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Il processo di invecchiamento dei lavoratori e delle lavoratrici e la qualità della vita lavorativa. Uno studio nel settore sanitario

L’invecchiamento e l’insicurezza lavorativa

L'insicurezza lavorativa, aumentata progressivamente con il diffondersi di nuove tipologie contrattuali, si riferisce alla credenza che il proprio lavoro sia a rischio oppure, per chi è già disoccupato, che sarà sempre più difficile trovare un nuovo impiego e quindi persisterà la disoccupazione (Balducci 2015). Coloro che hanno visto peggiorare la loro condizione lavorativa in seguito ad una crisi economica, o sono ancora lavoratori precari, percepiscono ancora di più la criticità dell'insicurezza lavorativa, che li rende soggetti deboli nel mercato del lavoro soprattutto in presenza di una bassa scolarizzazione e scarsità di qualifiche professionali, conoscenza di tecnologia e lingue straniere (Balducci 2015).
L'insicurezza coinvolge tutte le coorti di età, ma tra di esse le reazioni sono molto diverse. Uno studio di Cheng e Chan (2007) ha rilevato che l'insicurezza lavorativa è correlata negativamente con la salute psico-fisica, con la soddisfazione per il proprio lavoro, l'impegno e il coinvolgimento all'interno dell'organizzazione e la performance lavorativa. È positivamente correlata invece con il turnover. I lavoratori atipici sono i più interessati da questo fenomeno, dato che i loro contratti hanno una durata inferiore ad un anno, soprattutto nel caso di coloro che sono in questa situazione da più di 5 anni. Stando ai dati dell'INAIL del 2015 gli atipici sono quasi 2,5 milioni nel nostro Paese e il fenomeno non interessa solo i più giovani, infatti il 33,8% di questi lavoratori ha un'età compresa tra i 35 e i 49 anni. In questa fascia di età gli effetti dello stress da insicurezza lavorativa sono particolarmente accentuati in quanto si intersecano responsabilità familiari e pressioni finanziarie (Balducci 2015).
Per la teoria dell'adattamento lavorativo, secondo la quale proviamo ad adottare i comportamenti che ci sembrano più efficaci per alleviare lo stress provocato dal contesto (Hulin 1991), i giovani che si trovano in una situazione di precarietà sono più portati ad investire di meno nella relazione psicologica con l'organizzazione in cui si trovano a lavorare per poco tempo o sapendo già che non vi sono molte prospettive di crescita. Al contrario i più anziani sono coloro che risentono della minaccia della perdita del lavoro dal punto di vista della salute psicofisica. Sono infatti maggiormente dipendenti dal posto di lavoro anche per una maggiore responsabilità familiare e sociale e sanno che lasciando quell'impiego faranno molta più fatica degli altri a trovarne uno nuovo. Come strategia di coping dunque il turnover sembra appartenere ai lavoratori più giovani mentre i lavoratori più anziani si sentono molto più coinvolti dal punto di vista emotivo e soffrono maggiormente le conseguenze dell'insicurezza e della precarietà dal punto di vista della salute psico-fisica. Sono perciò più a rischio di depressione e malattie psico-somatiche, percepiscono più stress in proporzione alla loro dipendenza da quel posto di lavoro e anche in base alla percezione della propria capacità di riuscire a trovare un impiego differente. Gli autori non hanno invece riscontrato differenze di genere tra l'insicurezza lavorativa e le sue conseguenze negative, dato l'aumento dell'occupazione femminile e di famiglie in cui vi sono due lavoratori e la perdita anche di una sola entrata economica ha delle conseguenze molto negative.
La ricerca di una nuova occupazione è un problema molto rilevante per chi è stato costretto ad abbandonare il posto di lavoro non più giovane. A 45 anni infatti, in alcuni casi, si è già considerati vecchi nel mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda i profili a bassa scolarizzazione o con poche qualifiche professionali anche se i profili manageriali e medio alti non sono immuni dalla difficoltà di reinserimento professionale (Abburrà, Donati 2007). A questo proposito, ritorna la rilevanza della formazione continua come strumento utile a rimanere soggetti forti nel mondo del lavoro (cfr capitolo 1): nei periodi di non occupazione sono sempre di più i lavoratori di età superiore ai 40 anni che scelgono di frequentare corsi di formazione ad hoc e di investire sulle proprie soft skills, e spesso proprio questo è il programma previsto dalle stesse società di outplacement, specializzate nel ri-collocamento professionale (Colasanto, Marcaletti 2007; Marcaletti, Zanfrini 2012).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il processo di invecchiamento dei lavoratori e delle lavoratrici e la qualità della vita lavorativa. Uno studio nel settore sanitario

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Columbro
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
  Relatore: Daniela Converso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 141

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