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Divulgazione, comunicazione e politiche della scienza. Rachel Carson, Richard P. Feynman e Piero Angela, tre casi diversi a confronto

Inclusività e comunicazione scientifica

Quello dell'inclusività del linguaggio è un tema estremamente variegato e complesso, specie in un ambito come quello della comunicazione scientifica che, in una fase di passaggio da PUS a PEST si mostra come ancora in un certo modo ancorata ad un tipo di linguaggio fortemente specialistico. Per la stesura di questo paragrafo ho trovato particolarmente utile ed interessante uno studio del 2020 condotto da Katherine Canfield e Sunshine Menezes, due ricercatrici dell'Università di Rhode Island, dal titolo The State of Inclusive Science Communication: A Landscape Study. Lo studio, condotto in un periodo storico in cui sul suolo statunitense era forte nel dibattito pubblico il tema del razzismo verso la comunità afroamericana, è stato condotto intervistando 30 individui di età compresa tra i 26 ed i 60 anni, appartenenti ad etnie differenti ed aventi un ampio spettro di generi ed identità rappresentate, importante per garantire varietà nei punti di vista.
La maggior parte degli intervistati era d'accordo sul fatto che, attualmente, la comunicazione scientifica non è intrinsecamente inclusiva. Alcuni degli intervistati hanno osservato come l'approccio tipico alla comunicazione scientifica relativa alle STEMM156 si appoggi quasi esclusivamente su individui occidentali, bianchi e abili157. Gli intervistati hanno delineato tre tratti fondamentali, la cui coesistenza definirebbe una comunicazione inclusiva della scienza: Intenzionalità (Intentionality), reciprocità (Reciprocity) e riflessività (Reflexivity).

Il concetto di intenzionalità è stato quello che più frequentemente si è presentato nelle parole degli intervistati. All'interno di un contesto di ricerca, i partecipanti hanno sottolineato come la considerazione per il pubblico al quale si sta comunicando, come la scienza sia definita all'interno di un lavoro e come identità e generi da sempre marginalizzati stiano iniziando a trovare rappresentanza all'interno di attività e prodotti relativi alla comunicazione, soprattutto in relazione alla comunicazione. Al contempo, gli intervistati hanno sottolineato come non avvertano queste caratteristiche all'interno di una comunicazione nel campo scientifico158. La considerazione del pubblico è stato l'aspetto preponderante dell'intenzionalità nella maggior parte degli intervistati, i quali hanno specificato come l'importanza di quest'ultima non sia solamente il conoscere il pubblico allo scopo di capire i suoi interessi e le sue necessità, ma ogni aspetto delle proprie interazioni con un determinato gruppo. Questo tipo di approccio promuoverebbe una collaborazione lungo tutti i passaggi della ricerca, dal progetto, all'attuazione fino ad arrivare alla diffusione159. In sostanza, l'intenzionalità nella comunicazione scientifica si otterrebbe tenendo presenti gli obbiettivi della comunità all'interno di un progetto, non solamente gli obiettivi definiti dal comunicatore o dalla comunicatrice scientifica. Inoltre, i partecipanti allo studio hanno sottolineato la necessità di riconoscere il background culturale del pubblico, inclusi eventuali casi di iniquità od esperienze traumatiche anche con la comunità scientifica stessa, necessità ottenibile tramite la consapevolezza di determinate esperienze vissute dai partecipanti160. Un altro studio ci rivela inoltre come, nella maggior parte dei casi, questa considerazione abbia un carattere a breve termine, oltre a supporre necessità e richieste di determinati gruppi e minoranze senza che queste vengano direttamente interpellate161.

Il secondo concetto chiave identificato all'interno di una comunicazione scientifica inclusiva, la reciprocità, è definibile attraverso le parole degli intervistati come la presa di coscienza del valore delle esperienze e del vissuto di determinati gruppi e/o minoranze possa portare ad un rapporto bidirezionale basato sul dialogo e sullo scambio di opinioni in un contesto che riconosca un valore esperienziale ad entrambe le parti, scienziati e pubblico162. Questo rappresenterebbe un altro passaggio per il raggiungimento di un dialogo il quanto più possibile paritario tra scienza e pubblico. Nella comunicazione e nella pratica scientifica, la reciprocità implica quindi il riconoscimento di differenti saperi e conoscenze individuali tramite la collaborazione ed il dialogo. Essa può essere raggiunta attraverso uno sviluppo attivo della comunicazione scientifica, cercando di incorporare negli sforzi degli scienziati e delle scienziate i vari feedback del pubblico partecipante163. Tutto ciò si traduce in un lavoro a diretto contatto con le comunità direttamente interessate all'argomento. Lo studio ha inoltre evidenziato come per il pubblico la reciprocità sia raggiungibile più facilmente quando la condivisione e l'apprendimento sono facilitate ed incoraggiate dai comunicatori stessi; così facendo si promuoverebbe inoltre un senso di appartenenza in individui e comunità che potrebbero sentirsi marginalizzate dal discorso scientifico e più in generale dalle STEMM164. Non va dimenticato infatti che una buona percentuale del pubblico continua ancora oggi ad avvertire la relazione tra scienza e pubblico stesso come gerarchica ed elitaria165.
Infine, la riflessività è definita come una continua e sistematica riflessione sull'identità e sulle pratiche di pubblico e comunicatori, seguita da costanti adattamenti per ridurre tutte quelle interazioni e caratteristiche definite come inique166. Nello studio preso in esame, ciò si traduce in una sorta di momento di “risveglio” in cui gli intervistati, attraverso un flusso riflessivo, venivano a conoscenza di come il loro lavoro ed il linguaggio utilizzato al suo interno escludessero determinate identità o comunità167. Ciò è risultato evidente nella contrapposizione delle risposte date da persone appartenenti ad esempio alla comunità afroamericana, le quali hanno dato priorità ad un approccio inclusivo sin dall'inizio del lavoro, mentre individui appartenenti per lo più alla comunità bianca hanno raggiunto questo approccio solo dopo vari momenti di auto- riflessione168. È interessante a questo punto notare come la caratteristica della riflessività sia vista dalla maggior parte degli intervistati come una prospettiva prettamente individuale, la quale potrebbe (e dovrebbe) portare gli individui a riflettere sulle loro stesse convinzioni ed assunzioni cercando di capire, attraverso una lente intersezionale, come l'identità di una persona ne possa, all'interno di una società non ancora pienamente pronta ad accogliere le istanze delle minoranze, inficiare o comunque influenzare negativamente vita ed esperienze169. Sarebbe tuttavia opportuno cercare di introdurre e di radicare il concetto di riflessività anche ad un livello istituzionale, in cui quest'ultima troverebbe corrispondenza, sempre secondo gli intervistati, in valori e pratiche come posti di lavoro in cui le comunità presenti nel paese riescano ad avere tutte una degna rappresentanza, operazione che deve tuttavia essere proposta in modo concreto e pratico e non come semplice mossa in risposta a situazioni che potrebbero creare tensioni: gli intervistati hanno portato l'esempio di come molte organizzazioni negli Stati Uniti si siano affrettati a dare il loro supporto al movimento Black Lives Matter, senza però attuare una riflessione concreta verso l'attuazione di politiche veramente inclusive170.
In conclusione, questo studio ci ha dimostrato come l'utilizzo di un linguaggio più inclusivo sia possibile, ma prescinde da una serie di riflessioni preliminari che, prima come individui e poi come società, è necessario farsi per riuscire a mettere in discussione valori pregressi per abbracciarne di nuovi all'interno di un percorso che favorirebbe non solo l'inclusione, ma anche produttività e varietà di interazioni che possono portare a conclusioni nuove e mai sperimentate prima.


156 Il termine STEMM è utilizzato come abbreviazione di Science, Technology, Engineering, Mathematics e Medicine.
157 Katherine Canfield, Sunshine Menezes, The State of Inclusive Science Communication: A Landscape Study, Metcalf Institute, University of Rhode Island, 2020, p. 13, https://inclusivescicomm.org/wp- content/uploads/sites/1568/State-of-Inclusive-SciComm-2020-2.pdf / (13 giugno 2023).
158 Canfield, Menezes, The State of Inclusive Science Communication: A Landscape Study, p. 14.
159 Ibidem.
160 Ibidem.
161 S. Menezes, Kayon Murray-Johnson, Hollie Smith, Hannah Trautmann, Mehri Azizi, Making science communication inclusive: an exploratory study of choices, challenges and change mechanisms in United States from emerging movement, Journal of Science Communication, 2022, https://jcom.sissa.it/article/pubid/JCOM_2105_2022_A03/ (28 maggio 2023).
162 Canfield, Menezes, The State of Inclusive Science Communication: A Landscape Study, p. 14-15.
163 Ibidem.
164 Ibidem.
165 Menezes, Murray-Johnson, Smith, Trautmann, Azizi, Making science communication inclusive: an exploratory study of choices, challenges and change mechanisms in United States from emerging movement.
166 Canfield, Menezes, , The State of Inclusive Science Communication: A Landscape Study.
167 Ibidem.
168 Ibidem.
169 Ibidem.
170 Ibidem.

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Divulgazione, comunicazione e politiche della scienza. Rachel Carson, Richard P. Feynman e Piero Angela, tre casi diversi a confronto

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Mossini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia e storia della scienza
  Relatore: Paola Govoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 123

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