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Il mito meritocratico nella crisi democratica occidentale

Io-crazia e deresponsabilizzazione politica

La tecnocrazia, come strumento frutto della deresponsabilizzazione politica, ha indotto il capitalismo neoliberale a costituire una compiuta Io-crazia. Il cosiddetto «mito dell'io ideale» per Lacan31. Ovvero la capacità di convincere ogni cittadino di poter performare al massimo delle sue possibilità, rinchiudendo lo stesso soggetto nel suo continuo confronto con la prestazione del suo agire. L'individuo, immerso nel nuovo discorso meritocratico, è incapace di comprendere il nesso tra le proprie scelte e il peso delle forze esterne, provocando: «uno slittamento nella percezione dei problemi sociali, trasformati in problemi individuali e di natura emotiva» (Boarelli 2019, p.92).

Nel ricorso ai terapeuti, agli specialisti o esperti è il soggetto ad essere meno performante e dunque colpevole del proprio status. L'immagine di sé risulta indebolita e vulnerabile all'interno di una nuova cultura terapeutica che «propone il culto della soggettività e contemporaneamente la costringe entro confini angusti» (ibidem). Il processo di individualizzazione colpisce, in particolar modo, le classi sociali che sono sempre più lontane dalle vecchie lotte per i diritti sociali. Quest'ultimi, resi casi singoli, sono considerati lontani dagli interessi della collettività. Il cittadino ideale e meritevole invece, investe continuamente nel proprio capitale umano, ovvero, nelle risorse immateriali quali conoscenze acquisite e abilità. Dardot32 e Laval33, nel 2013, parlavano già di culto della performance. Il successo personale risiede nella capacità del singolo di gestire le proprie capacità, come manager di sé stesso. È la nuova ideologia manageriale a permettere l'applicazione di nuovi dispositivi di autovalutazione. Il linguaggio che attraversa i programmi televisivi, le riviste e i nuovi libri in voga, redatti da guru della vita perfetta, contribuiscono a introiettare la logica prestazionale in ogni aspetto dell'esistenza dell'individuo.

Promuovendo l'immagine di sogno di affermazione individuale e solipsistica, le immagini spettacolari di questi Format televisivi contribuiscono a riprodurre l'ordine simbolico dominante e un immaginario collettivo che legittima la logica della concorrenza eleggendola a principio costitutivo della società prestazionale.

(Ehrenberg 1999, p.210). Federico Chicchi34 e Anna Simone35, in La società della prestazione, parlano di dispositivi di gamification, ovvero capaci di portare il soggetto a misurare e controllare lavoro, tempo libero e consumo tramite l'utilizzo di dispositivi tecnologici. Queste attività, percepite come ludiche, sono mezzo di auto-sorveglianza velata. Come dimostrano i grandi studi di Herbert Marcuse e Michael Foucault, è soprattutto il linguaggio ad essere mezzo di controllo. Esso diviene sempre più tecnicizzato e specialistico impattando, come vedremo, nel sistema scolastico e nel mondo lavorativo.

In quest'ultimo, la logica meritocratica è presente nei nuovi termini: flessibilità e competenze. Anche i termini competitività e concorrenza sono spogliati dalle loro accezioni negative. Ad essere promosse come fruttuose, sono forme precarie di lavoro come i contratti a progetto. Essi frammentano l'esperienza lavorativa rendendola incerta e instabile. Inoltre, il processo di cognitivizzazione del lavoro, richiedendo al soggetto di investire particolari risorse e competenze immateriali, rischia di provocare: «una confusione tra vita e lavoro» (Chicchi e Simone 2017, p.106).

Laddove il processo di individualizzazione plasma un individuo che «Nello stesso tempo in cui sprofonda nell'insignificanza, viene elevato sul trono apparente di un artefice del mondo» (Beck 2013, p.197-198), la logica meritocratica contribuisce a creare le fondamenta del senso di colpa e della responsabilità del soggetto. L'individuo trova proprio nella possibilità di rivolgersi agli esperti, l'unica via d'uscita dallo status di colpevole, cadendo nell'etichetta sociale di «vittima». Qui, sfera politica e tecnica, sono capaci di amministrare «la dialettica tra vittime e colpevoli» (Boarelli 2019, p.98), laddove: «la minaccia della colpa viene usata come stigmatizzazione sociale del dissenso» (ibidem). L'ideologia meritocratica non solo si è affermata sulle ceneri dei conflitti sociali, ma ora è riuscita ad addomesticarli e renderli incapaci di affermarsi.

31 Jacques Lacan (1901-1981), filosofo, psicoanalista e psichiatra francese.
32 Pierre Dardot (1952), filosofo e accademico statunitense. Conosciuto per le numerose pubblicazioni sul neoliberismo con il sociologo Christian Laval.
33 Christian Laval (1953), professore di sociologia all'Università di Parigi Ouest Nanterre La Défense. Famoso studioso del liberalismo e della filosofia utilitaristica di Jeremy Bentham.
34 Federico Chicchi (1970), insegnante di sociologia economica e del lavoro presso l'Università di Bologna.
35 Anna Simone, ricercatrice in sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale. Svolge importanti ricerche anche sulla crisi del Welfare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il mito meritocratico nella crisi democratica occidentale

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Informazioni tesi

  Autore: Katherine Puce
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi del Salento
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Anna Rita Gabellone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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