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Gli accertamenti tecnici irripetibili nel panorama delle indagini scientifiche

L’accertamento tecnico irripetibile nel caso Meredith Kercher e nella sentenza della Cassazione

La Corte di assise di Perugia nel 2009 ha sancito la condanna degli imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito sulla base dei seguenti dati:
• La falsità dell’alibi fornito dagli imputati;
• L’effrazione della finestra della stanza della coinquilina Filomena Romanelli per depistare le indagini;
• Le lesioni sul corpo della vittima, compatibili con un concorso nel reato di violenza sessuale sfociato poi nell’omicidio, tali da escludere che Rudy Guede abbia agito da solo;
• Le indagini genetiche effettuate sul gancetto di reggiseno della vittima e sul coltello sequestrato nell’abitazione di Raffaele Sollecito sui quali sarebbe stato rinvenuto il DNA, rispettivamente, di Raffaele e di Amanda;
• Le tracce biologiche rinvenute nel bagno in uso alla vittima e alla coimputata Amanda;
• Le altre tracce messe in evidenza dal Luminol tutte, secondo la Corte, riferibili agli imputati;

Gran parte degli elementi che hanno condotto alla pronuncia di condanna sono stati acquisiti mediante accertamento tecnico irripetibile.
Nello specifico, le regole e le garanzie proprie dell’accertamento svolto ex art.360 c.p.p. sono state osservate :
a. per quanto riguarda le indagini genetiche sul gancetto del reggiseno e sul coltello rinvenuto a casa di Sollecito che sono da sempre stati elementi centrali delle sentenze di condanna essendo stati trovati sugli stessi DNA, rispettivamente, di Raffaele Sollecito e di Amanda Knox;
b. per le tracce biologiche rinvenute all’interno del bagno quotidianamente utilizzato da Meredith e Amanda;

Diversamente, l’analisi dei computer di Raffaele Sollecito non è stata effettuata seguendo la disciplina dettata dall’art.360 c.p.p. in quanto, secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, «l’attività di estrazione di file da un computer oggetto di sequestro non rientra nel novero degli atti irripetibili, dal momento che essa non comporta alcuna attività di carattere valutativo su base tecnico-scientifica, né determina alcuna alterazione dello stato delle cose, tale da creare pregiudizio alla genuinità del contraddittorio conoscitivo nella prospettiva dibattimentale, essendo sempre e comunque assicurata la riproducibilità d’informazioni identiche a quelle contenute nell’originale».

La Corte in merito all’acquisizione di tali elementi non ha posto alcuna attenzione nei confronti del problema relativo all’inosservanza dei protocolli scientifici internazionali e della possibilità di contaminazione avvalorando la propria decisione sul fatto che, nonostante i consulenti tecnici degli imputati fossero presenti all’accertamento tecnico irripetibile, questi non hanno avanzato alcuna obiezione.
L’assenza di contestazione da parte dei consulenti tecnici delle parti ha permesso al giudice di primo grado di concludere affermando che l’accertamento ex art. 360 c.p.p. dovesse essere considerato attendibile.
Già la successiva pronuncia, quella della Corte d’assise di appello, grazie ad una rivalutazione delle prove acquisite nel giudizio di primo grado e ad una rinnovazione dell’istruzione, è giunta ad una conclusione diametralmente opposta alla precedente.
La Corte evidenzia la scarsa certezza nella ricostruzione dell’omicidio e sottolinea come la Corte di primo grado ha sì utilizzato elementi certi, ma dal significato non univoco, per corroborarne altri al fine di una ricostruzione unitaria completamente avulsa dai canoni probatori richiesti dal nostro ordinamento e cioè la prova di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio ex art 533 comma 1 c.p.p..

La vicenda, come già anticipato, si è conclusa nel 2015 con la sentenza n.36080 della Cassazione le cui soluzioni sono state definite dalla maggior parte della dottrina innovative.
Le novità introdotte dalla Corte riguardano anche l’accertamento tecnico non ripetibile. Innanzitutto nella sentenza c’è un riferimento esplicito all’esigenza di poter ripetere le analisi di laboratorio.
Considerata la misera quantità di DNA trovata sul gancetto del reggiseno e sul coltello, elementi sui quali si sono principalmente basate le sentenze di condanna, non era possibile procedere ad analisi standard.
Si è fatto, dunque, ricorso a metodi modificati chiamati “Low Copy Number” il cui utilizzo richiede la capacità di quantificare fenomeni definiti “drop-in” e “drop-out”: i primi determinano la comparsa di alleli in realtà non presenti nel campione, i secondi, al contrario, ne determinano la sparizione.

La Cassazione ha affermato che se l’esigua quantità del dato biologico non permette la sua verifica, questo, poiché privo di gravità e precisione, non può conseguire in ambito processuale «neppure la valenza di indizio».
La mancanza di idonee cautele o del tentativo di smentita comporta l’impossibilità di salvare neanche il dato acquisito mediante accertamento tecnico non ripetibile.
La sentenza, infatti, afferma che «nel caso di specie, nonostante l’osservanza delle forme di cui all’art. 360 del codice di rito, il dato acquisito – non ripetuto o non suscettibile di ripetizione per una qualsiasi ragione – non può assumere rilievo né probatorio né indiziario, proprio perché, secondo le menzionate leggi della scienza, necessitava di validazione o falsificazione».
Si evidenzia l’operato della Cassazione che, quasi come un obiter dictum, distingue l’accertamento tecnico irripetibile ex art.360 c.p.p. dalla acquisizione di materiale biologico che, per la sua esiguità, non permette ripetizione.
Non è possibile fare uso di uno strumento quale l’art.360 c.p.p. come escamotage per far sì che le tracce biologiche, di cui è impossibile la ripetizione, abbiano una valenza, se non probatoria, quantomeno indiziaria all’interno del processo.
L’art.360 c.p.p. fa riferimento a situazioni che, per loro natura, sono mutevoli, e, di conseguenza, è necessario cristallizzarne il prima possibile lo stato già nella fase delle indagini preliminari.
L’utilizzo dell’art.360 c.p.p. è, dunque, consentito, nel rispetto delle garanzie procedurali, in quanto l’accertamento da compiere «è capace di evidenziare realtà “compiute” od entità dotate di valenza dimostrativa» e, dunque, può essere utilizzato ai fini della decisione in dibattimento.

Nel caso di specie, se l’analisi biologica non è ripetibile, manca un elemento fondante, un presupposto, per far assumere a quest’ultimo valenza probatoria.
Mancando la ripetibilità, considerata uno dei requisiti che determina la scientificità dell’accertamento, manca la valenza probatoria dell’elemento e, dunque, quel dato non può entrare in alcun modo nel processo, neanche ex art.360 c.p.p.
La sentenza, che rappresenta una svolta rispetto alla giurisprudenza precedente, sancisce l’applicazione del principio generale sulla scientificità del dato anche quando questo sia stato acquisito mediante accertamento tecnico non ripetibile al quale la difesa abbia assistito senza avanzare riserve o eccezioni.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli accertamenti tecnici irripetibili nel panorama delle indagini scientifiche

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Informazioni tesi

  Autore: Michela Maturo
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Gianmarco Baccari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 118

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