuire in gran parte anche agli aiuti finanziari e militari giunti dalla Libia. Ma la risposta del governo somalo giunse repentina; questo infatti attuò misure altamente oppressive e cruente punizioni contro la popolazione Majerteen delle regioni centrali, distruggendo i loro villaggi e prendendo in ostaggio le loro donne, adducendo a motivo di queste azioni l'accusa di sostenere i membri del SSF. Il comando delle operazioni venne affidato ad un Majerteen, il generale Mohamed Said Hersi Morgan, genero del presidente, che, con la volontà di provare la propria fedeltà a Barre, si rese responsabile della morte di migliaia di persone, appartenenti al suo stesso clan, tra il maggio e il giugno del 1979, soprattutto nella regione del Mudug.

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Analisi dei movimenti di opposizione politica in Somalia (1980-1991)

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Briccolani
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e Civiltà Orientali
  Relatore: Irma Taddia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 154

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