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Frida Kahlo: icona messicana, ispirazione chicana

La condizione di messico-americano

Con il nuovo assetto politico, quella che era stata una razza colonizzata si trasformò in una minoranza oppressa, malgrado i negoziatori messicani chiesero precise clausole per la salvaguardia delle proprietà terriere e per il rispetto dei diritti civili e culturali di coloro che già abitavano e lavoravano su quelle terre: i due articoli che riguardavano rispettivamente i diritti civili e di proprietà furono l’uno modificato e l’altro soppresso dal Congresso in sede di ratificazione.
Come evidenzia Gebbia, troppe profonde erano le differenze esistenti tra angli e messicani per permettere una reciproca integrazione e, in questo quadro assolutamente squilibrato, definisce l’esperienza dei Messico-americani “solo apparentemente biculturale”, in quanto esclusi da ogni forma di educazione di massa che li ponesse nella condizione di apprendere e assimilare la lingua e la cultura anglo-americana. Vittime inconsapevoli della propria ignoranza, essi si ritrovarono ben presto spogliati di ogni loro proprietà che non fosse quella del comune patrimonio culturale, rimanendo completamente isolati dal resto della nazione (ib.).
Come dice Paola Zaccaria in Mappe senza frontiere:

... questa gente si trovò ad essere doppiamente straniera (agli occhi degli americani erano messicani, agli occhi del Messico erano americani), doppiamente esiliata (rispetto alle comunità d’appartenenza e rispetto a quella d’oppressione), doppiamente des-lenguada (quale era la lingua più giusta per un messicano dichiarato, senza sua scelta, americano?), doppiamente oppressa e doppiamente colonizzata (dagli spagnoli in Messico, dalla comunità anglosassone in USA) (Zaccaria 1999, p. 277).

La resistenza al colonialismo linguistico derivava anche dalla consapevolezza che la terra su cui risiedevano era di diritto la loro, ereditata da civiltà antiche e composite, chiamate dagli odierni studiosi culture native altre o, come dice Alicia Gaspar de Alba (Gaspar de Alba 2002, p. 240), alter-native, contemporaneamente aliene e indigene nell’Ovest americano, idealmente sentendosi abitanti di una nazione mitica chiamata Aztlàn, la patria, o el otro Mexico (Zaccaria 2004, p 87).
L’isolamento, però, non fu, come nota Gebbia, del tutto sterile: esso contribuì infatti a un’aggregazione sempre più stretta attorno alle tradizioni della madre patria messicana e al formarsi di un embrione di coscienza di classe che portò alla nascita di alcune forme di opposizione. Queste sfociarono in una vera e propria guerriglia che pose in allarme il regime nordamericano, il quale, negandone il significato politico, montò “sulla stampa nazionale una campagna falsa e denigratoria contro il bandito messicano”, dando subito inizio ad una dura repressione che costò la vita di centinaia di innocenti (Gebbia 1976, p. 12).
All’inizio del XX secolo, con l’aumento della popolazione messico-americana in seguito alle ondate migratorie provenienti dal Messico, volte alla ricerca di lavoro negli USA, quei vincoli di unità culturale e di classe si rafforzarono sempre più grazie agli scioperi dei primi decenni del Novecento che richiedevano aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro e grazie all’impulso dato dallo scoppio della Rivoluzione Messicana guidata da Villa e Zapata, el mestizo y el indio, che si sperava potesse estendersi al di qua del confine. Purtroppo l’insurrezione fallì e, con la vittoria dell’aristocrazia e la dura repressione, una nuova e più massiccia ondata di immigrazione nel sud ovest degli Stati Uniti quintuplicò il numero dei messico-americani. Erano gli anni del miracolo economico, quindi questa inesauribile risorsa di manodopera a buon mercato sembrava quasi un dono divino, ma con l’inizio della Grande Depressione i primi a farne le spese furono proprio i Messico-americani. Iniziarono così le persecuzioni e le deportazioni in massa.
Un lieve cambiamento si ebbe solo con lo scoppio della seconda guerra mondiale, quando i messico-americani furono arruolati alla frontiera e, mentre nei campi di addestramento per la prima volta fu introdotto l’insegnamento dell’inglese, prese il via un piano d’istruzione e di assistenza sociale che “da un lato li rese finalmente partecipi della cultura americana, ma dall’altro acuì il loro stato di inferiorità” (ib.). Si evidenziarono così gli attriti esistenti con la razza bianca e favorendo “fenomeni di aggregazione giovanile che cercavano di esprimere un’identità e un’individualità indossando abiti eccentrici (i zoot suits, caratterizzati dalla giacca a code lunghe e dalle spalle strette), usando il dialetto pachuco (un misto di spagnolo e inglese), dandosi pittoreschi soprannomi e dimostrando il loro machismo in atti teppistici”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Frida Kahlo: icona messicana, ispirazione chicana

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Informazioni tesi

  Autore: Letizia Guglielmi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Paola Zaccaria
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 127

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