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Enrico Mattei, qualcuno mi sostituirà

L'Eni - Il nuovo ente

Con la legge 136/10 febbraio 1953 che aveva istituito l'Eni, Enrico Mattei poteva vedere conclusa la sua battaglia iniziata otto anni prima, quando gli era stato affidato dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia la carica di Commissario straordinario per l'Agip nel Nord Italia.

Era stata una battaglia aspra e dura, il cui esito era rimasto fino all'ultimo momento incerto e che lo aveva costretto a giornate lavorative massacranti sacrificando in pratica tutto ciò che fosse altro dal lavoro.

Ma se una battaglia si era conclusa, una guerra stava per iniziare, e sarebbe stata davvero una guerra di Davide contro Golia, in cui la piccola azienda di Stato italiana avrebbe fronteggiato avversarie che denunciavano ogni anno guadagni netti superiori ai prodotti nazionali lordi di stati di piccole dimensioni.

Una guerra che avrebbe portato, non Roma, ma Enrico Mattei da solo, contro i governi di Londra, Washington e Parigi, in una sfida con in ballo interessi economici per miliardi di dollari e interessi politici di caratura mondiale. È difficile trovare le parole per rendere il concetto di quali furono gli interessi che Mattei si trovò a fronteggiare, di quali sarebbero stati i rischi e la sproporzione delle forze, l'entità della posta in gioco: il futuro economico dell'Italia.

Forse la migliore immagine per trasmettere questo concetto è la fotografia del cratere scavato nel terreno bagnato del bosco di Bascapè la sera del 27 ottobre 1962 dal piccolo aereo di Enrico Mattei precipitato al suolo in circostanze misteriose. Ma intanto, a nove anni d'anticipo, il 21 gennaio 1953 Mattei festeggiava: l'Eni era stato creato proprio come lui lo aveva voluto.

Il suo amico Ezio Vanoni, Ministro delle Finanze e del Tesoro, aveva dotato l'Eni di uno statuto e di un capitale iniziale del tutto identico a quello che gli aveva chiesto Mattei; tutto iniziava perciò nel modo migliore. Al nuovo ente era affidata tutta la competenza nel settore delle ricerche, dello sfruttamento e della distribuzione e della vendita degli idrocarburi; poteva acquisire società e controllarne altre; il capitale in dotazione comprendeva beni immobili e mobili per un valore stimato di 15 miliardi: tutte le azioni Agip, Anic, Rosma e Snam, più il fondo dell'Ente nazionale metano che era di 4 miliardi e 582 milioni, oltre a obbligazioni Anic per un valore di 1,6 miliardi, uno stabile a Roma appartenuto al vecchio Comitato italiano petroli del valore di 218 milioni.

A tutto ciò si aggiungevano altri 15 miliardi che lo Stato si impegnava a versare in quattro anni per finanziare la ricerca e lo sviluppo delle fonti petrolifere e metanifere italiane. Si aggiungeva anche la possibilità per l'Eni di emettere obbligazioni per finanziarsi e gli si concedeva di non versare per i primi tre anni i dividendi allo stato (il 65% degli utili dell'Eni era infatti di proprietà dello Stato).

Rispetto alla situazione in cui Mattei aveva trovato l'Agip nel 1945 era proprio un altro mondo! Al potere politico spettava la nomina del Presidente e della Giunta, alla Corte dei Conti il controllo del bilancio; per il resto l'Eni era strutturato in modo da portesi muovere liberamente come una qualsiasi holding privata. Mattei fu da subito il Presidente dell'Eni; Boldrini ebbe la carica di vicepresidente; gli altri componenti della Giunta erano: Dante Crudele, Luigi Imbriani, Longo e Zanmatti.

Secondo lo statuto la direzione dell'Ente spettava alla Giunta in maniera collegiale, ma fino alla sua morte Mattei governò di fatto come un monarca assoluto. Ottenuta la carica la prima cosa che fece fu firmare una lettera di dimissioni, la prima e l'ultima della sua vita, nella quale si dimetteva da deputato (4 marzo 1953). Come deputato Mattei non era certo brillato né si era distinto in alcun modo: come ogni mediocre parlamentare si era occupato soltanto di due cose durante la sua esperienza a Montecitorio: alcuni provvedimenti di aiuto a ex partigiani, cioè al suo "collegio" elettorale; e la legge di istituzione dell'Eni, cioè il vero motivo per cui si era fatto eleggere.

Per il resto era stato uno dei tanti parlamentari assenteisti. Anche queste sue 'dimissioni' non furono dovute ad una suggestione morale, ma ad un nuovo obbligo di legge voluto dal suo storico nemico don Sturzo, il quale evidentemente non pago di aver guidato un piccolo gruppo di democristiani a votare No alla proposta di legge per l'istituzione dell'Eni (ciò votare contro una legge proposta dal loro stesso partito), aveva voluto vendicarsi su Mattei facendo approvare una norma che aveva sancito l'incompatibilità del mandato parlamentare con altre cariche pubbliche. Ma con buona pace di don Sturzo, le dimissioni non dovettero pesare molto all'onorevole Mattei.

La seconda cosa che Mattei fece come Presidente dell'Eni fu quella di organizzare l'Ente in quattro società: L'Agip minerario per la ricerca, l'Agip (e basta) per la distribuzione, l'Anic per la raffinazione e la chimica, la Snam per i metanodotti. Fu in effetti questa l'unica modifica di rilievo che Mattei apportò alla struttura aziendale che aveva creato ancora il 3 agosto 1949 all'Agip, quando subito dopo il successo politico ottenuto con il "colpo di Cortemaggiore", aveva varato per la piccola Azienda petrolifera di Stato un grandioso programma quinquennale di sviluppo e costruito attorno a sé un ristretto gabinetto personale.

L'Eni non fece che ereditare questa anomala struttura dirigente dall'Agip e la soluzione di continuità fu solo formale, legata alle questioni meramente tecniche e burocratiche. Ciò invero, per essere adeguatamente compreso, necessiterebbe di una lunga digressione sul sistema manageriale inventato da Mattei quel 3 agosto 1949 all'Agip ed esteso poi all'Eni.

Un sistema che sembra quasi ricordare quello attuato da Luigi XIV la mattina del 10 marzo 1661, il giorno dopo la morte del Cardinale Mazzarino, quando "convocò nel suo studio privato soltanto tre uomini, che non appartenevano alla sua famiglia, non erano né prelati né generali, né grandi signori feudali, ma erano stati al servizio del cardinale scomparso, informandoli che essi avrebbero dovuto fornirgli il loro parere quando gliel’avesse richiesto e Lui ne avrebbe tenuto conto o no, a sua discrezione."

All'Eni l'organigramma ufficiale non corrispose mai all'effettiva importanza e destinazione dei ruoli. Personaggi che si trovavano secondo l'organizzazione formale in posizioni di scarsa importanza potevano in realtà godere di un potere assai grande, superiore a quello dei membri del Consiglio di amministrazione. Riguardo a certi ruoli addirittura, come a quello di Eugenio Cefis ad esempio, non era neppure possibile comprendere a cosa concretamente fossero destinati. Personaggi esterni all'Eni esercitavano nella pratica importanti funzioni dirigenziali o di collegamento e pubbliche relazioni, che non sarebbe stato possibile neppure immaginare.

Tutto ruotava attorno al ruolo di Mattei, che come un Luigi XIV disponeva su tutto ciò che riguardava il suo regno, l'Azienda di Stato. Il suo pregio era sapersi circondare di collaboratori fra i più valenti e capaci, ma era sempre lui, Mattei, a delegare ad ognuno di volta in volta gli incarichi, senza nessuna considerazione per le cariche che essi ricoprivano e le mansioni ad esse formalmente legate.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Enrico Mattei, qualcuno mi sostituirà

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Possamai
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Giampietro Berti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 161

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