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Parole di piombo. Il linguaggio giornalistico del caso Mazzola-Giralucci (Padova, giugno 1974)

"La Repubblica": Un "Espresso" che esce tutti i giorni

È del 1976 la nascita de La Repubblica: il primo numero reca la data del 14 gennaio, e annovera la firma, quale direttore, di Eugenio Scalfari, che già aveva diretto L’Espresso. Editore è Carlo Caracciolo, che insieme alla Mondadori s’impegna nel sostenere il giornale diventandone azionisti al 50%.
Quattro stanze in via Po, a Roma, costituiscono la sede di un quotidiano più piccolo degli altri per formato, che concede meno spazio alla cronaca ed elimina lo sport: La Repubblica vuole essere un "secondo giornale", destinato a chi ha già letto le notizie più importanti su altri quotidiani e vuole invece trovare giudizi su cui riflettere in merito a quanto accade. Esce in formato tabloid dal martedì alla domenica, in venti pagine, aperte dalla politica interna, i commenti e le lettere del pubblico, le inchieste e la politica internazionale.
Poi ecco le pagine di spettacolo, e lo sport (non da subito però: è del 1979 l’apertura al giornalismo sportivo, affidato a Gianni Brera), e cinque fogli dedicati all’economia e al sindacale. Murialdi lo definisce «un Espresso che esce tutti i giorni», capace di crearsi, sin dai primi anni di vita, «un pubblico di indirizzo progressista, che guarda con attenzione alla sinistra, sia extraparlamentare che inquadrata nel Pci». «Il mercato da conquistare c’è ed è prevalentemente costituito dall’area della sinistra, che si è molto ampliata e sta perdendo la caratterizzazione "classista", come hanno indicato gli esiti del referendum sul divorzio nel 1974 e le elezioni amministrative del 1975».

Il giornale apre con 68 redattori, guidati dal caporedattore Gianni Rocca; tra gli altri spiccano Giorgio Bocca, Sandro Viola, Mario Pirani, Miriam Mafai, Alberto Arbasino, Natalia Aspesi. Sono anni in cui televisioni e radio sono sempre più diffuse: il pubblico è sempre più informato e, di conseguenza, cresce anche il livello delle richieste dei lettori: «Non sono pochi ormai i lettori che nel quotidiano di qualità cercano soprattutto la spiegazione e l’interpretazione degli eventi e l’illustrazione e la denuncia dei problemi. Per un commentatore chiaro e seducente come Scalfari è un invito a nozze; per gli altri commentatori di Repubblica un’occasione eccezionale».

Seppur il mercato ci sia, Scalfari fatica a lanciare al meglio il giornale, che raggiunge punte solo di 100mila copie vendute durante il primo anno. È evidente come il giornale stia ancora cercando l’area politica su cui puntare: se, nascendo dalla storia dell’Espresso, si partiva da posizioni di eclettismo radicale, già nel ’77 ci si concentra di più sui giovani della sinistra extraparlamentare, per poi spostarsi, l’anno dopo, sul Partito Comunista, nella speranza di un’intesa tra Aldo Moro e Enrico Berlinguer. Nel ’78 poi il caso Moro segna un momento importante per il giornale: le copie vendute sono già 114mila, e durante le settimane di prigionia del leader Dc Repubblica si schiera con fermezza contro le trattative e gli scambi con i brigatisti.

Da qui in avanti il giornale continuerà a crescere, raggiungendo in poco tempo le 135 mila copie e arrivando, nel gennaio ’79 al punto di pareggio, 145 mila copie vendute in media. Inoltre «le interviste di ampio respiro dello stesso Scalfari con Luciano Lama, segretario generale della Cgil, e con il leader comunista Berlinguer e l’attenzione, ricambiata, per Sandro Pertini, che si sta rivelando un capo dello Stato carismatico, sono il segno più evidente di uno sforzo collettivo diretto a far entrare Repubblica nella grande politica. In altre parole Scalfari appare sempre di più un leader che fa politica con il proprio giornale».

Il quotidiano si affaccia sugli anni Ottanta forte di questa crescita: arriva a competere con il Corriere della Sera, entrato in crisi nell’81 per lo scandalo della P2. Scalfari coglie la palla al balzo: assume nuovi giornalisti, nomi del calibro di Enzo Biagi e Alberto Ronchey, appena usciti da Via Solferino, cercando quindi di portare il giornale, come lui stesso dirà, «anche in aree politiche e culturali meno di sinistra».

Il giornale continua a crescere: le pagine ora sono 40, con più spazio a cronaca, spettacoli e sport; ormai non è più un secondo giornale, e continua a togliere lettori agli altri quotidiani di sinistra. Nell’85 i lettori sono più di 372mila e nell’86 si arriva al fatidico sorpasso ai danni del Corriere.

Ma il primato dura poco: se infatti Repubblica aveva rafforzato la sua posizione tramite un gioco a premi ("Portfolio"), anche il Corriere sposa lo stesso stratagemma, ideando "Replay", che ha più successo, e gli permette di scalzare la rivale in cima alla classifica dei quotidiani più venduti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Parole di piombo. Il linguaggio giornalistico del caso Mazzola-Giralucci (Padova, giugno 1974)

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Informazioni tesi

  Autore: Emmanuele Michela
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze storiche
  Relatore: Silvano Petrosino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 210

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