Il razzismo nel Fascismo e la persecuzione dei diritti degli ebrei (1938-1943)

Passiamo quindi all’analisi di quella che è la situazione in Italia. È necessario però, prima di entrare nel merito della questione, soffermarsi a fare alcune considerazioni.
L’Italia vive il Risorgimento come momento di riscatto nazionale: “ Per un moto singolare di progresso che la Provvidenza segna nella vita dei popoli, dopo una lotta che ha lasciato le sue tracce di sangue, e scolpite le reminiscenze di lunghe sventure, l’Italia si vede riunita ne’ suoi elementi naturali e nelle sue aspirazioni omogenee: e dessa vi vede nel suo compito dopo una sosta di diciotto secoli; dopo che il mondo da lei incivilito ha udito le sue sciagure ed il suo genio represso, da una tresca di mali collegata a suo danno per soffogare le sue tradizioni di gloria e d’impero, nel secolo decimo nono, si vede assisa nel numero delle famiglie d’Europa, per battere la carriera che le si addice nella moderna civiltà “.
Ma l’italianità risorgimentale non fu prerogativa dei soli italiani, ma fu un connotato essenziale dell’ebraismo italiano. Già tra la Carboneria o la Giovane Italia si possono trovare ebrei che, con slancio patriottico, daranno il loro contributo al processo di unificazione nazionale: “ A Firenze, i fratelli Paggi stampavano clandestinamente materiale “carbonaro” e il convitto “Collegio Foà” era un noto covo della “Giovane Italia”; a Livorno i carbonari ebrei si contavano a decine; a Faenza nel 1820 Abramo Fortis si distinse nella partecipazione ai moti insurrezionali; e Rubiera fu teatro nel 1822 di un clamoroso processo a tre ebrei accusati da Francesco IV, duca di Modena, di appartenere alle “sette segrete”.