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L'Oriente è Green - Politiche di sviluppo sostenibile e Green Economy in Cina

La Cina “al verde”

Un esempio di come le esternalità ecologiche negative possano pesare sulla crescita economica di un Paese, proviene proprio dalla Cina. Nel 2004, l’allora Agenzia di Stato per la Protezione Ambientale avviò, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale di Statistica, un progetto di misurazione del Pil Verde (Green GDP), un’iniziativa avallata dallo stesso Presidente Hu Jintao, che ne aveva fatto menzione in un discorso sul suo concetto di sviluppo scientifico (Rauch & Chi, 2010).
Misurato su base provinciale, questo indicatore sarebbe servito a quantificare i costi derivanti dalle perdite ecologiche (inquinamento e consumo di risorse), incentivando così i governi locali a migliorare i propri standard di sostenibilità (Cary, 2011).
A livello internazionale, non esiste consenso unanime riguardo alle modalità di misurazione del Pil Verde e le metodologie possibili vengono raggruppate sinteticamente in tre tipologie: Pil Verde basato sul consumo delle risorse, Pil Verde basato sul costo del degrado ambientale e Pil Verde basato sulla spesa pubblica per le misure di protezione ambientale. Nel caso cinese la scelta cadde sulla prima forma di misurazione, incentrata sui valori relativi alle emissioni atmosferiche, ai rifiuti solidi e alla contaminazione delle acque, dati maggiormente accessibili e di più facile calcolo (Liu & Guo, 2005).
Aldilà della scelta teorica, lo spettro dei parametri utilizzati appare decisamente limitato: le categorie inquinanti prese in esame erano appena nove, senza alcuna attenzione ai fenomeni d’inquinamento del suolo e delle falde acquifere, inoltre i costi del welfare dovuti all’inquinamento non vennero minimamente inclusi nel calcolo (Rauch & Chi, 2010); con queste premesse, le statistiche sull’impatto economico dei danni ecologici fornirono inevitabilmente dei valori sottostimati.
Un forte sostenitore del progetto era il viceministro alla Protezione Ambientale Pan Yue, fiducioso del fatto che il Pil Verde avrebbe condotto ad una migliore al-locazione dei costi nel settore industriale e ad un cambiamento dei criteri di valutazione per quanto riguardava le performance dei funzionari locali. In proposito, fu tuttavia lo stesso Pan Yue, intervistato dal Quotidiano del Popolo, a dover riconoscere i limiti politici dell’ambiziosa iniziativa:
In passato, la crescita del Pil è servita come unico criterio per le performance dei funzionari. Se prendiamo in considerazione la crescita economica, lo sviluppo sociale e la protezione ambientale per la valutazione delle prestazioni delle prestazioni, molti di loro non ne avranno una corretta comprensione, diventando così una resistenza al sistema. (Quotidiano del Popolo, 2004)

Le sorti del progetto hanno in seguito confermato I timori del viceministro. Nell’agosto dello stesso anno vennero annunciati i primi risultati, relativi alla provincia settentrionale dello Shanxi: nel periodo preso in esame, a fronte di una crescita economica del 11,2%, le perdite ecologiche erano costate il 10,9% della ricchezza provinciale, erodendo il margine di crescita fino ad un sottile 0,3% (Cary, 2011).
All’interno del rapporto completo del progetto, pubblicato nel 2006 e realizzato sulla base di un campione di 10 province e municipalità, venne rilevato come per l’anno 2004 le perdite ecologiche dovute all’inquinamento ammontassero a 511,8 miliardi di yuan (61,5 miliardi di euro), corrispondenti al 3,05 % del Pil cinese, un risultato che spinse numerosi governi provinciali a minacciare l’abbandono del progetto pilota. I risultati del rapporto sul Pil Verde per l’anno 2005 non vennero mai resi noti e nel marzo del 2007 il progetto venne definitivamente bloccato (Cary, 2011). Ben più delle difficoltà tecniche insite nella raccolta dei dati, il principale fattore che determinò l’impasse del Pil Verde in Cina fu chiaramente la resistenza dei funzionari locali, diffidenti verso un indicatore che avrebbe messo in discussione la propria legittimità al potere sia verso l’opinione pubblica che verso Pechino. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'Oriente è Green - Politiche di sviluppo sostenibile e Green Economy in Cina

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Informazioni tesi

  Autore: Giacomo Onorati
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Studi dell'Africa e dell'Asia
  Relatore: Axel Berkofsky
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 133

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