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La ribellione dell'erede: il contrasto tra Jung e Freud

L’emancipazione necessaria: l’avvento di Carl Gustav Jung

Le scoperte di Freud e l’inizio della pratica psicoanalitica gettano scompiglio nella comunità scientifica e non, ma sono senz’altro valide e vengono utilizzate senza alcuna remora per molto tempo, spesso con buoni risultati. Risultano efficaci per il trattamento di molte paturnie, dalla più grave isteria alla più “comune” delle nevrosi, tutt’oggi Freud rimane senz’altro uno dei capisaldi della psicoanalisi e certamente i suoi metodi si rivelano, in parte, ancora molto validi. Ma se da un lato è indubbio che le sue tecniche producano parecchi esiti scientifici positivi, dall’altro col passare del tempo e soprattutto con l’entrata in scena di altri giovani psichiatri, alcuni punti chiave della metodologia freudiana iniziano a vacillare. Colui che contribuisce più di tutti all’evoluzione ed alla vera e propria emancipazione dei concetti di Freud è proprio il suo allievo prediletto Carl Gustav Jung, che si configura inizialmente come suo erede nel panorama psicoanalitico, ma che in seguito se ne distacca andando a fondare un proprio metodo del tutto nuovo.

Già soltanto prendendo in considerazione il passato di Carl Jung, non risulta complicato immaginare il motivo della sua rottura col dogmatico maestro Freud. Infatti, Jung si laurea in medicina a Basilea scrivendo una tesi sui fenomeni dell’occultismo e della parapsicologia, sicuramente ispirato dalla figura materna che sembra avere delle facoltà, ereditate da suo padre, che la rendono una medium. Il padre di Jung, invece, è un pastore protestante che esercita anche, per un periodo della sua vita, la funzione di cappellano nel manicomio della città. Un fatto curioso, che ci riporta anche Ellenberger, è l’influenza esercitata dal nonno di Jung sulla sua personalità. Carl Gustav Jung è il nonno paterno del nipote omonimo che egli non ha mai conosciuto, ma che rimane una figura ingombrante anche dopo la sua morte dal momento che gode di fama leggendaria a Basilea dal momento che, oltre ad essere un eccellente medico, si crede sia un figlio illegittimo del poeta Goethe. Non si saprà mai con certezza se le cose stanno davvero così, ma chiaramente questa presunta parentela contribuisce ad alimentare le leggende su quest’uomo. Jung va molto fiero di portare il suo nome e si sente molto affine alla personalità di questo nonno mai conosciuto, ma così presente nella sua vita.
[…]

In tale contesto familiare, Jung rimane figlio unico per ben nove anni e viene da tutti considerato come un bambino introverso e timido, a tratti quasi asociale, che trascorre molto tempo in solitudine e che spesso evita di partecipare ai giochi degli altri compagni di scuola. Ma la sua è senz’altro una introspezione produttiva ed assetata di conoscenza, che egli cerca di nutrire sempre di più interessandosi alla filosofia, alla religione ed allo spiritualismo, leggendo anche autori molto importanti ed illuminanti come Nietzsche, Goethe, Schopenhauer e altri.

Circa sette anni prima dell’incontro con Freud, che avviene nel 1907, Jung inizia a lavorare all’istituto psichiatrico di Zurigo, sotto la direzione del dottor Bleuler. Questa esperienza si rivela fondamentale in quanto permette al giovane medico di lavorare a stretto contatto con pazienti schizofrenici che egli cerca di aiutare in tutti i modi tentando di evitare la cronicizzazione della malattia. Al contempo, Jung fonda all’interno dell’ospedale un laboratorio di psicologia sperimentale in cui mette in pratica il test delle associazioni che viene somministrato ai pazienti nel tentativo di far emergere i loro personali complessi. Questo approccio, però, viene da Jung stesso abbandonato nel momento in cui emerge in lui insoddisfazione verso l’atteggiamento clinico distaccato degli psichiatri del tempo che non si interessano alla personalità ed all’individualità del malato, quasi dimenticando di avere in cura una persona. In realtà questo viene smentito da tanti colleghi di Jung che a quel tempo lavorano sotto la direzione di Bleuler, il quale viene da tutti descritto come un medico molto più umano di quanto non pensasse Jung. Ma, in ogni caso, evidentemente la percezione che Carl ha di quell’ambiente di lavoro è differente dagli altri e non lo gratifica abbastanza.
Ecco, quindi, che nasce l’interesse di Jung verso la psicoanalisi e di conseguenza verso Freud, egli infatti vede questa disciplina come un modo di rapportarsi alle turbe mentali che mette al centro proprio la dimensione interiore e psicologica del paziente. Ai suoi occhi la psicoanalisi appare più umana in confronto alla freddezza classificatoria della psichiatria classica. Dunque, Jung abbandona Zurigo per dedicarsi ad i suoi studi in un’ottica non più psichiatrica ma psicoanalitica, si interessa alla lettura di alcuni scritti di Freud e matura la volontà di conoscerlo, finché i due finalmente si incontrano per la prima volta a Vienna nel 1907 e parlano per ben tredici ore. Da lì l’inizio di una fitta corrispondenza e di un rapporto molto intimo e confidenziale tra i due, assai simile a quello che si può vedere tra un padre e un figlio. Scrivono assieme un libro, compiono viaggi di studio ed addirittura si analizzano a vicenda raccontandosi i propri sogni durante una traversata verso gli Stati Uniti nel 1909, anche se proprio in questa circostanza Freud mostra una certa lasciarsi andare a racconti troppo personali circa i suoi sogni ed il suo passato; a suo dire lo fa per non ledere la propria autorità, ma certamente questo atteggiamento fa sì che l’allievo inizi a mettere in discussione la grande fiducia riposta nel maestro e tradisce anche una certa rigidità di vedute agli occhi di Jung.
Dalla loro fitta corrispondenza possiamo intravedere le prime avvisaglie della grande rottura già dal 1909, tuttavia, Freud ha da tempo la percezione che Jung prenda sempre più le distanze dalle teorie freudiane circa l’origine sessuale delle nevrosi. Tale percezione diventa per Freud un convincimento quando nel 1912 pubblica il primo saggio di Totem e tabù. Nel frattempo, Jung, che è già presidente dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, si reca in America per esporre ai colleghi d’oltreoceano i principi della Psicoanalisi. Tuttavia, in questa occasione inserisce diversi punti di vista a titolo personale e nel novembre dello stesso anno, Jung scrive a Freud per metterlo al corrente di ciò; questo gli risponde irritato, ritenendo che le idee freudiane sulla psicoanalisi ne fossero uscite snaturate. Avviene un ulteriore incontro a Monaco il 24 Novembre, nel quale il clima fra i due appare più tranquillo; ma, nonostante ciò, un successivo scambio epistolare decreta la rottura definitiva, dovuta soprattutto alla non accettazione da parte di Jung dell’idea di origine sessuale delle nevrosi. Ma, dopotutto, possiamo anche scorgere l’intensità del loro rapporto che senz’altro li coinvolge molto anche a livello inconscio, tanto da far cadere Jung, dopo il distacco dal suo mentore, in una profonda crisi nervosa che dura ben sette anni.

La storia si ripete, questa crisi nervosa potrebbe tranquillamente essere considerata come una malattia creativa, al pari di quella che affligge Freud prima di giungere alla sua verità. Ma, anche nell’affrontare il profondo lavoro di autoanalisi, i due appaiono diversi soprattutto negli approcci che adottano e, ovviamente, anche nelle verità a cui approdano.
Come abbiamo visto, Freud fa ricorso alle libere associazioni e si concentra sul passato cercando di interpretare memorie infantili, ricordi significativi ed i suoi stessi sogni. Jung, invece, adotta un metodo più immaginativo, cioè fa ricorso all’evocazione di immagini inconsce scrivendo e talvolta anche disegnando i suoi sogni al mattino; si sforza di compiere dei veri e propri sogni ad occhi aperti e ci riesce, addentrandosi però in un mare di archetipi che iniziano a diventare pericolosi. Si rende conto, infatti, del rischio di perdere il contatto con la realtà, cosa molto comune nelle nevrosi e nelle malattie creative. Così, se Freud aveva utilizzato la sua corrispondenza con l’amico Fliess per mantenere un contatto con la realtà, Jung si impone di non abbandonare totalmente i suoi legami nella vita reale, la sua famiglia ed i suoi pazienti.
L’autoanalisi di Jung procede a ritmo serrato e fa emergere come un fiume in piena nuove sensazioni ed una nuova consapevolezza in Jung. Ad esempio, mentre Jung utilizza la scrittura automatica per far emergere l’inconscio all’interno di una lettera, sente una voce femminile che risponde ad una domanda appena formulata nella sua mente. Sente che questa voce rappresenta una personalità secondaria presente in lui, la chiama
Anima. Si convince che l’Anima possa essere benefica o nociva per l’individuo, a seconda della propria predisposizione personale e della capacità di stabilire con essa il giusto rapporto. Questa scoperta lo conduce sempre più vicino all’uscita dal tunnel. Finché, nel 1919, finalmente ci riesce.
[…]
Se per Freud l’approdo in seguito alla crisi è costituito dalla pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni, a Jung risulta un po' più difficile mettere insieme i pezzi, tanto che continuerà per circa vent’anni ad illustrare, in maniera sparsa, gli archetipi e i simboli scoperti. Si può comunque considerare come il debutto junghiano lo scritto del 1921 Tipi psicologici nel quale vi possiamo trovare non soltanto la teoria junghiana riguardo a estroversione e introversione, ma anche tutte le sue nuove teorie sull’inconscio. Sembrerebbe addirittura che molte tra le successive opere di Jung siano semplicemente una rielaborazione di quanto già esposto in questo libro.
Dunque, nell’arco di qualche anno, Jung passa dall’essere definito come il successore di Freud alla guida del movimento psicanalitico prima della loro rottura; all’essere colui che compie, metaforicamente, il più importante patricidio della storia e della scienza del xx secolo dando vita alla psicologia analitica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La ribellione dell'erede: il contrasto tra Jung e Freud

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Informazioni tesi

  Autore: Anna Pedullà
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Federico Lijoi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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