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La rappresentazione mediatica delle rivolte dell'autunno del 2005 nelle banlieue parigine: il confronto tra La Repubblica e Le Monde

La spettacolarizzazione degli eventi e il linguaggio giornalistico

È un dato ormai scontato che il ruolo dei media sia cruciale nel garantire uno spazio globale interconnesso: lo sviluppo delle tecnologie comunicative consente un’ampiezza di connessione sconosciuta nelle epoche precedenti, tanto da tradursi in uno dei principali fattori che costituiscono il fenomeno della globalizzazione che caratterizza la nostra epoca.
In particolare, i media permettono al soggetto di estendere la propria azione oltre l'interazione faccia a faccia, in quanto grazie a essi "il mondo, nella alterità, raggiunge il suo picco di visibilità" [Manzato 2012, 364].
Nel linguaggio giornalistico emergono dei problemi comuni, poiché vengono utilizzate modalità particolari nella comunicazione come il sensazionalismo, la tendenza alla spettacolarizzazione e la sempre più evidente dipendenza dei quotidiani alla televisione. In particolare, parliamo di spettacolarizzazione, di abbandono dei toni neutri e distaccati per privilegiare i titoli allarmanti e i toni drammatici.
La narrazione di fatti drammatici attira l’attenzione del pubblico e coinvolge in prima persona le persone in una notizia, poiché crea un dibattito sul dato argomento. Creare spettacolo attorno a un tema genera vendite e guadagno, perdendo la linea neutra che il giornalismo dovrebbe seguire. La spettacolarizzazione tocca diversi temi, da quello politico a quello di cronaca nera. Lo “spettacolo politico” raccontato dalla notizia crea visibilità, mette a confronto figure politiche che utilizzano i media per guadagnare consenso o semplicemente per attirare l’attenzione dei giornalisti. Di conseguenza, i giornalisti gestiscono le informazioni e selezionano le frasi più accattivanti nei discorsi politici, mettendo in prima pagina o scrivendo nel titolo dell’articolo le parole che possono creare stupore giocando con il sensazionalismo.
Col passare del tempo e con la nascita dei social network, l’obiettivo dei media è diventato quello di rendere la narrazione semplice e comprensibile alla totalità del pubblico senza approfondire le dinamiche di un evento. Per questo motivo vengono utilizzati alcuni metodi per rendere il prodotto più “spettacolarizzato”, come la pubblicazione di dettagli inopportuni sulla vita privata di una persona coinvolta, che non hanno legami con quello che si vuole
raccontare, o primi piani di persone in lacrime e interviste disperate su un evento drammatico appena accaduto. Si tratta di un gioco di emozioni, di spettacolarizzazione e di esperienze condivise, ma rischiando di creare interpretazioni errate del tema proposto.
Gli interessi tra quotidiani e telegiornali diventano comuni e molti osservatori notano un appiattimento dei giornali sulla TV, non solamente nella scelta dei temi o nell’enfasi data, ma anche nel linguaggio.
La stampa mima lo stile della televisione. La spettacolarità, l'immediatezza, la “visibilità” sono rese soprattutto nei titoli, con una varia strumentazione: scelte espressive nel lessico, ampio spazio concesso al discorso diretto, incremento dello stile nominale e delle dislocazioni [Faustini 1995, 169].
Nel sistema editoriale si parla di spinte che portano a uniformare le dinamiche dei processi di informazione. Le spinte nel lavoro giornalistico possono essere la fretta e la necessità di un lessico pronto all’utilizzo, la necessità di concisione dato il poco spazio a disposizione, l’evoluzione linguistica che tiene conto delle trasformazioni culturali della società e lo stile lessicale utilizzato dal giornalista nel processo produttivo, tenendo conto di valori e codici fondamentali nell’interpretazione.
Per il giornalismo è ritenuto regolare l’adozione di due particolari sottocodici linguistici: quello della politica e quello della pubblicità. Giornalismo, politica e pubblicità hanno infatti come mezzo la persuasione, palese od occulta; come fine il consenso; e come contenuto, spesso, un immaginario collettivo [...]. Non occorre sottolineare l’importanza della pubblicità per i consumi. A questo proposito i pubblicitari, per affinare la comunicazione pubblicitaria, utilizzano anche delle indagini cosiddette psicografiche, attraverso le quali riescono a identificare la composizione differenziata dei pubblici e la loro esposizione ai mezzi [...]. Il linguaggio della pubblicità è teso a perseguire un deragliamento della consuetudine, vuol provocare un “colpo di scena” semantico, uno shock verbale [...]. Il linguaggio della politica è un sottocodice linguistico del cosiddetto “giornalese”. Il linguaggio dei politici è cambiato negli anni, è possibile avvertire che ci sono meno tecnicismi, meno astrattismi e si utilizzano di più termini popolari, addirittura insulti, anche da studio TV […]. Il linguaggio politico, se qualche volta cerca di essere persuasivo per convincere il pubblico a dare ragione a chi parla, quasi sempre però si rivolge a un uditorio scelto e ben preparato. Per questo il politico, spesso, passa sopra la testa del pubblico e raggiunge solo chi conosce il codice per decifrare i messaggi introdotti da parole e locuzioni particolari [ibidem, 183-195].
Negli ultimi anni, la tendenza è quella di dirigersi direttamente al pubblico coinvolgendolo in prima persona, parlando con dei termini colloquiali per rendere più semplice il concetto che si vuole spiegare. Molto spesso i politici utilizzano termini semplici e sensazionalistici nelle loro idee che attirano l’attenzione dei giornalisti. Di conseguenza, queste parole vengono riportate e modificate in alcuni casi per rendere la notizia più accattivante nel titolo che verrà pubblicato in prima pagina. Tutto scorre velocemente e le notizie bombardano ogni giorno il pubblico, ponendo come obiettivo la ricerca di storie forti. Le cattive notizie sono all’ordine del giorno e la percezione che si ha della narrazione degli eventi è quella di una maggiore attenzione a ciò che avviene di drammatico, tagliando immediatamente le notizie positive. Le parole di una figura politica, che tende a parlare in modo dispregiativo di un problema, sono più accattivanti nel testo comunicativo. La comunicazione politica sta attingendo alla sfera digitale e in questo modo l’attenzione del pubblico viene orientata sulle pubblicazioni di un personaggio politico. Per questo motivo, il giornalismo si è evoluto e ha iniziato a essere presente su ogni piattaforma e social network, rendendo ancora più semplice la comunicazione tramite titoli sempre più sensazionalistici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La rappresentazione mediatica delle rivolte dell'autunno del 2005 nelle banlieue parigine: il confronto tra La Repubblica e Le Monde

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Kosova
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Comunicazione Interculturale
  Relatore: Carlo Genova
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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