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Welfare e sistema sanitario in Italia: tra universalismo e selettività

Il ticket in Italia

Partendo dalle proposte contenute dalla relazione finale della Commissione Onofri, e tenendo sempre presente la difficile situazione dei conti pubblici italiani, risulta chiaro come il ruolo della compartecipazione degli utenti alla spesa sanitaria sia una delle possibili strade da percorrere. Adottare strumenti di copayment moderato, con meccanismi di esenzione multipli per situazione economica e sanitaria, potrebbe permettere di raggiungere l'obiettivo di una responsabilizzazione della domanda. I ticket per la sanità sono stati introdotti con decreto legge nel marzo del 1989, definiti come una compartecipazione dei cittadini al costo delle prestazioni sanitarie. Numerosi sono i provvedimenti legislativi intervenuti negli anni successivi, ma è con la legge 537/1993 che la questione è fatta rientrare per la prima volta in un quadro più organico. Questo provvedimento stabilisce che "i cittadini sono soggetti ad una compartecipazione alla spesa per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e delle altre prestazioni specialistiche, fino all'importo massimo di lire 70.000 [36.15 €] per ricetta". La legge definisce anche i criteri per l'esenzione dalle compartecipazioni. Negli anni successivi il D.Lgs. 124/98 interviene nuovamente in materia, ridefinendo il sistema di compartecipazione e il regime delle esenzioni. Il decreto fissa i "criteri di esenzione per i singoli assistiti, in relazione alla situazione economica del nucleo familiare e alle condizioni di malattia". Questa parte -interessante ed innovativa - relativa all'introduzione dell'ISEE, rimane però inattuata. A partire dal 2001, con la legge 405/2001 i ticket divengono strumenti da utilizzare anche a copertura dei disavanzi sanitari regionali. Fa seguito la legge 296/2006, collegata alla Manovra del 2007 che prevede, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, il pagamento di una quota fissa di 10 € per i cittadini non esenti. Tale norma di fatto non è stata mai applicata, fino a quest'anno. Infatti le manovre del 2008, 2009 e 2010 hanno sempre provveduto al finanziamento del mancato introito derivante dalla non applicazione del "super ticket", che avrebbe assicurato un gettito pari a circa 800 milioni di € all'anno. Il ticket sanitario rappresenta una voce significativa a livello regionale di finanziamento, e riguarda la farmaceutica, le prestazioni di pronto soccorso, le prestazioni specialistiche e di diagnostica ambulatoriale. Tra queste la compartecipazione sui farmaci è la misura più "regionalizzata": le norme in vigore permettono alle Regioni di applicare, con misure ed esenzioni anche molto differenziate, ticket sui farmaci. Quasi tutte ne fanno ricorso, tranne la Valle D'Aosta, la provincia autonoma di Trento, il Friuli Venezia Giulia, le Marche e la Sardegna. Per quanto riguarda le prestazioni di pronto soccorso la Manovra del 2007 ha stabilito che "per le prestazioni in Pronto Soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, la cui condizione è stata classificate come "codice bianco", ad eccezione di traumatismi ed avvelenamenti acuti, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa di 25 euro. [...] Sono fatte salve le disposizioni eventualmente assunte dalle Regioni che hanno applicato a carico del cittadino oneri più elevati". A differenza di quanto accade per i ticket sulla farmaceutica, che mostrano anche notevoli differenze tra le Regioni, il ticket sul Pronto soccorso è applicato in modo abbastanza uniforme. Infine un'ultima osservazione sui ticket per la specialistica e la diagnostica ambulatoriale. L'attuale normativa in vigore prevede che la fruizione di tali prestazioni sanitarie siano subordinate al pagamento di una compartecipazione, con quota massima per ricetta fissata in 36,15€. Ciascuna impegnativa può contenere fino a un massimo di 8 prestazioni della stessa branca specialistica, mentre prestazioni di branche specialistiche diverse dovranno essere prescritte su ricette diverse. Anche in questo caso le norme regionali sono abbastanza omogenee, recependo la legge nazionale soprattutto per quanto riguarda il tema delle esenzioni, previste per le patologie croniche, per le malattie rare, per la diagnosi precoce tumori, per i casi di invalidità e per le situazioni economiche svantaggiate. Nello specifico le esenzioni legate al reddito riguardano:

-i cittadini di età inferiore a sei anni e superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con reddito complessivo non superiore a 36.151,98 €;

-i titolari di assegni sociali, e i loro familiari a carico;

-i disoccupati e i loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 €, incrementato fino a 11.362,05 € in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 € per ogni figlio a carico;

-i titolari di pensioni al minimo, con età superiore a sessant'anni e loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 €, incrementato fino a 11.362,05 € in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 € per ogni figlio a carico.

Ai fini dell'esenzione viene considerato il reddito complessivo del nucleo familiare, come sommatoria dei redditi dei singoli membri, riferito all'anno precedente. Compongono il nucleo familiare oltre al coniuge non legalmente ed effettivamente separato, le persone che concorrono alla formazione del reddito complessivo per un ammontare annuo inferiore a 2.840,51 €. Dopo lunghi anni in cui la volontà del Legislatore, sia nazionale che regionale, si è posta a protezione della completa gratuità del sistema sanitario pubblico, si è arrivati oggi ad una situazione in cui al paziente/cittadino è richiesta una qualche forma di compartecipazione. Gli interventi più decisi, come abbiamo avuto modo di vedere, si registrano dal 2006, anno in cui sono stati introdotti i ticket sui codici bianchi e il "super ticket" di 10€ sulla specialistica, non applicato fino ad oggi. Tali decisioni sono state prese probabilmente anche alla luce di dati -piuttosto allarmanti -che mostrano un'incidenza della spesa sanitaria sul PIL in continua crescita. Infatti nell'arco di soli quattro anni, dal 2002 al 2006 si è segnato un incremento di + 0,6 punti percentuali della spesa sanitaria. Se a queste tendenze si sommano le stime fornite dal Gruppo di Lavoro sull'Invecchiamento della Popolazione (AWG) dell'ECOFIN, l'incidenza sul PIL della spesa sanitaria pubblica potrebbe essere destinata ad aumentare molto entro il 2060. Si tratta evidentemente di tendenze non sostenibili, di fronte alle quali la gratuità e lo stesso universalismo andrebbero incontro a serie difficoltà. L'insostenibilità della spesa è destinata infatti a travolgere soprattutto le funzioni redistributive ed equitative dell'universalismo sanitario. Da altri paesi dell'area OCSE si osserva che la Francia applica un copayment percentuale del 30% sulle prestazioni dei medici di base e sulle prestazioni specialistiche e diagnostiche, oltre ad una compartecipazione sulle prestazioni in regime di ricovero. La Germania applica un pagamento fisso sulle prestazioni dei medici di base e su quelle specialistiche e diagnostiche, oltre ad un compenso per ogni giorno trascorso in ricovero, con un tetto massimo di spesa per il paziente. Nel Regno Unito invece la completa gratuità delle prestazioni diverse dalla farmaceutica è controbilanciata da un sistema di verifica delle pratiche prescrittive dei medici, dalla quale deriva una loro forte responsabilizzazione. Nel gruppo OECD sono meno della metà (12 su 30) i Paesi che, come l'Italia, non applicano copayment sulle prestazioni in regime di ricovero: Australia, Canada, Repubblica Ceca, Islanda, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Repubblica Slovena, Spagna, Turchia, UK. Ancora di meno (9 su 30) quelli che, come l'Italia, non applicano compartecipazione sulle prestazioni dei medici di base: Canada, Repubblica Ceca, Ungheria, Olanda, Polonia, Repubblica Slovena, Spagna, Turchia, UK84. Nella maggior parte dei casi viene quindi utilizzato un modello di responsabilizzazione della domanda distribuito in maniera uniforme, lungo tutta la filiera sanitaria: dal medico di base, alla diagnosi specialistica al ricovero per passare dai farmaci distribuiti territorialmente. In Italia invece si è scelto di concentrare la responsabilizzazione soltanto sui farmaci, sulle visite specialistiche e sulla diagnostica, spaccando di fatto l'unitarietà dell'offerta sanitaria. È una scelta asimmetrica che porta a generare effetti negativi sugli incentivi individuali, in quanto:

-rende conveniente il regime gratuito di ricovero ordinario, creando incentivi per un suo sovra utilizzo;

-spinge all'eccessivo ricorso al medico di base;

-può spingere ad un sottoutilizzo della diagnostica e delle visite specialistiche in funzione preventiva, con conseguenti ripercussioni negative sullo stato futuro di salute, tanto da rendere successivamente necessarie terapie più intense, o lo stesso ricovero ospedaliero.

Una regolamentazione "ottimale", dal punto di vista economico, dovrebbe invece tentare di preservare il più possibile l'unitarietà della prestazione sanitaria, per assicurare un uso corretto delle prestazioni sanitarie, preferibile ad un sistema che alterna aree di intervento completamente gratuite ad altre compartecipate, causando così sostituzione tra servizi diversi tra loro e portando ad un consumo sub-ottimale. D'altra parte però appare apprezzabile lo sforzo del nostro Paese a mantenere la completa gratuità per i ricoveri e per il medico di base, che rappresenta il principale punto di riferimento dei pazienti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Welfare e sistema sanitario in Italia: tra universalismo e selettività

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Informazioni tesi

  Autore: Elio Alotto
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Istituzioni e Territorio
  Relatore: Nerina Dirindin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 193

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