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La Diffamazione Online. Il delitto previsto dall’art. 595 c.p. commesso nel ciberspazio tra questioni di natura sostanziale e processuale

La rilevanza giuridica delle condotte avvenute nel ciberspazio e la diffamazione online

La parola Internet viene spesso utilizzata nei suoi sinonimi web o ciberspazio.
Quest’ultimo termine, coniato nella sua forma inglese cyberspace nel 1982 all’interno di un racconto di fantascienza da William Gibson, deriva dalla fusione di "cibernetica", parola utilizzata per indicare fenomeni artificiali, biologici o misti e di "spazio". Esso, nella sua accezione originale, designava un luogo immaginario di fantasticherie e allucinazioni contrapposto allo spazio reale, tuttavia nel tempo il suo significato si è progressivamente arricchito con le innovazioni tecnologiche fino ad affermarsi quale sinonimo di Internet, grazie alle sue capacità evocative di una realtà parallela e interconnessa rispetto al mondo fisico. Dunque, è possibile definire Internet come un luogo all’interno del quale si svolgono atti e fatti giuridici che producono effetti, i quali spesso non si esauriscono all’interno dello stesso ma si riverberano anche nella vita reale. Pertanto, nel corso di tale evoluzione si è resa necessaria una regolamentazione giuridica dei comportamenti che afferiscono al web, sulla base del principio secondo cui ciò che è illecito offline non può essere lecito online, anche se si presenta con differenti modalità e forme.
A tal fine ogni disciplina giuridica ha dovuto profondamente riplasmarsi e adattarsi, non essendo ogni questione risolvibile con la mera estensione ermeneutica, ai fenomeni nuovi, delle norme vigenti e delle categorie dogmatiche tradizionali. Tra queste, certamente anche il diritto penale, poiché essendo Internet un locus di interconnessione e interscambio tra soggetti che intrecciano rapporti personali, culturali e sociali, allora, sulla base del principio secondo cui ubi societas, ibi crimen, nella rete si manifesterà anche la patologia sociale e, dunque, si manifesteranno anche condotte meritevoli di repressione penale.
Dunque, la res informatica può costituire l’oggetto materiale della tutela penale o lo strumento per la realizzazione di tutta o di parte della condotta o dell'evento del reato, o di una sua circostanza. Tale dicotomia è frutto dell’elaborazione del legislatore e della dottrina prevalente, i quali effettuano una distinzione tra reati informatici propri e reati occasionalmente informatici. Tale categorie si caratterizzano per la rilevanza del profilo informatico: nella prima esso costituisce elemento imprescindibile della condotta o dell’evento, mentre nella seconda l’elemento informatico rappresenta soltanto una delle eventuali modalità di esecuzione del reato ma non ne caratterizza la tipizzazione, sostanziandosi in un mero ampliamento delle modalità di commissione di illeciti già precedentemente tipizzati che, pena la violazione del divieto di analogia e del principio di tassatività, non avrebbero potuto essere ricondotte alla disciplina prevista per le fattispecie tradizionali.
Con riferimento all’oggetto della presente indagine, secondo opinione unanime è configurabile la diffamazione commessa mediante strumenti telematici e informatici, trattandosi di una forma di crimine tradizionale realizzato con mezzi comunicativi moderni, la cui consumazione, come ha sostenuto la Cassazione, seguita ormai da giurisprudenza consolidata, è non solo possibile, ma addirittura “intuitiva”. In particolare, come si vedrà infra, essa è conforme nel ritenere Internet, in virtù della sua potente diffusività e pubblicità, elemento compreso all’interno della definizione "qualsiasi altro mezzo di pubblicità" legittimante l’applicazione della fattispecie aggravata del reato di diffamazione ex art. 595 c. 3 c.p.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La Diffamazione Online. Il delitto previsto dall’art. 595 c.p. commesso nel ciberspazio tra questioni di natura sostanziale e processuale

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Informazioni tesi

  Autore: Lorenzo Tani
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Raffaella Brighi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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Parole chiave

diritto penale
diritto dell'informatica
diffamazione online

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