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Il ravvedimento operoso

L’origine e la ratio del ravvedimento operoso

Il ravvedimento operoso costituisce uno strumento fondamentale nel quadro del sistema sanzionatorio tributario. L’istituto garantisce la possibilità, al contribuente che si trovi in errore, di rimuovere autonomamente l’illecito, beneficiando così di una riduzione sulle sanzioni che altrimenti gli sarebbero applicate attraverso uno strumento ad hoc.

Prima di entrare nel vivo dell'analisi del ravvedimento occorre soffermarsi sull'origine del termine. L’espressione ravvedimento, infatti, è stata ripresa dal diritto penale dove rientra nella categoria delle circostanze attenuanti. L'articolo 62 del Codice Penale prevede una circostanza attenuante per il reo che, post delictum, si sia prodigato per riparare il danno causato, ovvero si sia attivato per rimuovere le conseguenze dannose del reato. Il colpevole è tenuto ad attivarsi in maniera spontanea, mostrando la propria resipiscenza, e mettendo in atto le azioni riparatrici anteriormente al giudizio di primo grado. L’utilizzo del termine ravvedimento operoso potrebbe rivelarsi impreciso siccome, nel caso di specie, l’autore dell’illecito rimedia ad un danno che si è già prodotto, a differenza del ravvedimento penale, in cui l’autore di una condotta illecita pone in essere delle azioni atte ad impedire il prodursi di ulteriori conseguenze dannose o pericolose. L’istituto presenta tratti comuni anche con l’istituto penale del recesso attivo, poiché consente di evitare il compimento di violazioni legate a quelle che sono già state commesse.

Fino al 1990 l’istituto non ha trovato spazio all’interno del nostro ordinamento, anche se erano già previste talune fattispecie di riduzione o esclusione dall’applicazione delle sanzioni. Ad esempio per le imposte sui redditi era prevista la possibilità di presentare una nuova dichiarazione entro 30 giorni, con l’applicazione delle sanzioni ridotte a un quarto. Tale dichiarazione non era da considerarsi integrativa, ma sostitutiva rispetto alla precedente. In questo modo si poteva rimediare sia agli errori commessi in sede di dichiarazione che rimediare all’omissione della stessa. E‘ da rilevare che la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa per un periodo d’imposta già chiuso era possibile, senza sanzioni, solo in sede di condono.

La legge 29 dicembre 1990, n. 408, introduce ufficialmente l'istituto del ravvedimento operoso nel panorama del sistema sanzionatorio tributario, anche se solo con riferimento alle imposte dirette e all’IVA. La sistematizzazione dell’istituto ha consentito di ridurre il ricorso ciclico ai condoni che consentivano un vantaggio immediato per le casse dell’erario, ma non sensibilizzavano adeguatamente i contribuenti verso l’assolvimento dei doveri tributari. Grazie all’avvento dell‘istituto si è realizzata compiutamente la distinzione, fondamentale, tra tardività ed omissione di un adempimento. In assenza di questo meccanismo premiale il contribuente sarebbe stato punito in maniera uguale sia in caso di minimo ritardo che di omissione totale.

Per quanto concerne le regolarizzazioni in materia di IVA, la normativa poteva dirsi già abbastanza articolata in confronto alle imposte sui redditi. La legge 408/1990 ha perlopiù provveduto ad ampliare i termini per procedere alla correzione degli errori. Tale provvedimento ha presentato notevoli carattere di innovatività per le imposte dirette, visto che è stata introdotta per la prima volta una disciplina organica per le dichiarazioni integrative. La norma dava la possibilità al contribuente di presentare la dichiarazione a proprio sfavore, per correggere errori ed omissioni, nel termine di due anni. Erano state poste delle norme di salvaguardia, sia in materia di IVA che di imposte dirette, con cui veniva impedito l’accesso al ravvedimento nel caso in cui fossero iniziati accessi, ispezioni o verifiche, o la violazione fosse stata comunque constatata.

Le esigenze di riformare il sistema delle sanzioni tributarie, sino ad allora lacunoso e disorganico, hanno trovato compimento con la legge delega del 23 dicembre 1996, n. 662. La delega contenuta nell'articolo 3, comma 133, lettera l, della legge 662/1996, imponeva l’obbligo all‘esecutivo di introdurre circostanze esimenti ed attenuanti che avessero favorito l'assolvimento, seppur tardivo, degli obblighi tributari. La delega ha trovato attuazione con i D.lgs. del 18 dicembre 1997, n. 471, 472 e 473. A seguito di questa riforma, in vigore dal 1 aprile 1998, il ravvedimento operoso ha trovato finalmente una sistemazione organica all’interno dell’apparato sanzionatorio tributario.

L'articolo 13 del D.lgs. 472/1997 muta la veste dell'istituto, ampliandone l'ambito di operatività. Il ravvedimento, da strumento applicabile esclusivamente all’IVA e alle imposte dirette, diventa un istituto premiale che si applica alla generalità dei tributi. Vengono così superate le critiche mosse in passato relativamente alla limitata operatività dell’istituto, che escludeva anche categorie rilevanti di contribuenti. Viene riconosciuta la possibilità di sanare tutti i tipi di violazioni, formali o sostanziali, commesse dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto tenuto all'assolvimento degli obblighi tributari, concernenti ogni tipo di tributo.

Il contribuente ha la possibilità di ottenere una riduzione della sanzione a fronte della sua attivazione nella rimozione della violazione, entro un determinato lasso temporale. Il Fisco rinuncia in parte al proprio potere punitivo per fare in modo che il trasgressore possa regolarizzare la propria posizione, correggendo gli errori compiuti o eseguendo gli adempimenti omessi. Con il ravvedimento non si produce una cancellazione ex tunc della violazione sanata. Questo elemento viene confermato dal fatto che il trasgressore è comunque tenuto a corrispondere la sanzione, seppure in misura ridotta, oltre che dalla circostanza che in alcuni casi la legge specifica l’irrilevanza delle violazioni regolarizzate ai sensi dell’articolo13.

L’istituto consente di realizzare congiuntamente sia gli interessi del contribuente che dell‘erario. Il Fisco, in special modo, ha l'occasione di procedere al recupero del tributo dovuto in maniera rapida e di procedere, inoltre, all'eliminazione di situazioni giuridiche potenzialmente pericolose.

L‘avvento del ravvedimento ha consentito l‘introduzione di maggiore flessibilità nel sistema sanzionatorio tributario, caratterizzato in passato da opportunità molto limitate per i contribuenti che avessero voluto mettersi in regola. Lo sconto garantito al trasgressore che si mette in regola costituisce sia un premio per la resipiscenza mostrata dallo stesso contribuente, sia l'interesse dello Stato ad incassare i tributi in maniera celere, garantendo l’efficientamento dell’azione amministrativa. Il ravvedimento operoso, vista la sua natura premiale, si inserisce a pieno titolo nell’insieme degli istituti che rispettano il principio dell’ordinamento giuridico audiatur et altera pars, grazie alla sua attività di prevenzione della lite tributaria, analogamente ad altri strumenti di prevenzione della lite tributaria, quali il diritto di interpello, l’accertamento con adesione, l’autotutela dell’Amministrazione finanziaria e la conciliazione giudiziale.

La disciplina del ravvedimento si discosta da quella della definizione agevolata, disciplinata dall‘articolo 16 del D.lgs. 472/1997. Con quest’ultimo istituto viene operata una riduzione sulla sanzione in concreto irrogata e non su quella applicabile in astratto. Tutte le violazioni sono comunque definibili, anche in sede di contraddittorio con gli Uffici. Il ravvedimento operoso non prevede contraddittorio: il contribuente si autopunisce e il risparmio ottenuto nell'attività di controllo svolta dall'Ufficio viene ripagato con una riduzione sulle sanzioni, più sostanziosa rispetto al caso della definizione agevolata.

In seguito all’entrata in vigore del D.lgs. 472/1997, sono stati emanati in seguito alcuni decreti che hanno rivisto parzialmente la disciplina dell’istituto. Il riferimento va ai vari provvedimenti che hanno introdotto la possibilità di correggere in maniera gratuita le violazioni formali, la liquidazione del ravvedimento ad opera dell’Ufficio, le varie modifiche applicate alle riduzioni sanzionatorie e l’aumento da 30 a 90 giorni del termine entro cui è possibile ravvedere l’omessa dichiarazione.
La legge 190/2014, è intervenuta nel modificare in maniera profonda l’istituto.
A seguito di tali modifiche il ravvedimento è destinato ad assumere un ruolo cardine nella fase che precede l’accertamento tributario. Allo stesso tempo il ravvedimento amplifica la propria indole di strumento di deflazione del contenzioso, andando a sostituire progressivamente tre istituti vigenti.

L’intervento del legislatore ha inciso essenzialmente lungo tre direttrici:
1. vengono ampliate le previsioni del comma 1, introducendo le nuove lettere a-bis), b-bis), b-ter), b-quater), le quali consentono al contribuente di potersi ravvedere senza più limiti temporali. I termini per il ravvedimento sono stati allineati a quelli per l’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria;
2. è stata ridotta notevolmente la portata delle cause ostative che impediscono l’accesso al ravvedimento, relativamente ai soli tributi gestiti dall’Agenzia delle entrate;
3. il ravvedimento andrà a sostituire, a partire dal 2016, tre istituti deflativi del contenzioso.

Il legislatore, pertanto, è intervenuto in maniera radicale nella sostanza dell’istituto, qualificando come irrilevanti per la sua efficacia le preclusioni oggettive e temporali prima operanti. Così facendo si è allontanato dall’originaria ratio che sorreggeva e giustificava il ravvedimento operoso (ossia il pentimento spontaneo in tempi brevi del trasgressore) per abbracciare un’impostazione che sembrerebbe più condonistica. In parallelo, però, occorre valutare il ruolo che riveste l’istituto nell’ottica del dialogo fra contribuente e Fisco. Il contribuente verrà reso edotto delle informazioni in possesso dell’Amministrazione finanziaria, potendo così procedere alla correzione dei propri errori, anche in maniera preventiva rispetto alla presentazione della dichiarazione. V’è da dire che la spontaneità del comportamento del contribuente è stata posta in secondo piano a favore di una maggiore compliance del contribuente, unita alla semplificazione degli adempimenti fiscali e di un maggior gettito per l’erario.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ravvedimento operoso

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Informazioni tesi

  Autore: Mattia Borsini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Mauro Beghin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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