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Le Sanzioni Economiche Internazionali come arma e come strumento di relazioni internazionali dal 1936 ad oggi

Iraq 1990, un fallimento?

L’invasione irachena del Kuwait il 2 agosto 1990, comportò l’immediata risposta delle Nazioni Unite.
Lo stesso giorno il Consiglio di Sicurezza adottò la risoluzione “condanna” n. 660, con cui demandò il ritiro immediato delle truppe, e invitò le due Nazioni a negoziare per la risoluzione delle proprie divergenze.
La risoluzione successiva, n. 661, prevedeva l’imposizione di sanzioni totali:
• Vietando ai paesi membri l’importazione di tutti i beni e prodotti fabbricati in Iraq e Kuwait.
• Vietando il trasferimento di fondi a fini commerciali e l’esportazione di tutti i beni e prodotti eccetto forniture strettamente destinate a scopi medici, e, in circostanze umanitarie, viveri.

Con la risoluzione 678, si fissò il 15 gennaio come scadenza dell’ultimatum all’Iraq, oltre il quale furono autorizzati “tutti i mezzi necessari” per concludere il conflitto.
Il 17 gennaio ha inizio l’intervento militare e dopo cinque settimane avvenne il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait. Le sanzioni economiche furono mantenute anche dopo la buona riuscita dell’intervento militare.
Tuttavia, riconoscendo e accogliendo gli sforzi compiuti dall'Iraq per formare un governo basato sullo stato di diritto, che offra pari diritti e giustizia a tutti i cittadini iracheni, il 22 maggio 2003 il Consiglio di sicurezza ha revocato tutte le misure restrittive nei confronti dell'Iraq, eccetto l'embargo sulle armi. Inoltre, le restrizioni abrogate al commercio sono state sostituite con restrizioni specifiche che si applicano ai proventi di tutte le vendite dall'esportazione di petrolio e gas naturale dall'Iraq fino al commercio di beni appartenenti al patrimonio culturale iracheno. Infine, la risoluzione introdusse un congelamento dei beni indirizzato in particolare all'ex presidente iracheno Saddam Hussein e agli alti funzionari del suo regime.

L’economia irachena dipendeva fortemente dall’esportazione di petrolio, i cui proventi costituivano il 60% del Pil e il 90% dei ricavi in valuta estera; veniva importato fra il 75 % e l’80% dei beni alimentari consumati nel paese.
Un sistema economico così dipendente dal petrolio e dagli scambi commerciali non poté non risentire pesantemente e in tempi brevi dell’improvvisa interruzione dei rapporti commerciali, dovuta all’applicazione degli stati membri delle risoluzioni internazionali sopra citate.

Nel 1991 il PIL iracheno diminuì del 75% rispetto a quello del 1989, ritornando ai livelli del pre-boom petrolifero e della modernizzazione del paese. Questo comportò chiaramente la forte diminuzione del potere d’acquisto della moneta locale.
L’applicazione delle sanzioni imposte era monitorata dal Comitato per le Sanzioni, il cui compito era quello di verificare che le domande di commercio con l’Iraq fossero riguardanti le sole esenzioni previste: medicinali e forniture sanitarie, cibo e altri generi essenziali (S/RES 661,1990 e 687, 1991).
Nel 1995 fu introdotto il programma “Oil for Food”, che consentiva all’Iraq l’esportazione del petrolio, i cui proventi erano depositati su un conto dell’ONU e ripartiti come segue: 72% per l’acquisto di alimenti, medicinali e altri generi umanitari, 25% al Fondo delle Nazioni Unite per il risarcimento dei danni di guerra, 2.2% per i costi del programma, 0.8% per la commissione speciale per il monitoraggio e l’ispezione. Ne fu riconosciuta la sua rilevanza nel migliorare la situazione ma mai fu pensata come alternativa alla normale attività economica in Iraq. Tuttavia, la sua applicazione fu inadeguata o insufficiente a risolvere i problemi umanitari che afflissero la società irachena. Infatti, il vero problema fu il conseguente sbando dell’economia. L’Iraq non aveva il permesso per le esportazioni diverse dal petrolio ed erano vietati gli investimenti e i prestiti esteri.
La situazione di insicurezza economica e povertà diffusa causata dalle sanzioni e il mantenimento dell’embargo, impedisce la ricostruzione economica del paese e la risoluzione dell’emergenza energetica, idrica, sanitaria e alimentare in cui versa il Paese, determinando una grave crisi umanitaria.

Il pesante impatto delle sanzioni sulla popolazione civile ha sollevato forti dibattiti in merito alla loro legittimità ed efficacia. Il fine ultimo, come dichiarato nella Carta delle Nazioni Unite, è quello di mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale, ma possono verificarsi effetti negativi come la sofferenza della popolazione civile.
L’interruzione delle relazioni economiche si pone come obbiettivo diretto la riduzione del benessere economico del paese colpito, per esercitare sul governo una pressione tale da indurlo a cambiare il proprio comportamento politico e quindi, la sofferenza civile viene inflitta deliberatamente alla popolazione perché non è possibile altrimenti e soprattutto perché viene posta come priorità il perseguimento e la massimizzazione dell’utilità collettiva, cambiando in questo caso l’atteggiamento politico del Paese.
Numerose sono le critiche riguardo questo tipo di ragionamento e soprattutto verso l’operato di sanzioni totali, dove l’Iraq è l’esempio per antonomasia, che portarono poi negli anni successivi a “preferire” le sanzioni mirate. Un esempio è la citazione di Joy Gordon che si esprime così a riguardo: «la perfetta ingiustizia della situazione irachena non sta nel fatto che l’imposizione di misure estreme e indiscriminate sulla popolazione civile sia continuata più o meno immutata per più di dieci anni. La perfetta ingiustizia sta nel relativo successo degli Stati Uniti nel rendere l’atrocità allo stesso tempo invisibile e buona. La perfetta ingiustizia si verifica […] quando principi di moralità e legalità vengono invocati con successo a legittimazione di un danno umano immenso di durata illimitata».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le Sanzioni Economiche Internazionali come arma e come strumento di relazioni internazionali dal 1936 ad oggi

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Rosi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Interfacoltà Economia e Lettere
  Corso: Economia e Gestione dei beni culturali e dello spettacolo
  Relatore: Gianpiero Fumi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 37

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