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Luci e ombre sulla tutela della “vittima” nel processo penale. Le nuove prospettive della riforma Cartabia a proposito di “giustizia riparativa”

La dimensione autonomista della vittimologia: una questione ancora aperta

È vivace il dibattitto tra gli studiosi circa l’oggetto della vittimologia e, di conseguenza, sulla sua definizione, motivo per il quale necessita fare cenno alle diverse posizioni avanzate nel corso degli anni.
Secondo l’opinione prevalente, la vittimologia deve occuparsi solamente delle vittime di fatti penalmente rilevanti: si parla, al riguardo, di vittimologia criminale, definita anche “vittimologia penale”, che viene definita come “la disciplina che ha per oggetto lo studio della vittima del reato, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e culturali, delle sue relazioni con l’autore del reato e del ruolo che essa ha assunto nella genesi del crimine”. Tuttavia, secondo la più moderna vittimologia, si devono considerare non solo le vittime direttamente lese da fatti penalmente rilevanti, bensì anche le vittime di sofferenze, che di per sé non costituiscono autonome violazioni della legge penale, ma a quest’ultima connessi: si pensi, per esempio a quelle catastrofi naturali causate da comportanti umani contrari alla legge. Per coloro che aderiscono a tale orientamento la vittimologia deve considerarsi una branca della criminologia, il cui obiettivo è “lo sviluppo, attraverso lo studio approfondito della vittima, di un insieme di regole generali e di principi comuni e di altri tipi di conoscenze che possano contribuire allo sviluppo, all’evoluzione ed al progresso delle scienze criminologiche e giuridiche, permettendo una migliore comprensione del fenomeno criminale, del processo criminogeno, della personalità e del carattere pericoloso del delinquente. D’altra parte, essa intende fornire conoscenze scientifiche valide sulla causa del crimine dipendenti dalla vittima, che possano essere utilizzate sul piano pratico, in modo da tracciare le linee di una politica preventiva ed efficace”.
Grazie ad un approccio nuovo nello studio del crimine, la vittimologia in tal modo completa la prospettiva di analisi della criminologia, che non dovrà considerare più solo il reo, ma anche la vittima, nonché la sua relazione con il delinquente. Nella sua più recente evoluzione l’oggetto di studio della vittimologia penale, senza mai abbandonare l’approccio scientifico, è esteso alle reazioni sociali, ai problemi delle vittime, in particolare alle relazioni tra vittime, altri gruppi sociali e istituzioni, mezzi di informazione, operatori del diritto e della medicina, preposti a fornire ad esse servizi ed assistenza.
Diversamente, altra scuola di pensiero ritiene la vittimologia debba occuparsi di ogni tipo di vittima, qualunque sia la causa della sofferenza o della lesione psicofisica, che può, quindi, essere un comportamento della vittima stessa, una calamità naturale, una guerra, ecc.. Secondo questa prospettiva, dunque, la vittimologia va distinta dalla criminologia e, proprio in ragione del suo interesse per ogni tipologia di vittima, è definita “vittimologia generale”.
Mendelsohn è il principale rappresentante di questa corrente di pensiero, secondo cui le possibili cause della vittimizzazione sono essenzialmente cinque:
1. il reato;
2. il comportamento della vittima, definito da Mendelsohn come l’ambiente endogeno e biopsicologico della stessa vittima, in riferimento sia alle vittimizzazioni prodotte da comportamenti negligenti, imprudenti, imperiti della vittima, sia ai comportamenti di autovittimizzazione, come ad esempio il suicidio;
3. l’ambiente sociale, quale causa “esogena” di vittimizzazione;
4. lo sviluppo tecnologico, che ha determinato un incremento del rischio di vittimizzazione. Mendelsohn ha al riguardo distinto tra l’impatto ecologico della tecnologia, costituito soprattutto dall’inquinamento ambientale, e l’ambiente tecnico, rappresentato da tutti gli strumenti che al giorno d’oggi l’uomo utilizza per rapportarsi con l’ambiente naturale e con i suoi simili;
5. l’ambiente naturale, poiché l’uomo è inevitabilmente in balia degli eventi naturali che possono rappresentare cause di vittimizzazione.

Questo filone ritiene la vittimologia debba studiare:
• tutte le possibili cause della lesione del benessere psicofisico dell’individuo;
• le definizioni di vittima, costruite attraverso processi legislativi e sociali, nonché la loro applicazione da parte degli agenti preposti al controllo sociale;
• il comportamento della vittima successivo al reato;
• la reazione sociale alla vittimizzazione, vale a dire le modalità con cui il sistema sociale prende in considerazione e risolve i problemi connessi alla condizione di vittima.

La vittimologia generale, come del resto anche la vittimologia criminale, studia le cause della vittimizzazione, oltre alle modalità di aiuto e assistenza alle vittime, qualora le cause siano rappresentate da un fatto umano, sia esso penalmente rilevanti o meno; mentre, nel caso in cui la causa sia rappresentata da eventi naturali, si occupa solamente dei possibili strumenti di aiuto a favore delle vittime di detti accadimenti, non potendo prendere in considerazione lo studio delle cause.
Per un’altra posizione, che può definirsi mediana tra le precedenti, l’oggetto d’indagine della vittimologia è rappresentato “dallo studio a scopi diagnostici, preventivi e riparativi, delle situazioni, dei contesti, delle cause e delle ragioni che possono portare alla violazione dei diritti dell’uomo”; violazioni che non sempre costituiscono fattispecie di reato, purché ledano diritti fondamentali dell’individuo, tanto da parlarsi di “vittimologia dei diritti umani”. Una tale interpretazione comporta il vantaggio di armonizzare e unificare tra la maggior parte dei Paesi democratici moderni, i quali hanno un patrimonio comune di diritti fondamentali, l’oggetto di studio della vittimologia, che, ancorando il concetto di vittimalità a quello di criminalità in senso formale, varia in base alle scelte incriminatrici dei diversi Paesi. Unico inconveniente di questo filone è che, proprio perché si riferisce alla violazione dei diritti umani, si basa su un concetto meno certo rispetto a quello di reato, che, a contrario, trova riscontro nel diritto positivo nei moderni sistemi a legalità formale. Infatti, i diritti umani, sebbene siano spesso definiti sia in fonti internazionali che nelle Costituzioni nazionali, trovano la propria genesi nelle tradizioni culturali dei diversi Paesi.
In quarto luogo, un orientamento decisamente minoritario è rappresentato dal pensiero del criminologo Donald R. Cressy, secondo cui la vittimologia non solo non è una scienza, ma nemmeno una disciplina: essa è un coacervo di idee, interessi, metodi di ricerca arbitrariamente raggruppati, soprattutto se ci si riferisce alla cosiddetta “vittimologia umanistica”, che viene ritenuta solamente un movimento di pressione politica e sociale, volto alla promozione dei diritti umani. Secondo tale indirizzo, la vittimologia dovrebbe limitare il proprio oggetto di studio alle vittime dei fatti penalmente rilevanti; dunque, andrebbe definita come una branca della criminologia, che studia la vittima come causa determinante, concausa o cofattore del crimine, senza mai assumere i tratti di movimento politico-sociale volto alla sensibilizzazione pubblica in merito alla vittima, ai suoi problemi e alla sua necessaria tutela. Questo orientamento ha avuto scarso seguito per due ragioni essenziali: in primo luogo perché anche la cosiddetta “vittimologia umanistica”, prima di denunciare la violazione dei diritti fondamentali dell’individuo, studia con metodi scientifici i problemi relativi alla violazione di detti diritti, anche con riferimento alla Stato di diritto. In secondo luogo, anche i criminologi possono occuparsi di politica criminale, giacché sono numerosi quelle situazioni in cui è difficile scindere l’ideologia, le valutazioni a carattere politico-sociale dall’analisi empirica: si pensi ai movimenti contro la pena di morte, molto spesso fondati non solo su pure posizioni ideologiche, ma altresì sulla sua scarsa deterrenza di questo tipo di pena, dimostrata con rigoroso metodo scientifico.
Infine, esiste un recente orientamento, secondo cui la vittimologia deve occuparsi solamente del trattamento e dell’assistenza alle vittime, disinteressandosi invece delle cause della vittimizzazione. Si tratta della cosiddetta “vittimagogia” o “vittimologia clinica”, definita da van Dijk come “assistance-oriented victimology”. Questo filone, che ha riscosso grande successo nella scuola francese e di cui Gérard Lopez è il massimo esponente, si occupa dello studio delle conseguenze, delle complicazioni fisiche e psicologiche del reato, del loro trattamento, nonché della valutazione medico-psicologica del danno arrecato ai fini del risarcimento del danno.

Oggi, nonostante la tendenza a circoscrivere l’interesse della vittimologia alle vittime di fatti penalmente rilevanti e, quindi a considerarla una branca della criminologia, avanza sempre più la tendenza a riconoscere alla vittimologia il carattere di scienza autonoma, che si interessa dell’essere umano leso nella sua integrità psicofisica e sociale sia da fatti costituenti violazioni della legge penale, sia da fatti lesivi dei diritti umani qualora questi siano violati dall’ordinamento di riferimento o dal comportamento stesso della vittima. A supporto di questa nuova prospettiva si può constatare che, seppur il campo di indagine della vittimologia coincide in gran parte con quello della criminologia, è altrettanto vero che vi sono alcuni settori di interesse esclusivo della prima ed altri in cui divergono gli approcci nelle due scienze: si pensi, per esempio, alla cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, cioè l’aggravamento degli effetti del reato o i danni psicologici prodotti dalla sottoposizione della vittima al procedimento penale, di notevole interesse per la vittimologia, ma completamente al di fuori del campo d’indagine della criminologia. Stesso discorso vale per gli strumenti di giustizia conciliativa, come la mediazione penale, studiati dalla vittimologia come procedimenti in cui viene valorizzato il ruolo della vittima, mentre dalla criminologia visti come strumenti di prevenzione della recidiva o come misure alternative alla detenzione, che valorizzano la funzione di prevenzione speciale del diritto e della sanzione penale. Dunque, per definire la vittimologia, non bisogna più guardare al diritto penale nazionale, ma al complesso dei diritti umani generalmente riconosciuti, oggi normativamente individuati negli accordi, dichiarazioni e statuti internazionali e, alla luce di questa recente tendenza, la distinzione tra vittimologia criminale e vittimologia generale perde d’importanza da un punto di vista pratico- applicativo e rimane una mera distinzione di carattere sistematico.

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Gemma Colarieti
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Donatello Cimadomo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 281

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Parole chiave

vittima
diversion
mediazione penale
giustizia riparativa
riforma cartabia
tutela della persona offesa del reato
legge 134 del 2021
d.lgs. 150 del 2022

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