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L'ibogaina ed i suoi derivati nella terapia farmacologica delle dipendenza

La farmacocinetica dell’ibogaina

Nell’uomo, in seguito alla somministrazione di una singola dose orale (da 500 a 800 mg) di ibogaina, sono state ottenute concentrazioni ematiche massime dell’alcaloide e del principale metabolita attivo (noribogaina) pari a 30-1250 ng/ml e 700-1200 ng/ml, rispettivamente, circa 2 e 5 ore dopo la somministrazione (174), con concentrazioni plasmatiche libere raggiunte dopo l'assorbimento tra 1 ed 11 µM (19).
La biodisponibilità dell’ibogaina successiva ad una somministrazione orale non risulta tuttavia lineare, ma si caratterizza come un assorbimento dose e sesso dipendente, influenzata anche da una certa quota di sostanza soggetta ad un effetto di primo passaggio piuttosto esteso (18). I livelli ematici di ibogaina dopo somministrazione sottocutanea (s.c.) sono infatti sostanzialmente maggiori di quelli ottenuti dopo somministrazione intraperitoneale (i.p.) nell’animale, suggerendo appunto un sostanziale metabolismo di primo passaggio (151). Il metabolita noribogaina è stato rilevato dopo 15 minuti dalla somministrazione orale in vivo, in linea con l’ipotesi del metabolismo precedente all’assorbimento sistemico dell’alcaloide originario (175); il metabolismo che comporta la liberazione in circolo della noribogaina si verifica principalmente a livello della parete intestinale e nel fegato (141).
Sia l’ibogaina che il suo metabolita attivo, caratterizzati entrambi da un coefficiente di ripartizione elevato, hanno una spiccata capacità di penetrare la barriera emato-encefalica (125). A riprova di tale proprietà, dopo un'ora dalla somministrazione si identifica uno spiccato accumulo nel tessuto adiposo, con livelli dell’alcaloide principale di oltre 100 volte superiori a quelli rilevati nel plasma, e concentrazioni cerebrali circa 30 volte maggiori rispetto al plasma (151). Il tessuto adiposo potrebbe quindi fungere da serbatoio o “reservoir”, provvedendo al rilascio dell’ibogaina e del metabolita per un lungo periodo di tempo dalla somministrazione (125) (151).
Per quanto riguarda la distribuzione tissutale dei due alcaloidi indolici, analisi post-mortem eseguite mediante LC-ESI-MS hanno mostrato concentrazioni rilevanti in milza, fegato, cervello, reni, prostata, polmoni, tessuti muscolari, bile e stomaco, mentre risultano praticamente assenti nel tessuto cardiaco (174). Il volume di distribuzione allo stato stazionario è stato quantificato in circa 13 L/kg, con una percentuale di legame alle proteine plasmatiche umane del 65% (163) (174). Un’ulteriore forma di deposito dell’ibogaina potrebbe essere rappresentata dalle piastrine, tramite un processo che coinvolge i siti per la ricaptazione della serotonina presenti sulle membrane cellulari di queste ultime, e le concentrazioni di ibogaina si sono mostrate ben più elevate nel sangue intero rispetto al plasma (18) (60).
Il principale metabolita dell'ibogaina, la noribogaina, si forma attraverso una reazione di O-demetilazione, tramite l’attività dell'isoforma 2D6 del citocromo P450 (CYP2D6), con il contributo anche del CYP2C9 e del CYP3A4 (10) (141).
Il citocromo CYP2D6 è uno dei CYP più studiati in relazione al polimorfismo genetico, poiché esiste un'ampia variazione interindividuale nella sua attività enzimatica (176) (177). La sua attività varia considerevolmente all'interno di una popolazione e comprende metabolizzatori ultrarapidi (UM), metabolizzatori estensivi (EM), metabolizzatori intermedi (IM) e metabolizzatori lenti (PM). Da un punto di vista fenotipico, nelle popolazioni caucasiche si stimano percentuali di distribuzione di circa il 3–5%, 70–80%, 10–17% e 5–10% rispettivamente (176). Il coinvolgimento del CYP2D6 suggerisce delle possibili differenze su base genetica nel metabolismo dell'alcaloide, con metabolizzatori lenti caratterizzati da un'attività catalitica relativamente inferiore rispetto alle altre categorie (12). Infatti, a seconda della presenza di un particolare isoenzima del CYP2D6, compaiono differenze significative nella C max (la concentrazione massima), nel t1/2 (il tempo di emivita) e nell’area sotto la curva (AUC), sia della sostanza originaria che del metabolita, comportando conseguenze sulla disponibilità e l’efficacia (178) (179). Nei parametri farmacocinetici riportati in Tabella 1 si riscontra, nei soggetti umani sottoposti ad eguali dosaggi orali di ibogaina, una biodisponibilità del composto originario più di tre volte inferiore rispetto al metabolita nel caso dei metabolizzatori estesi, mentre l’inverso accade nei soggetti caratterizzati dal metabolismo ridotto o lento (10).
Risulta quindi fondamentale valutare le attività farmacologiche sia dell’ibogaina che del suo principale metabolita noribogaina (60). Per confrontare i profili farmacocinetici di entrambi, a 21 soggetti sani sono stati somministrati 20 mg di ibogaina per via orale; alcuni di questi individui erano stati pre-trattati per i sei giorni precedenti con un placebo, altri con paroxetina, un farmaco antidepressivo appartenente alla classe degli SSRI (di cui si sfrutta l’effetto inibitore sul CYP2D6) (177). I risultati ottenuti hanno mostrato nei soggetti trattati col placebo una rapida conversione del principio attivo in noribogaina, con livelli trascurabili di ibogaina dopo circa 4 ore, mentre nei soggetti pre-trattati con paroxetina si presentavano livelli rilevabili della molecola fino a 72 ore dopo, con una emivita di eliminazione di 10,2 h (180).
E’ stata anche riportata un’importante differenza a livello cinetico tra i due sessi (12) (181) (60). Tramite misure GC-MS si sono potuti quantificare i livelli cerebrali e plasmatici di ibogaina e noribogaina dopo 1 e 5 ore dalla somministrazione; i risultati hanno mostrato una concentrazione maggiore nelle femmine rispetto ai maschi di ratto, e di conseguenza una maggiore biodisponibilità, nelle femmine rispetto ai maschi, a parità di dose di ibogaina somministrata per via i.p. (181). Al fine di valutare il ruolo del sesso e degli ormoni sessuali sulla cinetica e sul metabolismo dell'ibogaina, sono state anche effettuate indagini su gruppi di ratti di entrambi i sessi a diversi stati ormonali: le femmine con elevati livelli estrogenici circolanti (pre-ovulazione) mostravano livelli ematici 2 volte superiori rispetto agli altri gruppi, portando a supporre una qualche correlazione tra l'estrogeno e l’aumento della biodisponibilità. Invece, nei maschi castrati e nelle femmine ovariectomizzate le concentrazioni del metabolita attivo si mostravano significativamente inferiori, suggerendo una relazione inversa tra gonadectomia e conversione metabolica (60).
L'ibogaina ha un'emivita stimata di circa 1 ora nei roditori e 4/7 ore nell'uomo, valutata in soggetti caratterizzati da un metabolismo esteso, mentre la noribogaina ha un’emivita stimata tra le 28-49 ore, risultando quindi presente in concentrazioni rilevanti anche molto tempo dopo l’eliminazione dell'ibogaina (10) (179). Nei soggetti umani il 90% di ibogaina viene eliminato entro 24 ore, con un tasso di eliminazione (“clearance”) di circa 5,6 L/ora (182), mentre la noribogaina viene eliminata più lentamente e le osservazioni nei soggetti umani indicano livelli persistentemente alti di metabolita a 24 ore dalla somministrazione (178) (183) (126).
Poiché la noribogaina permane nel corpo per periodi di tempo maggiori, questa sua proprietà potrebbe contribuire ai dichiarati prolungati effetti farmacologici anti-astinenza ed “anti-craving” riscontrati nei modelli animali (60) (178). L’eliminazione del metabolita avviene poi attraverso una serie di vie di ossidazione, solfatazione e glucuronidazione (183).
Il prodotto di sintesi 18-MC è invece caratterizzato da un’emivita ridotta, circa 10-15 minuti (173); la sua predominante via metabolica è catalizzata dall’isoforma enzimatica CYP2C19 ed il metabolita primario è la 18-idrossicoronaridina (18-HC) (184).
L'ibogaina e il suo principale metabolita sono escreti per via renale e gastrointestinale; nei ratti si verifica un'eliminazione dal 60 al 70% nelle urine e nelle feci entro 24 ore, con livelli plasmatici e tissutali dalle 10 alle 20 volte inferiori dopo 12 ore rispetto a quelli presenti 1 ora dopo la somministrazione (18).
In sintesi, i parametri descrittivi della farmacocinetica clinica si possono riassumere come di seguito: i livelli di ibogaina raggiungono il picco (T max) 2 ore dopo ingestione (con dosi orali di 500–1000 mg), la concentrazione plasmatica massima libera (C max) è di circa 1 µg/ml e la maggior parte degli alcaloidi (> 90%) viene eliminata dopo 24 h (emivita in plasma 4-7 h) (19). I livelli di noribogaina (picco 2,5 h dopo l'ingestione; C max ~ 1 µg/ml) invece non diminuiscono in modo significativo entro 24 ore e l'emivita viene stimata tra le 28 e le 49 ore (183).

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L'ibogaina ed i suoi derivati nella terapia farmacologica delle dipendenza

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Informazioni tesi

  Autore: Aurora Sedda
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Farmacia
  Corso: Farmacia
  Relatore: Patrizia Campolongo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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Parole chiave

dipendenza
farmacologia
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