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Il ruolo dell'esperto nella composizione negoziata della crisi d'impresa

La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative

Sebbene la composizione negoziata sia concepita come strumento di regolazione della crisi destinato innanzitutto a risolvere la situazione di pre-crisi o crisi dell’imprenditore in bonis è altresì vero che l’accesso al percorso non è precluso al debitore insolvente che porta con sé ragionevoli prospettive di risanamento.
In entrambi i casi la scelta del legislatore è quella di lasciare che il debitore, nel corso delle trattative, conservi la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa seppur distinguendo il vincolo di finalità sotteso alla gestione dell’imprenditore ora insolvente ora in crisi.
Da un lato «l’imprenditore in stato di crisi – e quindi anche di pre-crisi – è tenuto a gestire l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività». Al di là della valenza che la “sostenibilità economico-finanziaria” possa assumere, è opportuno constatare – come già accennato nel Capitolo I – come lo stato del debitore diverso dall’insolvenza sia di fatto condizione necessaria e sufficiente affinché l’imprenditore sia legittimato a gestire l’impresa nel suo pieno ed esclusivo interesse pur pregiudicando gli interessi dei creditori.
Un contrappeso a tale affermazione è innestato dall’art. 16, comma 4, CCII che fra i doveri del debitore annovera quello di «gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori»; l’avverbio ingiustamente dimostra che il legislatore ha pacificamente attribuito all’imprenditore in crisi la facoltà di compiere atti che potrebbero essere lesivi delle ragioni dei creditori ritenute di fatto sacrificabili sull’altare del risanamento aziendale.
Solamente nel caso in cui «l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete possibilità di risanamento lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori» il quale, tuttavia, non rappresenta l’unico vincolo di destinazione dell’attività imprenditoriale.
La composizione negoziata rappresenta l’unica eccezione al principio a carattere generale ex art. 4, comma 2, lett. c), CCII che impone al debitore, nello svolgimento delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza di «gestire il patrimonio o l’impresa durante i procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza nell’interesse prioritario dei creditori»: in luogo infatti di una gestione ancorata al perseguimento dell’”interesse prioritario” dei creditori, è richiesta una gestione che non “pregiudichi ingiustamente” le ragioni dei creditori le quali, possono essere soppiantate dalla ricerca dell’assenza di pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività nel caso in cui il debitore si trova in stato di crisi oppure divengono un interesse prevalente ma non di fatto esclusivo qualora l’imprenditore sia insolvente.
I doveri del debitore nella CON sono quindi definiti dal combinato disposto da una parte dell’art. 16. comma, 4, CCII il quale sancisce un principio di condotta a carattere generale in quanto rivolto indistintamente all’imprenditore insolvente e a quello in crisi o pre-crisi e dall’altra dell’art. 21, comma 1, CCII il quale distingue le finalità cui la gestione del debitore deve sottendere in base allo stato di salute del debitore.
Posto che la legittimazione al compimento di atti di ordinaria e straordinaria amministrazione risponda all’esigenza di «favorire il risanamento aziendale», è altresì vero che la stessa libertà concessa al debitore, capace di arrecare pregiudizio ai creditori, necessitava, nell’ottica – strutturale nella CON – di bilanciamento degli interessi delle parti, di un contrappeso che il legislatore ha individuato nella figura del professionista esperto.
L’esperto deve essere informato dall’imprenditore prima del compimento di atti sia di straordinaria amministrazione sia di pagamenti non coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento; l’esperto, una volta ricevuta la comunicazione ed effettuate le proprie valutazioni, effettua una segnalazione all’imprenditore e all’organo di controllo circa l’eventuale capacità dell’atto di pregiudicare le ragioni dei creditori, le trattative o le prospettive di risanamento e nel caso in cui l’atto sia inidoneo a cagionare i suddetti interessi l’esperto si astiene dalla segnalazione.
La segnalazione assolve una funzione meramente inibitoria ma in quanto tale non ha ripercussioni sulla legittimazione ad agire dell’imprenditore il quale, qualora ignori l’avviso e ponga in essere l’atto, è tenuto ad informare immediatamente l’esperto che a sua volta, a propria discrezione, valuta se iscrivere o meno il proprio dissenso nel registro delle imprese mentre è invece obbligato a farlo nel caso in cui l’atto compiuto pregiudichi gli interessi dei creditori.
L’esperto, in quanto baricentro di interessi divergenti e reggente della forza e della credibilità dell’impresa anche al fine di rassicurare i creditori, nel momento in cui vede ignorata la propria segnalazione, che di fatto presuppone potenzialità pregiudizievole dell’atto, non può far altro che adottare le opportune contromisure che un passo alla volta determinano «un escalation» che può culminare con la “sanzione” della perdita delle misure protettive.
Innanzi tutto l’esperto, una volta iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, ha il dovere ex art. 21, comma 5, CCII di presentare un’istanza al giudice al fine di ottenere una valutazione delle misure protettive in merito alla loro funzionalità al risanamento e proporzionalità rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori, che tenga conto del compimento dell’atto, al fine di rimuovere o quanto meno modificare la durata della protezione del patrimonio del debitore.
In alternativa, posto che l’esperto è tenuto a valutare costantemente la presenza di concrete prospettive di risanamento, qualora ritenga che a seguito del compimento di un determinato atto, queste siano venute meno può – e deve – attivarsi al fine dell’archiviazione del fascicolo della composizione negoziata.

Il bilanciamento degli interessi delle parti è assicurato, non solo dai poteri riconosciuti all’esperto, ma altresì da quello, diverso nelle modalità ma con finalità paritetiche, attribuito ai creditori, i quali, sempre in caso di compimento dell’atto, possono sanzionare ex post la condotta del debitore laddove «l’atto pregiudizievole non abbia prodotto gli effetti positivi sperati» attraverso la presentazione della medesima istanza di cui all’art. 19, comma 6, CCII.
In definitiva nel caso in cui l’esperto iscriva il proprio dissenso nel registro delle imprese «le possibilità che si giunga ad un esito positivo della composizione negoziata si riducono sostanzialmente» in ragione dei poteri attribuiti alle parti opposte – creditori e terzi – e neutrali – professionista esperto – rispetto al debitore.
Inoltre, vi è naturalmente la possibilità che il debitore compia un atto di ordinaria amministrazione coerente con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento per il quale l’esperto non è tenuto in alcun caso a iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese: in questo caso l’art. 24, comma 2, CCII esonera l’applicabilità dell’azione revocatoria prevista per gli atti a titolo oneroso cosiddetti “normali” con la ratio di evitare la formazione di quel «cordone sanitario» intorno al debitore che ne pregiudica il tentativo di risanamento e quindi la continuità aziendale.
Contrariamente trova applicazione la cosiddetta «tutela della inefficacia» qualora l’esperto abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese in merito ad atti di straordinaria amministrazione e pagamenti effettuati successivamente rispetto all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto: rimane infatti ferma l’applicabilità dell’intera disciplina relativa all’azione revocatoria con riferimento agli atti a titolo oneroso sia “anormali” che “normali”.
In definitiva nell’eventuale procedura concorsuale avviata al termine della composizione negoziata, l’autorità giudiziaria può revocare sia qualunque atto compiuto dal debitore nel caso in cui vi sia incoerenza con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento al momento in cui è stato compiuto sia qualunque atto di straordinaria amministrazione qualora l’esperto abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese: tuttavia a prescindere dall’iscrizione o meno del dissenso nel registro delle imprese, il «giudice della revocatoria» può e deve procedere con fermezza nella valutazione della presenza dei presupposti ai fini dell’applicabilità dell’azione revocatoria.
In aggiunta si propone una riflessione in merito ad una possibile collisione” tra gli articoli 16, comma 4, e 21 del CCII: se da una parte infatti è imposto all’imprenditore di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori – il che, come evidenziato, si traduce nella possibilità di ledere in qualche modo gli interessi dei creditori seppur non “senza giustificato motivo” –, dall’altra l’imprenditore in stato di salute diverso dall’insolvenza la cui gestione deve essere improntata alla conservazione della sostenibilità economico-finanziaria qualora compia – seppur legittimamente e con giustificato motivo – un atto di straordinaria amministrazione o un pagamento lesivo delle ragioni dei creditori va incontro dapprima alla moral suasion dell’esperto e eventualmente all’iscrizione del suo dissenso nel registro delle imprese con gli effetti di cui sopra; se vi fosse stato un maggior dialogo fra le norme, l’esperto non avrebbe dovuto iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese in relazione ad un atto coerente con le trattative e le prospettive di risanamento da una parte e lesivo delle ragioni dei creditori dall’altra, con il conseguente venir meno delle condizioni di applicabilità dell’azione revocatoria di cui all’art. 24, comma 2, CCII.
In conclusione, appare evidente come la logica di bilanciamento degli interessi delle parti, fulcro della composizione negoziata, sia parimenti rinvenibile nell’incontro fra la libertà assicurata all’imprenditore nell’ambito della gestione imprenditoriale – il cosiddetto principio del debtor in possession – e la cosiddetta «moral suasion» dell’esperto.
Questa funzione riconosciuta all’esperto non corrisponde, in verità, ad un «potere in senso stretto» parificabile ad un «eccentrico veto», quanto piuttosto ad «uno strumento dissuasivo degli atti di mala gestio» a “pubblicità crescente”: nella primissima fase, nella quale l’esperto viene a conoscenza dell’intenzione del debitore di porre in essere un atto di straordinaria amministrazione incoerente con le trattative, le prospettive di risanamento e le ragioni dei creditori, opera inter partes una segnalazione al debitore invitandolo a correggere o rivedere determinate scelte o comportamenti; qualora l’imprenditore ignori la segnalazione sarà allora il dissenso iscritto nel registro delle imprese ad effettuare una disclosure erga omnes rivolta ai creditori e ai terzi al fine di informarli circa il compimento di atti capaci di incidere negativamente sulle loro ragioni.
Il piano inclinato che culmina con l’interruzione del percorso della composizione negoziata è completato dalle suddette legittimazioni attive sia dell’esperto sia dei creditori ai fini dell’istanza ex art. 19, comma 6, CCII e dal potere dell’esperto di procedere alla chiusura delle trattative una volta accertata la sopravvenuta mancanza di concrete prospettive di risanamento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ruolo dell'esperto nella composizione negoziata della crisi d'impresa

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Mariottini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Economia
  Corso: Management e governance
  Relatore: Giovanni Romano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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Parole chiave

codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
composizione negoziata
professionista esperto
crisi, insolvenza, pre-crisi

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