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Medicina comunitaria e educazione alla cittadinanza in contesti multiculturali: la Escuela Latinoamericana de Medicina di Caracas

"L'educazione è politica"

Per capire come la politica, in quanto modello di valori, sia profondamente legata all'educazione impartita nella scuola presentiamo due estratti: il primo, editato da Fundayacucho, tratta de la pedagogia di Freire, uno dei pedagoghi ai quali più s'ispira la pedagogia dell'ELAM, il secondo è parte di una più amplia conferenza tenuta nella scuola dalla Dott.sa Magaldy Téllez professoressa dell'Università Centrale del Venezuela.

"Il metodo di Freire è fondamentalmente un metodo di cultura popolare, che a sua volta si traduce in una politica popolare: non c'è cultura nel popolo senza una politica del popolo. (...) Freire non confonde il piano politico con quello pedagogico, quello fa è riunirli al di sotto della stessa idea e cioè che l'uomo e la donna si storicizzano e cercano di ritrovare se stessi attraverso l'educazione. (...) Per lui l'educazione è lettura del mondo per trasformarlo.
(...) alla luce delle idee di Freire, partiamo dall'idea che tutte le educatrici e gli educatori sono politici, coscienti di questo oppure no. La politicizzazione della pedagogia si realizza come un atto di riappropriazione della sovranità politica degli oppressi associata alla sovranità cognitiva, che ha a che vedere con la costruzione del sapere collettivo e la produzione di conoscenze attraverso una partecipazione che porti a vivere una vita piena e dotata di un vero senso. (...) Nessuna pratica pedagogica è neutrale, ma in quanto umana, è direttiva, carica di obiettivi, sogni, utopie, ideali, frustrazioni, paure e desideri; ciò esige dagli educatori sapere, competenze, e sopratutto impegno riguardo al compito di contribuire allo sviluppo della coscienza critica dello studente come artefice della sua formazione attraverso l'autonomia e il rispetto"

"I profondi cambi che oggi sperimentiamo esigono un ripensamento dell'educazione, creando le condizioni per costruirla come campo di problematicità, intendo dire che è necessario azzardarsi a demistificare ciò che è stato stabilito, scuotere abitudini e costumi, aggredire ciò che è considerato sacro per riinterrogarlo attraverso l'esercizio della critica, concependo la critica come un movimento di delegittimazione del dato per certo, con tutto il carico di rischi e possibilità che questo implica. (...) Sarà necessario uscire da questo luogo del sapere che naturalizza, neutralizza e normalizza, e accettare che colui che apprende è un soggetto lanciato all'avventura del pensare, dire, fare e sentire in un altro modo. (...) Si tratta di costruire un nuovo immaginario pedagogico e una nuova prassi che interpelli il pensiero per continuare a resistere, per azzardarsi a pensare il possibile, resistendo ai modelli formativi dominanti che imprigionano l'incertezza e la tensione verso il sapere, escludendo ogni possibilità di critica e creazione nello spazio educativo. Resistere, inventando un modo alternativo di pensare, dire, sentire e fare ciò che chiamiamo educare, tenendo conto che in questo si gioca l'etica e l'estetica dell'esistenza. (...)
Tutti abbiamo e abbiamo avuto l'occasione di costatare che esistono relazioni di potere che affettano negativamente la vivace recettività caratteristica della volontà di appartenere con gli altri. Abbiamo però imparato, che la vita vissuta con gli altri, contiene un potenziale grazie al quale il proprio mondo può iniziare a confrontarsi con la critica e la creazione. Per questo recuperare la paideia che fa da base unica ad una comunità di diversi, che non si chiudano su se stessi, ma si aprano alla differenza come relazione, assumendo la comunità di molteplicità come forma di stare al mondo.
(...) Stare con gli altri, parlare con gli altri è impraticabile senza la creazione di una comunità aperta e plurale, perché solo in essa è possibile modificare stati esistenti e cercare soluzioni. Per questo, l'arte di educare implica l'arte di forgiare "il pubblico" componendo un nuovo modo di stare insieme. La creazione pedagogica cammina insieme alla creazione di una comunità. (...) Questo significa rendersi responsabili di un'altra responsabilità, una responsabilità che si allontana dall'io e scopre l'altro per rispondere di fronte a lui.
Con questo stiamo toccando un'altra dimensione di creazione pedagogica dell'arte di educare, la libertà. La libertà che qui s'intende non è come sostiene Jean Luc Nancy, quella della «autonomia di una soggettività padrona di se stessa e delle sue decisioni, che si evolve senza nessun tipo di blocco, in perfetta indipendenza», ma l'esperienza definitivamente rinnovata che ci rende liberi, l'esperienza di libertà che ci espone sempre all'altro e agli altri. E' una libertà che non può essere altro che «l'essere in comune della libertà». Per questo la libertà è impraticabile senza l'assunzione di decisioni responsabili, nel senso di una perenne esposizione all'altro e risposta di fronte a lui. (...) Per questo la dimensione pubblica, sempre prioritaria rispetto a quella privata, ci permette di pensare l'educazione come spazio d'incontro. E ciò che questo spazio ha d'imprevedibile e d'incalcolabile, è il permetterci d'inserire le pratiche educative nell'apertura indefinita dello spazio di relazione liberato dal a priori che lo delimita e lo imprigiona, per far diventare l'esperienza educativa un'esperienza di libertà (...)."

Questo brano è tratto dalla tesi:

Medicina comunitaria e educazione alla cittadinanza in contesti multiculturali: la Escuela Latinoamericana de Medicina di Caracas

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Informazioni tesi

  Autore: Fabiana Movalli
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze dell'Educazione
  Relatore: Federica Zanetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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