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L'inganno ''al femminile'' nelle novelle di Grazzini

Ingannatori ma anche ingannatrici

Come già accennato, se è vero che nelle novelle del Lasca a progettare e ad agire sono, considerando il chi o comunque il ruolo ricoperto, essenzialmente uomini, spesso in gruppo organizzato, talvolta considerando gli inganni emerge invece quello che sopra si è definito un protagonismo femminile.
A riguardo, sono state qui considerate quattro novelle: la prima della prima Cena, la sesta della prima Cena, la seconda della seconda Cena e, infine, la terza della seconda Cena. In tutte e quattro in particolare si è identificato un inganno al femminile. La scelta, va precisato, è stata quella di considerare solo inganni nei quali il ruolo della donna è almeno pari a quello dell’uomo, trascurando quelli nei quali la donna è mero comprimario.
Nell’ordine espositivo, come già accennato nell’introduzione, si è seguita una logica “in crescendo” secondo due parametri: anzitutto, la complessità dell’inganno, alla quale si accompagna una sempre maggiore rilevanza sociale delle artefici; e poi anche, in una qualche misura, la rilevanza del ruolo della donna in esso. Per iniziare, si è considerato un inganno massimamente “semplice” con una donna ingannatrice protagonista di infima estrazione sociale, una servetta; poi un inganno un poco più elaborato, ordito da una donna, moglie di un muratore, con la complicità di un uomo; poi, un inganno più elaborato e fantasioso, rispetto al quale il ruolo attivo della donna, potremmo dire piccolo borghese in quanto tessitrice moglie di un tessitore benestante, è sostanzialmente di co-protagonista alla pari con l’uomo; infine, un inganno con una sua peculiare complessità e originalità ordito e realizzato da un’ingannatrice da sola, di nobili natali e antica e potente famiglia in Firenze.
Nell’esaminare le novelle, invero, si era in un primo tempo ipotizzato di far riferimento anche all’inganno di cui alla novella nona della prima Cena, nella quale l’operato di una donna, la Bilorsa, porta un uomo a ingannarsi quanto alla realtà con la conseguenza di un grandissimo spavento allorquando una notte

tornando egli dalla sua innamorata, (…) camminando, gli parve, dirimpetto sendo alle forche [ossia davanti al patibolo dove a Firenze si eseguivano le sentenze capitali], udire una voce che dicesse (…) “Ora pro eo”; per lo che fermatosi, girò gli occhi verso le forche, e veder gli parve sopra quelle tre o quattro (…) uomini, ciondolare a guisa d’impiccati (…) perciò che, sendo un’ora il meno innanzi giorno, e l’aria fosca e senza lume di luna, non bene scorger poteva se quelle fussero ombre o cose vere. [E] in quel mentre udì con sommessa voce un’altra volta dire “Ora pro eo”; e gli parve vedere un certo che dimenarse in cima alla scala.

Da ciò un grandissimo spavento anche perché poco dopo una figura umana da dov’erano le forche si rivolge a lui gridando

Aspetta, oh! Aspetta, che io impiccherò anche te.

L’uomo si inganna quanto alla realtà, perché quelle che sembrano figure umane impiccate sono in realtà zucche, ovviamente poste lì da mano umana.
Ma alla base non c’è la volontà di ingannare. Perché quella messa in scena è opera della Bilorsa, “femmina pazza”, che l’ha realizzata senza alcun disegno ingannatorio.
Perciò si è deciso di non considerare qui la novella preferendosi una nozione di inganno, sostanzialmente corrispondente al senso comune, comprensiva quanto agli elementi essenziali non solo dell’essersi qualcuno ingannato ma anche dell’aver qualcuno voluto ingannare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'inganno ''al femminile'' nelle novelle di Grazzini

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Informazioni tesi

  Autore: Carlo Codini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Sandra Carapezza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 39

FAQ

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