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Dinamiche e modelli dell'immigrazione musulmana a Bologna

L’islam dei padri e l’islam dei figli

La questione dei giovani di seconda generazione merita un discorso a parte. Molti studi hanno messo in evidenza la diversità della religiosità tra genitori di prima generazione e i loro figli, nati in Italia o giuntivi ancora molto piccoli; il che non implica necessariamente una secolarizzazione dei giovani, ma anche una diversa analisi della religione che un contesto europeo necessariamente comporta.
«Sono praticante, ma sono venuta in Italia quando avevo 3 anni e la religione musulmana ha cercato di riscoprirla da sola, ripartendo dai testi, dalle fonti, dalle basi senza prendere alla lettera tutto ciò che i miei genitori mi dicevano sulla religione. Loro vengono da un contesto diverso, da paesi con un'impronta tradizionale in cui l'islam è la religione prevalente. Io non sempre condivido quello che loro dicono dell’islam. Abbiamo, quindi, pratiche molto diverse, ma questo non crea problemi in famiglia».
In queste situazioni di transizione possono sorgere dei conflitti intergenerazionali: il genitore non autorizza il figlio all’integrazione nel nuovo contesto e gli impone di rispettare le tradizioni famigliari; quindi, la buona integrazione e la religiosità dei figli dipendono indubbiamente dall’educazione dei genitori: ci sono genitori che lasciano liberi i figli di ambientarsi nel nuovo contesto non precludendogli tutta una serie di nuove abitudini che magari la propria tradizione non contempla; al contrario certe famiglie possono essere più restrittive e meno indulgenti. La paura del genitore è quella di veder sfumare la propria cultura, di non poterla più tramandare a causa di un ambiente in cui il figlio è immerso e in cui le possibilità di scelta sono molteplici e magari più allettanti.
C’è però anche un aspetto che non deve essere tralasciato, cioè che anche i giovani ‘costringono’ ad un’integrazione a cui magari un singolo straniero o una famiglia senza figli non sono sottoposti: il contatto con la scuola e quindi con le altre famiglie dei compagni di classe, i nuovi amici che hanno abitudini e interessi che il figlio vuole condividere ed emulare, tutte quelle attività come lo sport, le scuole di arabo e Corano, ecc.. che comportano un contatto diretto con altre persone di diversa provenienza.
La famiglia è un punto di riferimento necessario per tutti i ragazzi stranieri e non, i quali cercano di condividerne le tradizioni, ma, soprattutto nel periodo adolescenziale, i riferimenti del mondo esterno sono molto potenti e quindi i giovani cercano sempre una via di mezzo tra le tradizioni di origine e quelle nuove, cercano sempre di essere accettati nel mondo che li circonda, di ottenere approvazione. I figli si trovano in una situazione cruciale che li sballotta tra la riconoscenza verso i genitori per avergli offerto, a proprio rischio, migliori condizioni di vita, e tra una doppia appartenenza che mette a rischio la ‘lealtà famigliare’.
«Sono qua dal periodo delle elementari. Non prego tutti i giorni, lo faccio quando mi ricordo e faccio il ramadan, ma con fatica lo rispetto perché lavoro. I miei vanno in Marocco per il mese di ramadan, ma io lo faccio lo stesso perché so che mio padre ci tiene, ma poi, dato che loro non ci sono, esco tutte le sere a divertirmi con le amiche e faccio molto tardi».
Il padre non le permette di stare fuori fino a tardi e lei non fa fotografie delle sue serate perché sa che i genitori non hanno piacere di vedere che esce anche con amici maschi, il padre vorrebbe che avesse un ragazzo del Marocco e a casa parlano tra loro solo arabo e guardano programmi delle televisioni del Marocco.
Solitamente i giovani nati in Italia o arrivati nel paese molto piccoli, prima dell’età scolare, hanno un’integrazione facilitata dal fatto di non avere alcun riferimento dal luogo in cui provengono i genitori, soprattutto le amicizie e la lingua; mentre quei giovani che vengono in Italia dopo aver cominciato già nel paese di origine a frequentare la scuola, ad avere amici la situazione di integrazione è più complicata perché i riferimenti al passato sono tanti. È necessaria la ricostruzione di tutti i legami di amicizia, a volte anche famigliari (dopo i ricongiungimenti) e il gap linguistico è sentito in maniera potente, tanto che nei primi periodi si preferisce frequentare connazionali con cui la comunicazione è facilitata.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dinamiche e modelli dell'immigrazione musulmana a Bologna

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Informazioni tesi

  Autore: Martina Fraternali
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze Antropologiche
  Relatore: Daniele Cevenini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 73

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