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Alle radici della modernizzazione del Giappone - Politica, società, economia ed espansionismo

L'influenza occidentale e l'apprendimento autonomo del Giappone

Il governo mobilitò un investimento statale considerevole che condusse alla costruzione di una moderna rete di trasporti, ed in particolare all'inaugurazione delle prime 18 miglia della prima linea ferroviaria tra Tokyo e Yokohama nel 1872, ampliata poi fino a 76 miglia nel 1880. In quegli stessi anni le città principali erano collegate da un sistema telegrafico. Gli investimenti negli armamenti statali crebbero, contribuendo al rafforzamento della flotta giapponese. Lo stato intervenne anche nel settore industriale per realizzare fabbriche modello, in cui implementare la tecnologia occidentale e favorire l'iniziativa privata. Alcuni investimenti furono anche promossi per l'industria estrattiva e quella metalmeccanica.47

Da ciò si evince che, anche nel caso degli zaibatsu, lo stato assunse un ruolo nel guidare e controllare con estrema scrupolosità l'indirizzo economico del Paese.
Il Giappone perciò importava tecnologie e conoscenze dall'Occidente, ma divenne rapidamente capace di apprendere in maniera autonoma, riducendo in parte la sua dipendenza da quei Paesi, ricorrendo a elementi o strutture che le pertenevano. Ad esempio durante il periodo Meiji il Giappone dipendeva fortemente per quanto riguardava le proprie ferrovie dall'importazione di locomotive dall'Occidente, fino a che nel 1893 il laboratorio di Kobe fu in grado di fabbricare una locomotiva realizzata sul suolo nipponico.48

Durante il 1870 la Gran Bretagna deteneva il monopolio degli ordini delle locomotive che partivano dal Giappone, anche perché era riconosciuto come Paese leader nel campo dell'industria ferroviaria. In aggiunta a ciò vi erano anche considerazioni politiche ed economiche. Soprattutto il rappresentante inglese in Giappone convinse il governo a costruire linee ferroviarie impiegando però risorse ed ingegneri provenienti dall'Inghilterra. Il fatto che esperti inglesi nel settore ordinassero locomotive dai fornitori in patria aveva stabilito il modello per cui le ferrovie statali continuavano ad acquistare prodotti dalla Gran Bretagna, anche quando gli ingegneri stranieri se ne erano andati, sostituiti da specialisti nipponici, che avevano acquisito le competenze grazie all'apprendimento a cui li avevano sottoposti gli stessi inglesi.49
 
Lo stato, gestendo "dall'alto" l'industrializzazione, non importò conoscenze occidentali solo attraverso la tecnologia o ricorrendo ad esperti e consiglieri stranieri, ma organizzò anche di sua iniziativa missioni in Europa e negli Stati Uniti. La Missione che partì nel 1871, che visitò gli Stati Uniti e molti altri Paesi Europei e fece ritorno nel 1873, fu organizzata per revisionare i "trattati ineguali" e per acquisire una conoscenza diretta dell'Occidente. Nonostante l'insuccesso diplomatico perché non si raggiunse la modifica dei trattati auspicata, i membri della Missione Iwakura poterono però attingere a conoscenze della cultura, dell'economia e delle istituzioni, riportando indietro una mole preziosa di scritti. Essi permisero anche di chiarire la situazione di arretratezza del Giappone in alcuni campi, soprattutto quello militare.50

Lo stesso conte Okuma ribadiva come: "These latter were made to travel through civilized countries for the purpose of observing and examining their social, industrial, and political institutions, with a view to transplanting to Japanese soil whatever seemed to them likely to bear good fruit".51 Un ulteriore spunto interessante può essere ricordare che nel 1885 il Giappone aveva stabilito un sistema di brevetti e per incoraggiare il trasferimento tecnologico nel 1899 aveva anche sottoscritto la Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà industriale, in modo tale che inventori stranieri potessero veder legittimati e tutelati i diritti di proprietà intellettuale sulle proprie invenzioni.52

Per concludere occorre però ricordare quanto Caroli e Gatti sostengono: "L'occidentalizzazione del Giappone Meiji […] fu non un fine, ma uno strumento per realizzare il fukoku kyōhei […] in cui l'accoglienza di istituzioni, idee o usanze straniere non implicò necessariamente un rifiuto della tradizione tout court." 53


47 Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Laterza, 2017, p. 146
48 Steven J. Ericson, "Importing Locomotives in Meiji Japan: International Business and Technology Transfer in the Railroad Industry", Osiris, vol. 13, 1998, p. 130, http://www.jstor.org/stable/301881?seq=1#page_scan_tab_contents (03.05.2017) (T.d.A)
49 Ivi p. 132
50 Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Laterza, 2017, pp. 146-147
51 Count Okuma, "The Industrial Revolution in Japan", The North American Review, vol. 171, n. 528, 1900, p. 681, http://www.jstor.org/stable/25105079?seq=1#page_scan_tab_contents (04.01.2017)
52 Tom Nicholas, "Hybrid Innovation in Meiji Japan" International Economic Review, vol. 54, n. 2, 2013, p. 579, www.jstor.org/stable/24517179?seq=1#page_scan_tab_contents (03.05.2017) (T.d.A)
53 Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Laterza, 2017, pp. 147-148

Questo brano è tratto dalla tesi:

Alle radici della modernizzazione del Giappone - Politica, società, economia ed espansionismo

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Informazioni tesi

  Autore: Valeria Santarelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lingue straniere per la comunicazione internazionale
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Giovanni Bernardini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 40

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Parole chiave

giappone
prima guerra mondiale
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