Un'analisi economica del diritto delle società per azioni

L’evoluzione della legislazione italiana, con l’ultima riforma del 2003, ha portato il diritto societario italiano ad essere, al confronto di quello degli altri paesi, come il diritto che permette alle imprese la più ampia possibilità di scelta fra diversi tipi di corporate governance.
In particolare, con riferimento alle società per azioni, il legislatore del 2003 ha previsto tre differenti modelli di organizzazione secondo il disposto della Sezione VI bis del codice civile, dell’amministrazione e del controllo. Il legislatore delegato, nel quadro dei vincoli posti dalla delega, ha ampliato l’autonomia statutaria offrendo la possibilità di scelta tra modelli alternativi e consentendo nell’ambito di ognuno di questi alcuni gradi di libertà. La possibilità offerta dal legislatore del 2003 pone la redazione degli statuti societari in una nuova posizione in parte autonoma e in parte regolata da norme giuridiche esterne. La situazione è nuova rispetto alla tradizione del nostro Paese. Infatti, i soci, all’unanimità nella fase costitutiva e con maggioranze qualificate in fase modificativa, possono adottare statuti che prevedano 3 diversi modelli di amministrazione e controllo:
• sistema tradizionale o ordinario, che si applica in mancanza di una diversa disposizione presente nello statuto societario: è basato come nella precedente normativa su un organismo amministrativo e uno di controllo (Collegio Sindacale) al quale però è sottratto il controllo contabile (effettuato da un revisore persona fisica o società di revisione);
• sistema dualistico, di provenienza germanica che invece prevede la compresenza del Consiglio di Sorveglianza e del Consiglio di Gestione;
• sistema monistico, di stampo invece anglosassone, basato sull’assenza del Collegio Sindacale, sostituito da un Comitato per il controllo sulla gestione, costituito all’interno della CdA.
Ognuno di questi sistemi, come detto, consente poi la possibilità di alcuni adattamenti.