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Le frodi carosello come patologia della tassazione analitico-aziendale

L'elusione fiscale e la frode alla legge, le frodi IVA sono un fenomeno elusivo?

Nel paragrafo precedente si è parlato delle contestazioni interpretative, in cui sovente il Fisco cade nel tentativo di rilevare ricchezza imponibile, contestando appunto quella dichiarata e quindi non fiscalmente registrata, senza considerare, perciò, che il vero problema dell'evasione è proprio la ricchezza occultata in quanto non dichiarata. Giova, a questo punto, stante l'oggetto della presente trattazione, fare una sia pur breve riflessione su quelle contestazioni interpretative riguardanti nello specifico la cosiddetta elusione fiscale.

Come noto, l'elusione si differenzia dall'evasione propriamente detta, in quanto, mentre in quest'ultima, il contribuente facit quod lex prohibet, per riprendere il celebre brocardo usato in riferimento alla figura civilistica del contratto in frode alla legge (si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, art. 13 c.c.), nell'elusione, il contribuente, pur rispettando la lettera della legge, sententiam eius circumvenit, quindi ne tradisce lo spirito. Ci si chiede allora se il fenomeno delle frodi all'IVA, che non può considerarsi evasione se non nelle forme delle false dichiarazioni d'intento di un fornitore che sin qualifica esportatore abituale, possa inquadrarsi tra figure di elusione fiscale, come spesso precisato dalla Corte di Giustizia UE in numerose pronunce sul tema.

Si definisce comportamento elusivo la condotta di chi, pur rispettando formalmente la legge, ne tradisce la ratio ispiratrice, sfruttando le differenze esistenti tra le finalità degli istituti e la redazione tecnica della legislazione.

Facendo una ricerca etimologica sul termine elusione, si ravvede che la stessa parola ha come sua radice il termine ludus, quindi “gioco”. In effetti, chi elude, si fa “gioco” della legge, tradendo l'essenza del sistema, o il suo spirito; nel caso della funzione tributaria, ne tradisce l'essenza che consiste nella determinazione della ricchezza imponibile, con conseguenti indebiti vantaggi sul piano logico-sistematico, ancorché corretti o legittimi in punta di diritto. Si tratta di ad esempio di strumentalizzazioni delle disposizioni vigenti al fine di evitare le doppie imposizioni (societarie ed internazionali), creando di fatto un salto d'imposta, chiamato anche doppia esenzione.

Le pratiche elusive sono attualmente in decrescita, se non addirittura possono dirsi scomparse, da quando, a partire dal 1997, sono state sistematizzate le cosiddette clausole antielusive, che poi sono state dichiarate immanenti nel sistema giuridico da una sentenza della Cassazione del 2008.

Anche parte della dottrina non ha mancato di esprimere la sua rispetto al fenomeno elusivo, su cui verte una questione interpretativa; infatti, secondo la dottrina una delle caratteristiche dell'elusione fiscale è quella di essere ispirata sin dall'inizio dall'unico e dominante intento di risparmiare imposta e di costituire un comportamento anormale rispetto a quelli normalmente adottati in simili condizioni.

Se da una parte è senz'altro vero che l'intento di chi elude la legge è quello di conseguire un proprio personale vantaggio fiscale, dall'altra è a dirsi che il comportamento anomalo non è di per sé elusione, semmai può essere considerato un elemento indiziario, rivelatore solo in un momento successivo di un fenomeno elusivo.

Nonostante ciò, i casi in cui il legislatore ha preferito prendere in considerazione l'elusione risalgono circa alla seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso, periodo storico in cui si registra un maggior accanimento da parte delle istituzioni nei confronti delle pratiche di questo tipo, che in genere riguardavano fenomeni di fusione o scissione di società, per le quali la disciplina era senz'altro più spoglia e la libertà di manovra per un soggetto giuridico sicuramente maggiore.

Un momento importante nella “lotta” all'elusione è stata la Legge n. 408 del 29 dicembre 1990, in base alla quale “É consentito all'amministrazione finanziaria disconoscere ai fini fiscali la parte di costo delle partecipazioni sociali sostenuto e comunque i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di fusione, concentrazione, trasformazione, scorporo e riduzione di capitale poste in essere senza valide ragioni economiche e dallo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio di imposta”.

Successivamente l'avverbio fraudolentemente è stato sostituito dall'espressione usata ancora oggi dall'art. 37bis del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1973, ossia atti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario. L'espressione in sé aiuta a fugare i noti problemi interpretativi cui aveva dati adito l'avverbio “fraudolentemente” in precedenza utilizzato, ma non li ha risolti comunque, visto che, come afferma la stessa dottrina, l'aggiro di obblighi o divieti non trova specifica rispondenza, né definizione, risolvendo pertanto il legislatore un problema ermeneutico per aprirne un altro.

Ciò che rileva a questo punto della trattazione è la considerazione, in qualità di fenomeno elusivo, che la Corte di Giustizia UE (ai tempi dell'abolizione delle dogane Corte di Giustizia delle Comunità Europee) ha fatto delle frodi IVA.

Vedremo come l'operazione diretta a non versare l'imposta sui consumi all'erario per attribuire detrazioni indebite ha una vocazione trilaterale, nel senso che coinvolge, nella maggior parte dei casi, un soggetto giuridico interposto tra altri due soggetti, venditore ed acquirente effettivi. Tale soggetto giuridico, in un momento successivo, si rivela essere una società cartiera, anche detta missing trader.

È questa infatti, ossia la società cartiera, a vendere con applicazione d'imposta merci acquistate senza IVA dal fornitore intra-UE, per poi permettere la detrazione al proprio acquirente senza che ci sia stato alcun versamento da parte sua dell'imposta addebitata. Il giudice europeo ha in realtà considerato elusione ciò che elusione non è, bensì è un'operazione ibrida, che non può essere catalogata nemmeno come vera e propria evasione in senso materiale, dal momento che da un punto di vista strettamente contabile si tratta di un'operazione tutto sommato “pulita”, quindi priva di alterazioni tali da poter dare adito a contestazioni, se non sul piano documentale relativamente al prezzo della merce ceduta.

Da tutto ciò, emerge quanto sia difficile stabilire in modo certo se una determinata operazione possa ricadere o meno nell'orbita dell'elusione fiscale.

Questo dipende soprattutto dal fatto che lo stesso legislatore non ne ha fornito una definizione sufficientemente precisa, risultando esso di difficile determinazione, il che ha poi comportato la tendenza, a partire dagli anni ottanta e novanta del secolo scorso, a mescolare in un unico grande calderone, quello appunto dell'elusione, fattispecie concrete notevolmente diverse tra loro.

Il problema ulteriore se il fenomeno in esame possa considerarsi evasione ex se è risolto dalla considerazione che l'evasione si configura come la violazione aperta e diretta delle norme tributarie, con lo scopo di occultare all'Amministrazione finanziaria, in tutto o in parte, il presupposto o la base imponibile, al contrario dunque dell'elusione, per cui un soggetto realizza un risparmio d'imposta conforme alla lettera della legge, ma contraria alla sua ratio44.

Quindi se da una parte l'evasione, come affermato da alcuni autori, può scaturire anche dall'applicazione non corretta della normativa su un determinato tributo, ad esempio omettendo, in tutto o in parte, più o meno in modo consapevole, la compilazione della dichiarazione dei redditi o la registrazione delle fatture, e l'elusione ha lo scopo di trovare una scappatoia giuridica, con cui il contribuente cerca di non far scaturire il presupposto d'imposta che nell'evasione si cerca invece di occultare. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le frodi carosello come patologia della tassazione analitico-aziendale

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Informazioni tesi

  Autore: Michele Danza
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Raffaello Lupi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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