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La neutralità Elvetica nell'età contemporanea

La neutralità armata durante la prima guerra mondiale

La convenzione di Ginevra avrebbe dovuto garantire alla Svizzera un’adeguata protezione da eventuali incursioni esterne.
Secondo la stessa i belligeranti dovevano rispettare la neutralità evitando invasioni o passaggi di truppe presso i territori degli stati aventi tale status.
Il Paese neutrale aveva in particolare alcuni privilegi, come quello di intraprendere scambi commerciali con tutti i paesi, anche se belligeranti seppur con alcune limitazioni, attuare politiche di asilo dei rifugiati, arrestare ed imprigionare i soldati invasori e di rispondere eventualmente con la forza a tali eventi.
In caso di attacco ad uno Stato neutrale, a quest'ultimo è permesso stringere alleanze.
Questa convenzione quindi era volta a preservare gli stati neutrali dalle conseguenze di un eventuale scenario bellico.
Non fu così per il Belgio che si era dichiarato neutrale. Fu invaso dal Kaiser Guglielmo II, con la messa in atto del “Piano Schlieffen” nel 1914, volto ad aggirare la Francia nella parte settentrionale.
Di contro la Svizzera temendo anch’essa di subirne la stessa sorte, dichiara la neutralità armata trincerandosi nella catena montuosa alpina.
Ritenendo non sufficienti le garanzie dello status neutrale e delle convenzioni per evitare un’eventuale invasione tedesca, la Svizzera iniziò quindi in via precauzionale la mobilitazione dell’esercito dislocando le truppe sui propri confini.
Carl Hilty costituzionalista svizzero e professore all’università di Berna, riteneva che l'abbandono della neutralità Svizzera dovesse essere l'ultima “Ratio regum” da utilizzare, cioè solo nel momento in cui si fosse verificata un’ aggressione nemica, attaccando l’invasore fino al completo respingimento ed una volta terminata la fase difensiva da parte della Svizzera, si chiedeva all’invasore di rinnovare la neutralità o si intimava a restituire i territori invasi dallo stesso.
Nel 1914 all’inizio della guerra, la confederazione si trova in prossimità delle operazioni militari dei paesi belligeranti, anche a causa della sua posizione geografica.

L'assemblea federale, anche in base a quanto previsto dalla costituzione, accordò al governo pieni poteri che, dopo aver proclamato la neutralità al consiglio federale, decretò alla mobilitazione dell'esercito con il compito di attendere il nemico alle frontiere e di affrontarlo in caso di invasione, mantenendo anche l'ordine interno.
La chiamata alle armi nell’agosto del 1914 coinvolse 250.000 soldati di cui così suddivisi: 36 reggimenti, 257 battaglioni di Fanteria, quattro Brigate di Cavalleria, 80 squadroni a cavallo, truppe di fortezza, 14 unità di ciclisti, 105 batterie di artiglieria.
I piani di mobilitazione prevedevano la concentrazione di truppe sul fronte settentrionale temendo un attacco francese o tedesco attraverso l'altopiano svizzero.
Parallelamente all'emanazione degli ordini di mobilitazione si procedette alla nomina del generale cioè del Comandante in Capo dell'esercito in caso di guerra. Venne scelto lo zurighese Urlich Wille fin dall'inizio del conflitto però il governo mantenne nelle sue mani l'autorità principale ed esecutiva, dando istruzioni a Wille su quali fossero gli obiettivi strategici che l'esercito doveva raggiungere. Di seguito si riportano le testuali istruzioni inviate dal consiglio federale al generale Wille:

Il vostro principale obiettivo con l’aiuto delle forze ai suoi ordini è di preservare la nostra indipendenza e sovranità completa contro ogni minaccia che proviene dall’estero e dell’interno del paese e di proteggere la neutralità contro ogni violazione dall’estero.

In realtà questo generò non pochi conflitti di competenze tra governo e Stato Maggiore che si vedeva spesso limitare le risorse finanziarie.
La mobilitazione delle truppe coinvolse diverse unità che presero posizioni di attesa durante la durata del conflitto.
Lo spostamento delle truppe variava in base alla percezione dei pericoli esterni, ma nei quattro anni di conflitto non ci fu nessuna effettiva violazione del territorio svizzero, infatti le truppe stanziate lungo le frontiere non subirono nessun tentativo di invasione.
Il consiglio federale giunse alla conclusione che in caso di guerra prolungata la Svizzera avrebbe dovuto, per garantirsi l'approvvigionamento, allearsi con una delle potenze in guerra, decretando in tal caso la fine della propria neutralità.
Un altro problema che la Svizzera dovette affrontare fu il transito delle merci attraverso il paese.

La Germania infatti aveva previsto nei suoi piani di guerra di rifornirsi attraverso lo Stato Elvetico, tale posizione però secondo il governo svizzero, poteva minacciare lo status stesso di neutralità in quanto poteva essere interpretato dagli altri paesi belligeranti come un favoritismo.
Di conseguenza la Svizzera seguì una politica dell'equilibrio, che garantiva le importazioni senza avvantaggiare né la Germania ne la Francia.
Si riservava infatti il diritto di autorizzare esportazioni a carattere eccezionale che potessero direttamente od indirettamente fornire supporto bellico guadagnandosi la diffidenza di Francia e Gran Bretagna.
Berna comunque ribadì l'intenzione di trattare in modo uguale i paesi belligeranti seguendo una propria neutralità economica.
Le potenze dell'intesa mostrando una certa diffidenza decisero di concludere direttamente accordi con le imprese svizzere e di limitare in questo modo, il commercio con gli imperi centrali.
Nel giugno del 1915 crearono la società Svizzera di sorveglianza economica un consorzio volto a controllare la maggior parte del commercio estero della federazione.
I dirigenti dell’esercito svizzero si mostrarono fin da subito ostili a tale organo in quanto i controlli stranieri sarebbero stati considerati come una violazione della neutralità nonché della sovranità Svizzera.
La Germania però temeva che la Svizzera potesse fare da tramite per la fornitura di materiale bellico per l'Intesa motivo per cui chiese rassicurazioni, in tal proposito concluse con la Svizzera a Berlino una serie di accordi i quali proibivano che le materie prime importate dalla Germania venissero esportate.
Pretese altresì di esercitare un diretto controllo dell'Industria svizzera per compensare i controlli di matrice Britannica. La confederazione si vide dunque costretta ad acconsentire al controllo del proprio commercio da parte delle potenze centrali.
Mantenere la sopravvivenza economica del paese, senza favorire uno dei due schieramenti costrinse la Svizzera a partecipare allo sforzo bellico dei suoi vicini attraverso la produzione e vendita di risorse agli stati belligeranti che permise però di salvaguardare la sovranità ed in parte l'indipendenza economica del paese.

In violazione del diritto al libero commercio la Svizzera, coinvolta nella guerra economica, dovette tollerare la presenza di ispettori stranieri sul proprio territorio per reprimere ogni possibile favoritismo commerciale ai paesi belligeranti, come l’Ufficio fiduciario svizzero di controllo per il traffico delle merci e la Società svizzera per la sorveglianza economica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La neutralità Elvetica nell'età contemporanea

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Ferro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Anna Tonelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 48

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