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Il potere dello sport: Risorsa educativa ed inclusiva

Le disabilità psichiche e il progetto All Inclusive Sport

Consapevoli del fatto che le disabilità non sono tutte uguali, ci addentriamo nel concreto delle disabilità psichiche. Infatti, oltre a quelle prettamente fisiche e sensoriali (lesioni della funzionalità degli organi di senso, vista e udito), le disabilità mentali sono quelle che consistono in una condizione di deficit psichico dovuto a svariate cause. Oltre ai soggetti che presentano una minorazione mentale per cause di difetto riguardo funzioni cerebrali (sindrome di down, autismo), rientrano in questa categoria anche coloro portatori delle cosiddette “disabilità intellettive evolutive”, espressione che ha preso il posto di “ritardo mentale”, ovvero quella che evidenziava che lo sviluppo di alcuni soggetti era più lento rispetto a quello considerato “tipico”. Attualmente i criteri perché possa essere diagnostica una condizione di disabilità intellettiva sono i seguenti:
• Deficit delle funzioni intellettive: ragionamento, pianificazione, pensiero astratto, problem solving, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e apprendimento dall’esperienza
• Deficit del funzionamento adattivo: mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali di autonomia personale e di responsabilità sociale. Essi incidono sul funzionamento della comunicazione, della partecipazione sociale e la vita indipendente in casa, scuola, lavoro e comunità
• L’esordio dei deficit intellettivi e adattivi avviene in età evolutiva.

Prima invece, fino al 2013, secondo le indicazioni contenute nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association (La Franca, 2020), la diagnosi dell’allora ritardo mentale si basava sulla presenza di tre requisiti:
• Esordio prima dei 18 anni
• Esistenza di limiti significativi nei comportamenti adattivi
• Un Quoziente Intellettivo (QI) circa uguale o inferiore a 70

Il comportamento adattivo veniva definito in base a dieci abilità:
• Comunicazione
• Cura personale
• Vita familiare
• Capacità sociali/interpersonali
• Uso delle risorse della comunità
• Autodeterminazione
• Capacità di funzionamento scolastico e/o lavorativo
• Tempo libero
• Salute
• Sicurezza

Il QI si calcola dividendo l’età mentale per l’età cronologica e moltiplicando il risultato per 100. L’età mentale è pertanto una valutazione di cosa sa fare il soggetto in relazione alle specifiche funzioni cognitive del soggetto. Normalmente il QI delle persone normodotate si colloca a 100, ovvero quando un soggetto raggiunge al test un’età mentale uguale a quella cronologica. Al di sotto dei 70 si ha una compromissione del QI, evidenziando diversi gradi di gravità (ivi, p. 13-15).
Di come intraprende un percorso inclusivo per le persone con disabilità attraverso l’attività sportiva me ne ha parlato una figura di assoluta rilevanza del nostro territorio. Ho avuto l’opportunità di conoscere e successivamente intervistare Andrea Farnese, docente di Sport e Inclusione presso l’Università degli Studi di Parma e autore di “Mente in movimento” (Farnese, 2016) e “Giocofiaba. L’esperienza Giocampus per l’inclusione, l’alimentazione e l’ambiente” (Farnese & Seclì, 2021). Attualmente si occupa anche di collaborare con I progetti Giocampus (Parma), che propone percorsi per le classi scolastiche favorendo l’integrazione di soggetti con disabilità e le opportunità per la classe, e All Inclusive Sport, di cui parleremo più avanti. Egli ha presentato le possibili organizzazioni e strategie operative per l’inclusione di bambini con problematiche riguardo lo sviluppo. L’attuale metodologia, proposta da OMS36 (dal 2000), diventata su base ICF, propone di muoversi partendo dal funzionamento dei soggetti, e da lì muoversi per la costruzione delle abilità (motorie, sportive e non solo). Ma attraverso quali modalità? Diviene assolutamente fondamentale l’adattamento degli spazi, delle regole, degli strumenti ecc. affinché si possa effettivamente coinvolgere attivamente i soggetti con disabilità intellettiva. Per far sì che ci sia una valorizzazione dei bisogni del bambino disabile ed una pura inclusione di esso, è necessario cercare di metterlo “al centro del gioco”, attraverso diverse soluzioni, come renderlo l’obiettivo del gioco (es. compiere 10 passaggi con lui/lei), oppure adattando le regole su di lui/lei. Ancor meglio lo si può rendere protagonista, proponendo giochi e sfide che possano abilitare il soggetto, rendendo agli occhi degli altri un campione; ad esempio, organizzando una partita di pallamano da seduti, dove un ragazzo che a causa di disabilità psichiche ha difficoltà a camminare diverrà un punto di riferimento per i compagni. Imprescindibile è anche la relazione con l’educando, dove l’educatore deve essere in grado di modellare il comportamento-problema; come nel caso di un bambino con autismo diventa importante riuscire a distrarlo dalle sue pretese e chiedere lui di fare una richiesta in un modo corretto per poter rispondere alle sue necessità. A sostegno degli educatori sportivi vi sono anche risorse rilevanti come quella proposta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) per l’orientamento e avviamento allo sport, ovvero “Per Gioco Per Sport”, il quale propone metodologie per educare giocando e strategie per l’inclusione. Essa può avvenire solamente se si ha l’opportunità nella situazione, perché se dovesse essere problematica si intraprenderebbe un percorso di integrazione. L’inclusione che rimane comunque l’obiettivo principale di quest’azione educativa, la quale deve essenzialmente avvenire dal semplice al complesso, e dal globale allo specifico. La chiave consiste nella semplificazione delle attività, venendo incontro alle abilità di tutti e destrutturando ciò che magari si voleva impostare precedentemente (un ragazzo con disabilità non riesce a fare un esercizio a coppie con il compagno, prova a farlo con l’allenatore).
Tenendo inoltre conto di come la costruzione delle abilità, non sia indirizzata esclusivamente al soggetto con disabilità, ma anche ai suoi compagni che hanno l’opportunità di migliorarle ulteriormente. Per esempio, se il ragazzo disabile fatica notevolmente a prendere una palla al volo, sarà compito dei compagni normodotati fornirgli il miglior passaggio possibile affinché riesca ad afferrarla; oppure in un gioco di squadra, se si è costretti ad adattarsi alle difficoltà del compagno, si imparerà a gestire il gioco anche in uno in meno. Questo diviene fondamentale che venga percepito dai genitori dei bambini, in particolare di quelli con figli normodotati, i quali talvolta pensano che la presenza di qualcuno con disabilità influisca negativamente sulle prestazioni della squadra. Essi devono apprendere che si tratta di un’opportunità e che la priorità sia l’apprendimento.
Altro scopo di grande importanza è quello di, attraverso lo sport, permettere di raggiungere l’autonomia a chi non può essere indipendente. È cardinale accompagnare gli educandi nell’acquisizione di competenze generali, attraverso attività specifiche (come imparare ad allacciarsi le scarpe o prepararsi da solo la borsa per allenamento), con l’obiettivo di incidere sulle abilità psico-sociali (attenzione, collaborazione…) al fine di promuovere l’autonomia eliminando l’accompagnamento del tutor/educatore. Per gli allenatori e gli educatori sportivi è basilare che avvenga il coinvolgimento dei ragazzi con disabilità il prima possibili, soprattutto perché dopo i 12 anni è difficile riuscire ad incidere sulla loro abilità motoria e sullo sviluppo fisiologico. Nel rapporto con i genitori c’è bisogno di dimostrare l’efficacia dei progetti (test che dimostrano i miglioramenti) per far sì che ci sia un rapido avvicinamento e che nessuno sia tentato a incombere nell’abbandono sportivo.
Farnese conclude con un messaggio significativo per chi allena e chi educa, a cui chiede di riflettere su cosa si voglia fare: bisogna accantonare il proprio ego di allenatore per fare spazio al puro apprendimento. “Se l’obiettivo è vincere, io non alleno!”
Un’altra figura che ho avuto l’onore di conoscere è il professor Andrea Margini, insegnante di educazione fisica, da sempre impegnato nel mondo delle disabilità, il quale collabora a riguardo con l’Università di Modena e Reggio Emilia e l’Università di Parma, in cui è anche docente di “Metodi e didattiche delle attività motorie e sportive” per il corso per educatori di sostegno. È inoltre responsabile delle attività di progetti di basket inclusivo (disabilità fisiche e mentali). Egli, infatti, riporta come esempio calzante il baskin, basato su una logica di gioco inclusivo per tutti e che si distacca dagli altri sport adattati.
Essendo concretamente un formatore per gli educatori che andranno ad agire in contesti sportivi (anche solamente nelle ore di educazione fisica nelle scuole), Margini porta avanti un discorso rilevante per quanto riguarda le attività sul campo; il team building, le attività espressive e comunicative (verbali e non verbali; il linguaggio del corpo è uno strumento validissimo quando si ha a che fare con le disabilità) ecc. il tutto è anche finalizzato a diffondere l’abbattimento dei pregiudizi che riguardano i “disabili” e le “persone diversamente abili”. Anche in questo caso l’obiettivo primario rimane l’inclusività, che può nascere unicamente dalla diffusione di attività adattate (es. goalball37) e quindi anche dall’adattamento delle scuole e delle società sportive. Questa visione si fonda anche sui valori citati dall’Art. 3 della Costituzione Italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali38” e sull’educazione civica che non può prescindere dalla conoscenza della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” dell’ONU che dichiara donne e uomini del pianeta “liberi ed uguali in dignità e diritti”, per il solo fatto di viverlo, in spirito di fratellanza, giustizia e pace39.
Chi intraprende il percorso di educatore sportivo ha anche a disposizione risorse in grado di aiutarli nel lavoro di adattamento, come le schede del CONI e piattaforme online come mobilesport.ch40 utilizzate anche da Margini stesso.




36 Organizzazione Mondiale della Sanità.
37 Gioco di squadra che può essere praticato anche da atleti affetti da disabilità visive
38 https://www.governo.it/it/costituzione-italiana/principi-fondamentali/2839#:~:text=3,di%20condizioni%20personali%20e%20sociali.
39 https://www.orizzontescuola.it/dichiarazione-universale-dei-diritti-umani-una-lezione-da-utilizzare-nelle-tue- classi/#:~:text=L'Educazione%20Civica%20non%20pu%C3%B2,di%20fratellanza%2C%20giustizia%20e%20p ace.
40 https://www.mobilesport.ch/it/

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il potere dello sport: Risorsa educativa ed inclusiva

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Informazioni tesi

  Autore: Nazzareno Cucuzza
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Dimitris Argiropoulos
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 89

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