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Digital Evidence e prova informatica

Le fasi della digital forensics

Prima di entrare nel vivo della presente trattazione, si ritiene opportuno prendere le mosse da una preliminare delimitazione terminologica.
Dopo aver individuato un’iniziale definizione di “computer forensics”, è, ora, il caso di indicare cosa comunemente s’intenda in questo ambito per “digital evidence”.
Per farlo, occorre rivolgere la nostra attenzione allo standard ISO/IEC 27037, approvato e pubblicato nel 2012, ove, al paragrafo 3.5 si definisce il concetto di digital evidence come ogni informazione, che può essere memorizzata o trasmessa in forma digitale, che è o piò essere considerata “evidenza”.
Questo il testo originale, che merita di essere riportato nella sua versione inglese, particolarmente chiara e sintetica: “digital evidence: information or data, stored or trasmissed in binary form that may be relied on as evidence”.
Dunque, il ruolo di elemento centrale della disamina è ricoperto dal dato digitale: invero, lo scopo dell’informatica forense consiste precipuamente nell’individuare, identificare, acquisire, documentare e interpretare i dati digitali, ossia i dati presenti all’interno dei dispositivi digitali o elettronici, che possono costituire una prova utilizzabile nel processo.
Tale fine ultimo è raggiunto mediante lo svolgimento di determinati passaggi imprescindibili e, segnatamente: l’individuazione del supporto informatico contenente il dato digitale; l’acquisizione del dato mediante apposita attività di apprensione o captazione ovvero previo sequestro del dispositivo e duplicazione del supporto di memorizzazione; l’idonea conservazione dei dati così acquisiti e duplicati; l’analisi dei dati medesimi ai fini della loro presentazione nell’ambito del procedimento in cui possono assumere una valenza probatoria.
Nella fase interpretativa, particolarmente pregnante ai fini processuali, occorre procedere ad una disamina di sistema, volta a far emergere, mediante un ragionamento logico deduttivo di tipo inferenziale, la correlazione eventualmente sussistente tra plurimi elementi, non necessariamente tutti di natura digitale: soltanto in tal modo potrà riconoscersi il ruolo nettamente centrale dell’evidenza informatica dal punto di vista probatorio.
Come è stato a più riprese asserito dalla dottrina in subiecta materia, tale procedimento, lungi dal costituire una mera disamina tecnica degli elementi previamente acquisiti, rappresenta un articolato complesso di tecniche prettamente finalizzate al compimento di una “manipolazione controllata dei dati e delle informazioni”.
È, infatti, soltanto l’elaborazione dei dati precedentemente individuati, estratti e acquisiti che risulta idonea a produrre informazioni e, conseguentemente, una fonte di prova. Con l’ausilio dei protocolli stilati dalle best practices prima sommariamente passate in rassegna, occorre, dunque, procedere allo svolgimento delle attività sopra richiamate in modo tale da non compromettere il ruolo della prova digitale – intrinsecamente caratterizzata da fragilità, come visto supra – all’interno del procedimento.
Seppur, proprio a causa della complessità, che spesso, peraltro, è tale da richiedere un approccio multidisciplinare alle operazioni de quibus, non sia possibile individuare una univoca procedura alla quale rivolgersi nella generalità dei casi, si può, comunque, ricostruire la digital forensics mediante il ricorso ad una serie di fasi che tendono ad accomunare procedure tra loro differenti e che ci si accinge ad esaminare nel prosieguo della presente trattazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Digital Evidence e prova informatica

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Informazioni tesi

  Autore: DANIELA PALMINTERI
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Giuseppe Di Chiara
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 142

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Parole chiave

reati informatici
computer forensics
prova digitale
547/1993
digital evidence
prova informatica
48/2008
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