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Il salmone atlantico: storie, tecniche, aspetti socio-economici e memorie di pesca

La pesca con la nassa

La nassa è uno strumento di pesca tra i più ingegnosi creati dall’uomo, nonché tra i più antichi. Reguart dice che probabilmente fu un’invenzione casuale: quando le donne andavano al fiume per pulire le stoviglie o per lavare la carne e il pesce, nelle vicinanze erano soliti giungere parecchi piccoli pesci, bramosi di raccogliere qualche rimasuglio. L’osservazione da parte dell’uomo di questo fatto lo portò ad adoperarsi per conseguire qualche vantaggio, pensando di poter in qualche modo imprigionare il pesce nella stessa acqua, anche quelli più grossi, calando un cesto nelle acque. Da queste osservazioni e considerazioni nasce l’arte della pesca con la nassa, che, a seconda degli usi e dei luoghi, poteva variare per materiali utilizzati, dimensione e forma.

La parte essenziale dello strumento è la faz, che segue un piccolo circolo chiamato cuello. La faz non solo serve a chiudere il fondo della nassa, ma rappresenta la parte più ingegnosa dello strumento, permettendo ai pesci di entrare ma non di uscire. È costruito come una specie di imbuto: il pesce attratto dall’esca in fondo alla nassa entra per cibarsi, ma una serie di punte di vimini si chiudono in maniera tale da costituire un ostacolo insormontabile al momento dell’uscita.
La materia prima utilizzata per fabbricarle era diversa, ma di norma si utilizzavano le canne di giunco, che permettevano di mantenerle sempre pulite, a differenza di quelle costruite in vimini o con rete. Il giunco di solito si raccoglieva a luglio e agosto; una volta raccolto si immagazzinava in fasci, lasciati poi all’ombra per otto giorni. Successivamente, si scioglievano e si mettevano al sole, facendo attenzione a tenerli in ambienti chiusi durante la notte per non farli prendere umidità. Queste operazioni duravano per tutto un mese, dopo di che i giunchi erano abbastanza curati e pronti per essere legati e schiacciati. A questo punto venivano stesi su un tavolo o su delle stuoie per far si che non si piegassero, disponendo verso il basso le radici.

Una volta preparati i giunchi come illustrato, si procedeva alla separazione per spessore e dimensione, in base al tipo di nassa che si voleva costruire. Era necessario utilizzare un tipo di filo di buona qualità per assemblare i giunchi, in modo tale da dare alla nassa una certa consistenza: di solito si utilizzava quello ricavato dal cuore della canapa. Dapprima si realizzava il cuello, ovvero la bocca o l’apertura della trappola. Il cerchio di supporto utilizzato doveva essere di un legno fine e flessibile. A questo cerchio si cominciavano a legare quattro giunchi con il filo descritto, successivamente altri quattro fino ad arrivare a ricoprire tutta l’imboccatura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il salmone atlantico: storie, tecniche, aspetti socio-economici e memorie di pesca

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Informazioni tesi

  Autore: Daniel Racco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi dell'Insubria
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Ezio Vaccari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 390

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