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'C'è poco da ridere'. Ironia e umorismo nella relazione d'aiuto

La comunicazione ed il comico

Se “comunicare” significa mettere in comune l’oggetto della comunicazione tra due o più interlocutori, allora ironia e umorismo rappresentano sicuramente forme di comunicazione, anche se la prima differisce dal secondo nella sua dimensione meta-comunicativa; essere ironici significa, infatti, produrre segnali tali per cui il contenuto del messaggio sia rivisto dal destinatario alla luce di questi indici meta-comunicativi.

L’umorismo al contrario rappresenta un tipo di comunicazione meno strutturata e quindi più diretta, meglio comprensibile per il destinatario. Ma come avremo occasione di verificare successivamente, ironia e umorismo presentano affinità dal punto di vista delle ragioni profonde che ne stimolano l’uso. In quanto strumenti di comunicazione, ritengo sia utile ricordare alcuni elementi base relativi al linguaggio ed alla comunicazione. A livello di comunicazione è possibile affermare che esiste una parte geneticamente acquisita, cioè la predisposizione all’uso della parola, ed una parte socialmente acquisita, ossia degli schemi di pensiero.

Il linguaggio non è spontaneo, in virtù del fatto che esistono sempre e comunque delle differenze (ad esempio codici diversi per paesi diversi), così come non è sufficiente usare gli stessi termini per capirsi, in quanto il linguaggio è fatto di altro, oltre che del semplice parlare. Secondo il modello di R. Jakobson (1966), comunicare è un evento che implica la presenza di 6 fattori:

a. mittente;
b. destinatario;
c. messaggio, ossia quanto si cerca di mettere in comune con l’interlocutore;
d. contesto, è il fattore che orienta la comprensione della comunicazione.

Quando tratteremo più avanti il messaggio ironico avremo occasione di verificare quanto sia importante questo fattore per la comprensione del messaggio non di livello 0; e. canale, ossia il tramite sensoriale attraverso cui si muove il messaggio; f. codice, cioè la consapevolezza delle regole e dei processi attraverso cui viene costruito il messaggio; La comunicazione implica almeno la presenza di 2 attanti (nel soliloquio la persona comunica comunque con una parte scissa del proprio Sé).

Parlare è la risposta ad uno stimolo (modello S/R), risposta determinata, oltre che dalla presenza di un patrimonio filogenetico (Heidegger e Lacan direbbero che l’uomo “è parlato”), anche dall’educazione, dalla riflessione, dall’interposizione di un’area psichica che medi tra stimolo e risposta. Quest’ultima affermazione è utile per affermare che la comprensione di un dialogo non è univoca, ma è soggettiva e determinata dall’esperienza.

La presenza del fattore contesto relativo alla comunicazione, suggerisce che qualsiasi forma di comunicazione sia contestualizzabile, ossia può mutare di significato a seconda dell’ambiente all’interno del quale la comunicazione viene prodotta. Quindi comunicare non significa trasmettere parole, piuttosto si rivela come una produzione di senso, elemento costitutivo del messaggio. In questo senso F. de Sausurre (1968) affermava che il senso è costituito dal legame arbitrario tra l’immagine acustica ed un soggetto. Il legame che mette in relazione significante (immagine acustica) e significato (concetto) è arbitrario, ma una volta che questo sia stato definito deve rimanere, pena la incomunicabilità.

Da quanto sostenuto fino a questo punto è possibile avanzare l’ipotesi che comunicare non è solo una produzione di parole, piuttosto si tratterebbe di un’operazione sinergica tra emittente e destinatario, all’interno della quale quest’ultimo parteciperebbe attivamente decodificando il messaggio.

Risulta infatti evidente come la materia sonora di cui si compone la comunicazione rappresenti un continuum che, a seconda delle operazioni di cesura ad opera del destinatario, acquisterà significati diversi. Conseguenza della precedente affermazione è che questi tagli operati sul testo sono fatti a discrezione del destinatario e quindi, in ultima analisi, legati alla sua soggettività.

La comunicazione metaverbale, che apparentemente sembra sfuggire alla consapevolezza dell’emittente, è molto importante ai fini della comunicazione: prestando infatti attenzione a questo flusso di dati non codificati, è possibile ricavare informazioni importanti, altrimenti non rilevabili. Per restare in tema, l’ironia, al di là del meccanismo antifrastico, cos’è se non una comunicazione metaverbale fatta sul contenuto espresso? La riflessione sul linguaggio e sulla comunicazione non si ferma a de Sausurre (basti pensare ai contributi di Hjelmslev e Eco), ma ritengo che, ai fini della nostra argomentazione, le ipotesi illustrate siano sufficienti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

'C'è poco da ridere'. Ironia e umorismo nella relazione d'aiuto

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Papa
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1996-97
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Servizio Sociale
  Relatore: Gianni Del Rio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 128

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