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Il problema dei simboli religiosi. Profili storico – giuridici

L' hijab e l'ordinamento francese

La Francia più degli altri Paesi ha dovuto confrontarsi con l'utilizzo del'hijab islamico: in particolare si è posta la questione relativa alla compatibilità dell'adozione del velo da parte di alcune studentesse con il principio di laicità sancito dall'art. 1 della Costituzione del 4 ottobre 1958: «La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Essa assicura l'eguaglianza dinanzi alla legge a tutti i cittadini senza distinzioni di origini, di razza o di religione. Essa rispetta tutte le credenze».

In nome del principio di laicità, nell'ottobre del 1989 il preside di una scuola media dispone che non può essere esibito nessun simbolo religioso o politico da parte degli allievi. Il problema riguarda la composizione di due interessi contrapposti: la stretta neutralità dello spazio pubblico e la libertà di coscienza dell'individuo. In virtù di tale disposizione, il 18 settembre vengono sospese dall'istituto tre allieve perché rifiutano di togliersi l'hijab durante le lezioni. Successivamente alla diffusione di episodi simili in altre parti della Francia, il Ministro dell'Educazione nazionale dell'epoca, il socialista Lionel Jospin, chiede un parere al Conseil d'Etat sulla base dei dati normativi interni (in particolare i principi costituzionali, la legge del 1905 e quella recente del 10 luglio del 1989 di orientamento sull'educazione, che aveva riconosciuto agli alunni il diritto di espressione all'interno della scuola) in base ai quali la questione deve essere risolta attraverso il rispetto da un lato del pluralismo che caratterizza la scuola, dall'altro mostrando tolleranza verso le manifestazioni esteriori della fede delle studentesse. Il Consiglio di Stato si pronuncia il 27 novembre del 1989 affermando che «negli istituti scolastici l'uso (le port), da parte degli alunni, di segni attraverso i quali essi intendono manifestare la loro appartenenza a una religione non è di per sé incompatibile con il principio di laicità, nella misura in cui costituisce esercizio della libertà di espressione e di manifestazione di credenze religiose».

Viene così proibito l'uso di segni religiosi che per «loro natura» o per «le condizioni nelle quali siano portati individualmente o collettivamente, o per il loro carattere ostentato (ostentatoire) o rivendicativo costituirebbero un atto di pressione, di provocazione, di proselitismo o di propaganda; comporterebbero una lesione alla dignità o alla libertà dell'alunno o di altri membri della comunità scolastica; comprometterebbero gravemente la loro salute o sicurezza; perturberebbero lo svolgimento delle attività di insegnamento e il ruolo educativo degli insegnanti; turberebbero l'ordine nell'istituto o il funzionamento del servizio pubblico».
Il parere poi rinvia ai regolamenti interni dei singoli istituti per la determinazione delle sue modalità applicative, precisando che le eventuali procedure disciplinari vengano affidate alla competenza dei direttori e dei capi d'istituto. Secondo il Consei d'Etat, la possibilità di portare un segno religioso a scuola, proprio perché è espressione di un diritto fondamentale, è da considerarsi la regola, mentre il divieto costituisce un'eccezione ammessa solo in presenza di determinate circostanze. Non è il segno religioso ad assumere quel carattere ostentatoire, ma il modo in cui viene portato ed ostentato a scuola (le port ostentatoire d'un signe religiose), e quindi il comportamento concretamente assunto dall'alunno: di proselitismo, di propaganda, provocazione.
A precisare il ruolo dei capi d'istituto, chiamati ad instaurare un dialogo con le alunne e le rispettive famiglie al fine di approdare ad una soluzione di compromesso o di convincerle a desistere da tali comportamenti, intervengono due circolari: la prima del 1989 del ministro Jospin (12 dicembre 1989), che accoglie l'orientamento liberale espresso dal Consiglio di Stato, la seconda del 1994 del ministro Bayrou (circolare n. 1649 del 20 settembre 1994) appartenente ad un governo di centro-destra.
Tale ultimo ministro si discosta dal parere del Conseil d'Etat ed emana una circolare con la quale vieta l'uso in ambito scolastico dei «segni ostentatori, che sono di per sé segni di proselitismo» ma non di quelli «discreti». Tale circolare legittima l'adozione di altri provvedimenti di espulsione nei confronti delle studentesse che indossassero l'hijab.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il problema dei simboli religiosi. Profili storico – giuridici

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Marina Valsiglia
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Mario Tedeschi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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Parole chiave

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