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Augmented Kitchen - Realtà aumentata in cucina

La tecnica stop motion

Com’è facile intuire dalle pagine precedenti, la tecnica stop motion può essere applicata in diversa maniera e con diversi metodi. Ma in cosa consiste esattamente questa tecnica che dura da più di un secolo?
Lo stop motion, traduzione italiana «passo uno», è una tecnica d’animazione simile a quella utilizzata nel disegno animato su fogli di acetato. Per dare l’illusione del movimento, qualsiasi oggetto è mosso in maniera impercettibile e fotografato in pose diverse tra un fotogramma e l’altro. Più precisamente, un animatore muove di poco l’oggetto, la fotocamera scatta la foto, l’animatore muove nuovamente l’oggetto e si scatta un altro fermo immagine. Questo processo viene replicato finché non si ottiene un numero sostanziale di scatti che permette alle immagini in sequenza di dare l’illusione che l’oggetto sia in movimento. La velocità standard di cattura e di proiezione di una pellicola cinematografica che si considera per un secondo di animazione è di 24 frame consecutivi. «L’occhio umano ha dunque una proprietà in base alla quale l’impressione prodotta su di esso da una sorgente luminosa o da una qualsiasi immagine, persiste sulla retina del nostro occhio per 1/10° o 1/16° di secondo […] e cioè la sensazione avuta in precedenza non sparisce istantaneamente ma persiste ancora 1/16°. Vale a dire, che possiamo sostituire un’immagine ad un’altra, senza che il nostro occhio avverta il passaggio e sempre che naturalmente la sostituzione avvenga sotto il 16° di secondo» In base agli oggetti e ai materiali utilizzati per le animazioni, la tecnica stop motion prende nomi differenti.
La Claymation è il termine che si usa per indicare animazioni realizzate esclusivamente con plastilina, argilla, creta e qualsiasi materiale modellabile. Il metodo migliore per controllare il modello e i movimenti da compiere è costruire all’interno della scultura un’armatura di alluminio. Quelle professionali sono realizzate con articolazioni snodabili composte da cerniere e giunture d’acciaio leggero. L’armatura più semplice e meno costosa, invece, si può realizzare artigianalmente con fil di ferro rinforzato cioè intrecciato su stesso e ricoperto di nastro adesivo di carta per permette alla plastilina di aderire meglio senza staccarsi. Il termine Claymation è stato coniato da Will Vinton nel 1976 che ha realizzato diversi cortometraggi con la plastilina. Oggi un esempio di Claymation è data dalla Aardman Animation con i lungometraggi “Chicken Run” e “Wallace&Gromit”.
La Puppet animation, invece, è simile alla precedente ma i modelli animati sono pupazzi di qualsiasi forma e materiale. Si potrebbero citare numerosi esempi di animazioni realizzate con questa tecnica a cominciare dai dinosauri costruiti da Will O’Brien in “The Lost World” fino al più evoluto “Coraline” di Henry Selick. Come si è potuto notare, i pupazzi sono stati costruiti con diversi materiali oltre la sempre presente armatura. Solitamente si dà volume con la gommapiuma e si utilizza un composto di silicone e schiuma per la pelle oppure degli elementi rigidi intercambiali come le maschere del viso di “Coraline” mentre i vestiti sono creati con stoffe di vario tipo con un’intelaiatura metallica che assicura la fissità dei movimenti.
La Cutout animation si realizza con ritagli di carta, stoffa e materiali affini per creare figure bidimensionali da muovere su uno sfondo. Ad esempio per realizzare l’animazione di una palla che rimbalza si disegnano e si ritagliano tre forme diverse: la prima è un cerchio mentre le altre due sono due ovali di cui uno più stretto dell’altro. Con l’ausilio di un treppiede si posiziona la fotocamera in posizione perpendicolare al piano di lavoro. Per eliminare l’eventuale riflesso dell’ombra dell’animatore, si possono utilizzare due fonti di luce poste a 45 gradi dal tavolo. Dato che l’animazione consiste nel rimbalzo di una palla, si posiziona il primo disegno sullo sfondo ad esempio al centro e si scatta un primo fotogramma. Poi si sposta leggermente il cerchio verso il basso e si scatta un nuovo fotogramma continuando il processo finché il cerchio non raggiunge quasi il bordo. A questo punto lo si sostituisce con la seconda immagine, l’ovale, e si scatta un altro fotogramma. Si ripete la stessa operazione con il terzo disegno e quando si andrà a verificare la sequenza delle immagini al montaggio si otterrà l’effetto del rimbalzo di una palla che appena tocca il bordo si comprime leggermente. La Cutout animation è stata quasi abbandonata ma è stata ripresa nel 1997 per l’animazione della serie animata “South Park”, fino alla definitiva sostituzione con l’animazione al computer. Dalla Cutout animation deriva la Silhouette animation in cui vengono utilizzate sagome di colore nero in contrasto con lo sfondo, come accade per le ombre cinesi. Il primo lungometraggio realizzato con la silhouette animation è di Lotte Reiniger “Die Abenteuer des Prinzen Achmed” (Le avventure del principe Achmed) del 1926.
La Pixilation, invece, è una tecnica d’animazione in cui i protagonisti sono attori reali che vengono fotografati in pose diverse mentre interagiscono con gli oggetti e con il mondo esterno dando un effetto meccanico del movimento. Il termine deriva da pixie che significa essere dispettoso e imprevedibile ed è stato coniato da Grant Muro, assistente di Norman McLaren, uno dei più importanti artisti che ha rinnovato e migliorato questa tecnica vincendo anche l’Oscar nel 1952 con il cortometraggio “Neighbours”. In realtà già Segundo de Chomón ne aveva fatto uso nel 1905 ne “El hotel eléctrico”. Dopo aver attraversato le fasi di ideazione e di scrittura creativa, si passa alla produzione. Innanzitutto un animatore deve avere gli attrezzi e i materiali giusti per poter cominciare.
Lo strumento necessario per la realizzazione di un prodotto audiovisivo è la macchina da presa. La più utilizzata negli anni passati è stata la Bolex H16 della casa svizzera Paillard, una cinepresa da 16mm molto in voga negli anni Ottanta. Adesso, però, con il processo di digitalizzazione, per realizzare un’animazione in stop motion si hanno diverse alternative che offrono risultati immediati. La prima è l’utilizzo di una macchina fotografica digitale con cui si catturano i fotogrammi ad una risoluzione elevata. La fotocamera deve essere impostata in modalità manuale poiché con l’impostazione automatica la messa a fuoco cambia dando l’impressione che nel campo visivo si stia muovendo qualcosa. Con l’ausilio di un treppiede si posiziona la macchina fotografica in una precisa posizione rispetto al set che dovrà rimanere fissa altrimenti quando si andrà a verificare il filmato si noterà una sorta di sfarfallio. Dopo aver effettuato i movimenti sulla scena e i relativi scatti, si importano le immagini sul computer e si elaborano con un software di montaggio. Il rischio, tuttavia, che si corre utilizzando questa tecnica è che non si ha bene la percezione di quanto si debba muovere l’oggetto da animare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Valeria Faro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Industria culturale e comunicazione digitale
  Relatore: Carlo Maria  Medaglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 137

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