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Il ruolo dell'adulto nel gioco dei bambini e tecnologie

La relazione tra adulto e il bambino

La relazione che si instaura tra adulto e il bambino spesso ha lo scopo educativo. Chi educa orienta questa relazione in base agli obiettivi educativi che si propone di raggiungere, i quali derivano dal sistema di valori, convincimenti e teorie cui fa riferimento, non sempre in modo del tutto esplicito, perché dipende dal tipo di rapporto stabilito con bambino (Bondioli, Savio, 2018). Infatti, è noto che i bambini regolano i loro comportamenti con le diverse persone che si presentano davanti a loro, sia nel contesto educativo sia in quello familiare.

In sostanza non esiste una relazione educativa buona in assoluto, valida per tutte le stagioni e in tutti i contesti; piuttosto il modo in cui si intende tale bontà dipende strettamente dal sistema di valori a cui si fa riferimento (Bondioli, Savio, 2018). Dunque, i neonati e i loro caregiver condividono fin dall'inizio un linguaggio affettivo e si osservano e imitano l'uno l'altro in maniera naturale e frequente; fin da subito influenzano uno lo stato dell'altro e in maniera rapidissima attraverso canali multipli (Seligman, 2018). Quando tutto procede nella maniera migliore, questo porta a regolazione e comprensione reciproca (Seligman, 2018).

Da quando la convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia adottata dall'Onu nel 1989, dalla quale il bambino emerge come soggetto diverso ma paritario nella sua relazione con l'adulto, visto come un soggetto pieno dei diritti, in particolare quello di espressione e di partecipazione alla vita comune (Bondioli, Savio, 2018). Con questi diritti i bambini diventano protagonista attivo e partecipe alla costruzione del suo percorso di crescita (Bondioli, Savio, 2018).

Inoltre, come affermato nel Quality Framework (2013) il bambino va concepito secondo una prospettiva olistica, cioè guardandolo nella sua interezza di soggetto insieme fisico, cognitivo, emotivo, sociale, in piena sintonia (Bondioli, Savio, 2018).

La relazione educativa con il bambino in età prescolare ha due conseguenze. La prima riguarda il valore educativo del mettere al centro della relazione la "voce" del bambino, ovvero il suo diritto di esprimersi e di essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano (Bondioli, Savio, 2018). Questa messa al centro equivale all'affermazione del suo esistere come soggetto rilevante nello scambio relazionale, che comporta per il bambino l'avvio della costruzione di un'immagine di sé valorizzata (Bondioli, Savio, 2018). Dunque, mettere in primo piano nella relazione educativa la "voce" infantile significa veicolare una comunicazione che arricchisce di valore il senso del sé che il bambino sta sviluppando. Un'immagine valorizzata del sé è la pietra angolare dell'autonomia, in quanto sostiene la fiducia in sé, la ragionevole aspettativa di potersi mettere alla prova e conseguire i propri obiettivi: una competenza trasversale che apre alla possibilità di prendere l'iniziativa nel rapporto con il mondo fisico e sociale, nell'esprimere il proprio punto di vista, nell'affrontare problemi, nel pensare e agire in modo originale (Bondioli, Savio, 2018). Uno sguardo adulto che, come una "profezia che si auto avvera", supera le immaturità proprie dell'età e si fissa sulle potenzialità, riuscendo così a sostenere la realizzazione del bambino (Bondioli, Savio, 2018).
La seconda conseguenza della prospettiva partecipativa riferita all'infanzia, la parità di posizioni che si propone tra adulto e bambino, risulta particolarmente complessa da realizzare nella relazione con i bambini piccoli (Bondioli, Savio, 2018). È sottolineato da Savio (2016) che i bambini tra zero e sei anni condividono trasversalmente la caratteristica di essere "corpo" più che linguaggio. In questa fase della vita lo sviluppo del linguaggio verbale e della capacità rappresentativa evidenziano che i bambini prima dei sei anni si rapportano al mondo, in modo concreto, attivo, privilegiando l'azione e la percezione, esprimendo interessi, soprattutto attraverso il gioco (Bondioli, Savio, 2018).

Il diritto di espressione e di partecipazione di cui il bambino è titolare, nella relazione con adulto risulta complesso perché la comunicazione infantile è più indiretta e il punto di vista che esprime è meno facilmente decifrabile, dunque risulta più complesso assicurare i diritti di espressione e partecipazione: infatti la comunicazione non verbale è più "sottile", richiede attenzione sensibile per essere colta ed è sempre ambigua nei significati che veicola, perciò è più facile non coglierla o fraintenderla (Bondioli, Savio, 2018). Nei casi di bambini piccolissimi la relazione educativa passa in gran parte attraverso il contatto diretto tra i corpi dell'educatore/adulto e del bambino; infatti, l'immaturità di questo ultimo richiede il sostegno fisico dell'adulto per rispondere ad esigenze vitali come nutrirsi, tenersi pulito, spostarsi, consolati ecc. In questa relazione tra i corpi, la "voce" del bambino rischia di non trovare ascolto, anzi di essere ricacciata indietro da un adulto disattento, perché più sintonizzato sulle comunicazioni verbali, o perché in difficoltà nell'entrare in un rapporto comunicativo tra corpi (Bondioli, Savio, 2018). [...]

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Il ruolo dell'adulto nel gioco dei bambini e tecnologie

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Informazioni tesi

  Autore: Ameze Blessing Obomase
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Nicole Bianquin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 134

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