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Il costume parla. Espressività del costume nel cinema muto

La Germania espressionista

Un’altra produzione espressionista dove il decorativismo e la sua parte più squisitamente ornamentale sono sviluppati al massimo è Genuine, progetto col quale Wiene intendeva bissare il successo di Caligari. Il divario col fratello maggiore è notevole: Caligari è basato sui contrasti, sulla violenza del rapporto luce/buio e sulle visioni da incubo quanto Genuine si concentra sulle mollezze, sulla lascivia, sull’infinita cura dei particolari sulle pareti dipinte, sugli ornamenti sul corpo generoso della Andra.
Né il pubblico né la critica reagirono come sperato, brandendo la spada della critica all’eccessiva minuzia e ridondanza delle decorazioni, spinte così tanto da non risultare funzionali a diventare metafora di mondi, sogni o menti folli, ma da rimanere, piuttosto, bloccate sulla superficie. Se per i puristi dell’espressionismo il valore della pellicola, a livello di significato, era opinabile, non si può non onorare il grande lavoro operato sulle scenografie e i costumi dal pittore César Klein. Fern Andra interpreta la fatale Genuine –memorabile la sua uscita dalla tela nel salotto di Percy-, avvolta nel suo costume di nastri e perline, collocabile tra l’esotismo di Poiret e la tendenza al mosaico alla Klimt, passando per il palcoscenico di qualche music-hall.

Questa temibile sacerdotessa-vampiro è anche dotata di completo giacca-pantaloni: bianchi e dritti i secondi, rigida, stretta in vita, larga sui fianchi stile panier la prima. La consistenza da origami riprende le guglie stilizzate dello sfondo, riccamente disegnato. Sulla giacca, scura, sono stampati disegni astratti, alla Mirò, mentre il copricapo con la piuma sulla fronte, davvero music-hall, completa l’abbigliamento. A lui è dedicata una camicia bianchissima con pantaloni, presumibilmente in velluto, ad altezza ginocchia, calze scure, fichu nero al collo. Il suo costume, semplicissimo e sicuramente non l’ideale per marcare la sua virilità, lo rappresenta perfettamente nel ruolo da vittima, succube agnellino della rapacità della donna, che strapazzandolo ripete: “Kill yourself!”.

Paul Leni, figura istrionica nel panorama del teatro prima, e del cinema espressionista poi, realizza, nel 1924, Il gabinetto delle figure di cera (Das Wachsfigurenkabinett, P. Leni, 1924).
Ne cura la regia e la scenografia, collaborando con Ernst Stern, altro eclettico artista di primaria importanza.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il costume parla. Espressività del costume nel cinema muto

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Informazioni tesi

  Autore: Benedetta Stazzoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze e tecnologie delle arti figurative, musica, spettacolo e moda
  Relatore: Rodolfo Bargelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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