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Padri comunque: la continuità di un legame oltre le sbarre in ottica rieducativa

La paternità come diritto e dovere

L’ordinamento giuridico italiano è contraddistinto da un principio maternocentrico, per cui la madre è il parametro attorno il quale ruota la genitorialità. Senz’altro, una grigia realtà in un loco in cui la complessiva presenza femminile si attesta, pressoché stabilmente, attorno al solo 4% del totale della popolazione detenuta.
L’articolo 21-bis non lascia dubbi: “2. La misura dell’assistenza all’esterno può essere concessa, alle stesse condizioni, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre51.
“Ad altri che”. Non interessa chi sia il padre, cos’egli abbia fatto o come stia affrontando il proprio percorso riabilitativo; pare sia incontestabilmente inadatto a ricoprire il suo ruolo o, addirittura, superfluo, pressoché sostituibile da altri familiari di gran lunga più “capaci”.
L’istituzione del Garante dei diritti dei detenuti, dal 1997, si fa sì essenziale riconoscendo il valore degli stessi. La figura conferma la “necessità di una maggior efficienza dei meccanismi giurisdizionali previsti a tutela dei diritti dei detenuti52.
Anzitutto, affinché sia tutelato, mantenuto intatto o reso “tangibile”, il ruolo di padre deve poter essere riconoscibile alla progenie; alla popolazione detenuta; al Sé e ai familiari tutti. Scegliere di essere padre comunque significa “rimanere in ascolto” della prole, quindi accogliere l’affetto così come un rifiuto. Scegliere di esercitare la paternità, “di contro” agli ostacoli carcerari, significa assumere la consapevolezza che essa non sia una mera cortesia a discrezione del Sistema, bensì un’occasione di rivincita e di riscoperta, senza l’aspettativa di alcun tipo di ricompenso. Il figlio al di fuori del carcere non è motivo di “premio” in base al comportamento del condannato. Il diritto al proseguire l’esercizio della paternità, così come la contraria decisione, è un dovere nel rispetto delle proprie responsabilità genitoriali e inoltre un tesoro di cui aver coscienza, poiché capace di tener ancorata a sé la propria storia ricominciando da essa.
Comunque, affinché ciò possa aver luogo, preferibilmente il padre detenuto, o, altrimenti, chicchessia per egli, ha il compito di confessare sinceramente al figlio il motivo per il quale sia assente da casa. In concomitanza, “[…] ai minorenni sia consentito di acquisire conoscenza sulla vita detentiva dei genitori e, ove le strutture lo consentano e se ne ravvisi l’opportunità nel loro superiore interesse, di visitare alcuni luoghi frequentati dai genitori reclusi (ad esempio, refettorio o sale ricreative o laboratori o luoghi di culto)53. Di frequente, i nuclei familiari sono colti impreparati, preferendo, così, una scorciatoia bugiarda all’obiettivo di tutelare il figlio. Tuttavia, seppur la buonafede attestata all’intenzione e, in più, la difficoltà nel “trovare le parole adatte”, il figlio ha il diritto di conoscere la verità, cosicché possa elaborare l’assenza del genitore e ricevere supporto. Si presta necessario educare il collettivo familiare alla preparazione della verità, quale nodo indissolubile di ciascuna agenzia di socializzazione.

Lo stato di reclusione non è un giustificativo di sottrazione ai propri doveri: “quando non si adempie all’obbligo di concorrere al mantenimento dei propri figli si incorre nel reato ex art. 570 c.p. “violazione degli obblighi di assistenza familiare””54.
Ad ogni modo, la paternità in carcere si realizza, fisicamente, in colloqui55 e scambi epistolari o telefonici.
Lo spazio d’incontro tête-à-tête prevede, auspicabilmente, aree verdi allocate da attrezzature da gioco o, internamente, la presenza di ludoteche in cui il minore possa sentirsi accolto e comodo. Certo è che, laddove la presenza fisica sia soggetta a restrizioni, il padre comunque riconosce il valore di quella psichica, senza luogo e senza tempo. Urge sottolineare come, persino in condizione di libertà, un padre fisicamente presente ma emotivamente assente può ledere al processo evolutivo di colui che ha generato.

Il ruolo, quindi la presenza o l’assenza della figura paterna, in particolare, si dimostrano elementi capaci di beneficiare o nuocere il percorso di vita del figlio.
In tal senso, la Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, rinnovata, di recente, il 16 dicembre 2021, nasce il 21 marzo del 2014, allo scopo di promuovere; salvaguardare e render vivo il diritto alla continuità del legame genitoriale oltre le sbarre56. Essa, battendosi ne “l’ambizione di evitare la presenza di bambini in carcere, ma in attesa che questo si possa realizzare, vuole fare in modo che i minori abbiano sempre più la sensazione di una vita normale […] (Art.1)”57, invita a:

- Tutelare il primario interesse del minore58;
- Superare lo stigma del pregiudizio in prospettiva di reinserimento sociale59;
- Proteggere la continuità del rapporto, offrendo percorsi di sostegno alla genitorialità60;
- Agevolare la famiglia61;
- Tener fede ai propri articoli prima dell’assunzione di alcunché decisione62.

Dapprima, uno studio di Kazura K., del 2001, concentratosi sui needs dei nuclei familiari, ha individuato la possibilità, correlatamente ad altri fattori psicosociali, per quella progenie di genitori detenuti, di percorrere, a loro volta, lo stesso cammino: senz’altro un impatto negativo a cui il mondo pedagogico, penitenziario ed educativo deve far fronte63.
Additare come “incapace” un padre detenuto è una soluzione semplicistica ad una problematica sempre più complessa. Siffatto preconcetto è indice di ignoranza in merito al “processo dinamico attraverso il quale (il padre detenuto) può imparare ad esserlo e a saper rispondere adeguatamente ai bisogni dei figli”64.
La detenzione di una figura genitoriale, con annesse ripercussioni distruttive sull’intero sistema a cui appartiene, necessita di percorsi di aiuto individualizzati, intra ed extra- carcerari, quale un parent training mirato ad individuare strategie relazionali efficaci che si rivelano più che mai irrinunciabili nella capacità di disegnare un percorso che, in un secondo momento, sarà proseguito dal nucleo stesso.





51 Iori, Augelli, Bruzzone, Musi, Genitori comunque. I padri detenuti e i diritti dei bambini, Milano, Franco Angeli, 2019, p. 20.
52 Dino, Rinaldi (a cura di), Sociologia della devianza e del crimine, Milano, Mondadori Università, 2021, p. 409.
53 Fonte https://www.bambinisenzasbarre.org/carta-dei-diritti-dei-figli-dei-genitori-detenuti/#coseCarta consultato in data 05/02/2023.
54 Fonte https://separati.org/obbligo-al-mantenimento-anche-in-carcere/ consultato in data 05/02/2023.
55 DPR 230/2000, art. 37: “5. I colloqui avvengono in locali interni senza mezzi divisori o in spazi all’aperto a ciò destinati” da Iori, Augelli, Bruzzone, Musi, Genitori comunque. I padri detenuti e i diritti dei bambini, Milano, Franco Angeli, 2019, p. 22.
56 Fonte https://www.bambinisenzasbarre.org/carta-dei-diritti-dei-figli-dei-genitori-detenuti/#coseCarta consultato in data 05/02/2023.
57 Ibidem.
58 Ibidem.
59 Ibidem.
60 Ibidem.
61 Ibidem.
62 Ibidem.
63 Kazura, Family programming for incarcerated parents: A needs assessment among inmates. Journal of Offender Rehabilitation, 32(4), 2001, pp. 67–83.
64 Barbini, Famiglia e carcere. Pastorale familiare e cura dei legami affettivi e genitoriali in regime di detenzione, Siena, Cantagalli, 2018, p. 118.

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Padri comunque: la continuità di un legame oltre le sbarre in ottica rieducativa

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Informazioni tesi

  Autore: Gaia Dell’Oriente
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze dell’educazione e della formazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Marco Bontempi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 45

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Parole chiave

sociologia
rieducazione
carcere
detenuti
finalità rieducativa della pena
paternità in carcere
sindrome da prisonizzazione
paternità come diritto e dovere
funzionario giuridico pedagogico
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