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Economia e felicità: evidenze e paradossi delle società occidentali

L'economia della felicità 

A partire dagli ultimi decenni si è sviluppato il filone dell'economia della felicità, un fenomeno multidimensionale di ricerche ed eventi incentrati sull'analisi del rapporto tra il reddito e la felicità soggettiva. 
Tale rapporto presenta delle costanti un po' in tutte le grandi religioni e culture tradizionali, che possono essere così individuate: 
a) i beni materiali sono mezzi per qualcos'altro; 
b) i beni sono importanti per vivere bene, ma sono anche pericolosi perché su di essi si concentra un istinto primario e potente quale è il desiderio di possedere. Non a caso, in tutte le culture sono presenti norme morali che condannano l'attaccamento ai beni e l'avarizia e ne regolano l'utilizzo per evitare che i beni si trasformino in mali; 
c) i beni sono anche, e soprattutto, dei simboli riferiti a status, appartenenza sociale e legami; il rapporto di tali fattori con la felicità è sempre mediato da questi simboli; 
d) i beni non devono distruggere la comunità; da qui le leggi che regolano gli scambi, l'eredità, i confini della proprietà che, seppur in molte varianti, si ritrovano in tutte le culture tradizionali. 

Il rapporto con i beni è quindi naturalmente concepito all'interno della vita comunitaria e religiosa. Nel tentativo di definire il rapporto tra economia e felicità, l'economista Amartya Sen afferma che “la ricchezza non è il bene ultimo che cerchiamo: la perseguiamo soltanto in vista di qualcos'altro. In generale abbiamo ottime ragioni per desiderare un reddito o una ricchezza maggiore; e non perché ricchezza e reddito siano in sé desiderabili, ma perché normalmente sono un ammirevole strumento per essere più liberi di condurre il tipo di vita che, per una ragione o per un'altra, apprezziamo. L'utilità della ricchezza sta nelle cose che ci permette di fare, nelle libertà sostanziali che ci aiuta a conseguire”. 

Occorrerà attendere lo scardinamento di questi valori operato dalla modernità perché si infranga la concezione classica del rapporto tra i beni e la felicità: la felicità dell'individuo si distingue e si separa da quella della comunità, e i beni da mezzo diventano fine. Questo processo culturale rappresenta il presupposto del paradosso moderno della felicità. 

L'economia della felicità è sempre più oggetto anche di eventi di rilevanza internazionale e politica, tra tutti la conferenza internazionale “Beyond GDP” (“Oltre il PIL”) tenutasi il 19 e 20 novembre 2007 a Bruxelles. La conferenza è stata organizzata dalla Commissione europea, dal Parlamento Europeo, dall'OCSE e dal WWF. L'evento ha richiamato leader politici, rappresentanti di governo ed esponenti di istituzioni chiave come la Banca Mondiale e le Nazioni unite con l'obiettivo di chiarire quali possano essere gli indicatori più appropriati per misurare il progresso reale di una società. 

Eventi dello stesso tipo sono stati realizzati anche a livello nazionale. Tra i più recenti, abbiamo il convegno tenutosi il 28 giugno 2013 a Firenze, nel salone dei 500 di Palazzo Vecchio. L'evento dal titolo “Oltre il Pil” mirava a fornire il contributo delle scienze verso una nuova concezione economica e politica del benessere. L'iniziativa è stata promossa dalla scuola di specializzazione in Psicologia della Salute, alla Sapienza Università di Roma, in stretta collaborazione con l'Ordine degli Psicologi della Toscana e il Comune di Firenze. Hanno aderito autorevoli protagonisti delle neuroscienze, della psicologia e della sociologia del benessere, in stretto rapporto con protagonisti dell'economia, della statistica econometrica e della politica. 
A scopo di ricerca sono stati coinvolti anche gli istituti universitari, in primis l'Università Bicocca di Milano e l'Università di Trento. 

Il tema ha richiamato anche l'attenzione mediatica, culminando nella realizzazione nel 2011 del film-documentario “The Economics of Happiness”. La regista Helena Norberg-Hodge elenca otto scomode verità sulla globalizzazione. Viene definito lo stato di salute della civiltà occidentale e poi l'elenco di cosa non funziona, di come biologicamente e culturalmente, la nostra idea di esistenza si sia tramutata in spirito di sopravvivenza, con pochi slanci di vitalità e tanti momenti di sconforto. 

L'assioma della regista è che un mercato capitalista che promuove eccessivamente la liberalizzazione del traffico commerciale, senza tenere conto delle diversità di popoli e nazioni, è un sistema che rende infelici. 

Questo brano è tratto dalla tesi:

Economia e felicità: evidenze e paradossi delle società occidentali

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Informazioni tesi

  Autore: Grazia Prigionieri
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Economia e Management del Turismo
  Corso: Economia del Turismo
  Relatore: Maria Letizia Guerra
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 109

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