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Storia di un’utopia: il metodo Olivetti

La fabbrica solidale

Con l'avanzata del governo fascista e l’istituzione di leggi razziali la famiglia Olivetti è divisa in due: i figli Silvia, Dino, e Massimo risulteranno registrati come ebrei a causa della lontananza da Ivrea che non gli permise di compilare la dichiarazione in tempo mentre Adriano ed Elena vengono dichiarati ariani visti gli attestati di battesimo forniti da pastori valdesi invece a Camillo verrà riconosciuto lo status di ebreo discriminato che gli permetteranno la diminuzione delle sanzioni civili per "meriti eccezionali" (Pampaioni, 1980).
La problematica delle leggi razziali si sposterà ben presto all'interno della fabbrica dove molti verranno riconosciuti ebrei a causa dei loro cognomi. Adriano decise così di trasferirli nelle varie sedi della Olivetti fuori dai confini italiani e fu costretto per alcuni dirigenti a "trasformarli" in operai per agevolare il trasferimento.
Durante tutto il periodo fascista la Olivetti verrà continuamente perseguitata dal regime; come quando il partito nazionale fascista affermerà, con una nota ufficiale inviata al duce, che la società Olivetti è diretta “dai più settari ebrei” che esistono in Italia oppure quando il quotidiano "il popolo d'Italia" sottopone al regime l'autorizzazione ad accettare la pubblicità della Olivetti (Levi, 1981).
Anche durante le opere sociali Adriano verrà contrastato come quando decise di donare una scuola materna ad Ivrea ma prontamente l'allora ministro dell'istruzione Bottai chiese il permesso, ottenendolo, che fosse Mussolini in persona a dover inaugurare l'istituto e che per poter ricevere la visita del duce lo stesso Adriano dovette ricevere più volte prima dell'inaugurazione la certificazione di autenticità della razza ariana (Gallino, 2014).
Singolare fu l'iniziativa di una quasi sconosciuta azienda produttrice di macchine da scrivere “Everest" con sede a Crema che acquistò uno spazio pubblicitario sul quotidiano Corriere della Sera con il messaggio che recitava "l'unica macchina da scrivere ariana prodotta in Italia" (Berta, 1980). Sul finire del 1941 Adriano cercherà con la neonata ALI «Agenzia letteraria internazionale» di introdurre una nuova letteratura straniera in Italia e allo stesso tempo esportare quelli italiani all’estero, opera già di recente tentata a Milano da Augusto Foà, senza successo, insieme al figlio Luciano (Olivetti, 1976). È proprio Luciano, da poco ventiseienne, il prescelto con cui Adriano deciderà di avviare la sua avventura in campo letterario affidandogli la traduzione dei testi americani. Luciano ancora scettico del progetto inizierà l’esperienza lavorando part-time da casa sua per poi trasferirsi ad Ivrea quando Adriano decise di fondare la NEI ovvero «Nuove Edizioni Ivrea».
L’idea di fondare una nuova casa editrice nasce dalla voglia di Adriano di aprire quegli orizzonti che oramai il fascismo aveva chiuso e scelse come simbolo della NEI l’immagine di una colomba che sorvola mari e monti con un ramoscello di ulivo tra il becco (Gallino, 2014).
Adriano organizzerà così una squadra per la neonata NEI formata per lo più da giovani ma soprattutto ebrei o mezzo ebrei», considerati dallo stesso Adriano pieni di vitalità e di spirito. Anche se la nuova esperienza letteraria lo porterà ad avere tutti collaboratori molto giovani, alcuni non ancora diciottenni, ad Adriano non creerà alcun problema come sottolineerà lo stesso Luciano Foà diventato con il tempo uno dei suoi discepoli: “Adriano sa conquistare i giovani avendo la capacità di creare un rapporto di intimità intellettuale molto forte, nel senso di farsi capire con un semplice cenno” (Lanzardo, 1972).
Con la Nuova Edizioni Ivrea Adriano confermerà ancora una volta la volontà di restare accanto all’ambiente lavorativo istituendo la sede a pochi metri dalla fabbrica Olivetti. Vive in un appartamento non molto grande con un arredo essenziale dove spesso ospiterà i nuovi arrivati in attesa di una sistemazione migliore.
Il piano di Adriano con l’istituzione della NEI è molto ampio che ha come obiettivo finale un totale rinnovamento della cultura italiana andando a esplorare vari campi letterali come l’economia acquisendo tutti i diritti delle opere di Keynes, creare una collana sulla psicologia avviando uno nuovo studio della psicologia di fabbrica oppure letteratura classica con l’acquisizione di tutti i diritti dello scrittore Hemingway (Musatti, et al., 1980).
Ma a causa della guerra in corso, di tutta la pianificazione fatta saranno poche le opere che vedranno la luce e tra le più importanti ricordiamo “studi e proposte preliminari per il piano regolatore della Valle d’Aosta” con prefazione dello stesso Adriano (Pampaioni, 1980). Ma Adriano durante la guerra ha continuato a perseverare nell’obiettivo di costruire un ordine mondiale che rendesse tutto più equo. Abbozzerà quel modello di opera sociale che aveva immaginato per poi riprenderlo a guerra ultimata; gli anni cinquanta ci daranno un Adriano vincente in tutti i campi di suo interesse dall’industria alla politica sociale, dall’editoria agli interventi sul territorio.
Gli anni della guerra gli hanno permesso di accumulare quell’esperienza e maturità nei suoi metodi e contenuti che ora attendono solo di essere attuati (Doglio, 1976).
Durante il viaggio a Londra Adriano iniziò ad appassionarsi al pensiero politico ed economico di Walter Rathenau, un industriale e presidente della AEG, riformatore che aveva delineato una nuova idea economica con l’intervento statale ma fuori dagli schemi del capitalismo e del comunismo ma soprattutto, in qualità di ministro degli Esteri, propose una politica di integrazione degli ebrei nella società tedesca per cercare di debellare l’antisemitismo; idea che venne subito accantonata a causa del suo omicidio da parte di esponenti di estrema destra (Soavi, 1979).
Di ritorno dal viaggio londinese Adriano aveva raccolto tutti i manoscritti di Rathenau ma non conoscendo il tedesco non riuscì a leggerli; da lì ebbe l’idea di farli tradurre dai suoi collaboratori della NEI.
Amplierà il catalogo della casa editrice della collana politica “Human Civilitas” in prospettiva di crollo da parte dei regimi totalitari (Gotta, 1967).
Volendo percorrere cronologicamente il percorso di Adriano nei suoi manoscritti, biografie e discorsi si individuano alcune tappe che portano al pensiero finale: la tecnocrazia della fabbrica, le provvidenze sociali per i lavoratori, l’urbanistica, i rapporti esistenti tra la fabbrica moderna e il territorio circostante per arrivare alla convinzione che solo un intervento politico globale sulla società era in grado di associare tutte le circostanze culturali e lavorative in una solidale armonia (Gallino, 2014).
Il pensiero di Adriano nasce da un disagio vissuto che lui stesso descriverà in una delle poche biografie: “passavo davanti al muro di mattoni rossi della fabbrica, vergognandomi della mia libertà di studente, per simpatia e per timore di quelli che ogni giorno senza stancarsi vi lavorano. Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi fini semplicemente nell’indice dei profitti? O non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?” (Berta, 1980). Molto spesso, quasi quotidianamente, Adriano si recherà in una cascina circondata da distese di terreni definendola il suo “pensatoio”. È lì che Adriano reputa di aver ricevuto da Dio il mandato per contribuire a realizzare il regno di Dio, un ordine di giustizia perfetto per tutti gli uomini (Lanzardo, 1972).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Storia di un’utopia: il metodo Olivetti

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Informazioni tesi

  Autore: Cesare Antonio Pallotta
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2017-18
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Andrea Pomella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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Parole chiave

informatica
industria
crisi
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adriano
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