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Il Servizio Idrico Integrato

Le regole dello Stato: fonte di obblighi per il gestore del servizio pubblico idrico integrato

Un servizio di interesse generale viene riconosciuto come tale solo se politicamente emerge la volontà di assoggettarlo a determinati obblighi. Se si vuole che i bisogni primari dei cittadini siano realmente soddisfatti, bisogna attribuire al soggetto che eroga il servizio determinati comportamenti e azioni specifiche (obblighi). Questo significa che l’attività del servizio idrico integrato deve essere condotta rispettando determinati vincoli. Lo Stato per salvaguardare l’interesse generale è legittimato ad introdurre disposizioni erga omnes ed ad agire in deroga al principio generale della libertà di stabilimento, previsto nel Trattato dell’Unione Europea.
Non si ha la pretesa di individuate tutte le disposizioni che in qualche modo regolano l’attività del servizio idrico integrato, ma è interessante delineare la funzione delle principali norme emanate in attuazione della normativa europea e che costituiscono le fonti di obbligo. Il rispetto degli adempimenti previsti significano garanzia per la nostra salute, sostenibilità ambientale, perseguimento dello sviluppo socio-economico e tutela del benessere collettivo.
Tra questi, il decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001 (modificato ed integrato dal D.L.vo n. 27del 2 febbraio 2002) emanato a seguito della direttiva 98/83/CE relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano e che le definisce come acque potabili impiegate in ambito domestico, per cucinare, per bere o per altri usi domestici, o quali acque utilizzate dalle imprese alimentari per la produzione di prodotti destinati al consumo umano; assegna al gestore del servizio idrico l’obbligo di garantire che i valori dei parametri, definiti nello stesso decreto, siano rispettati nel punto di consegna. Il controllo esterno sulla qualità delle acque fornite dal gestore spetta all’Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente.
Il D.Lgs. n. 31/2001, prevede l’istituto della deroga e come è già avvenuto in altre occasioni nel nostro paese applicando tale disposizione, si creano soluzioni di second best (di compromesso). I valori prefissati possono essere non rispettati anche per periodi di tempo piuttosto lunghi. I Comuni che non riescono a rispettare i parametri, chiedono la deroga alla Regione, la quale si rivolge al ministero della salute, il quale a sua volta richiede chiarimenti e pareri al Consiglio Superiore della Sanità, dando il via a procedimenti lunghi ma che in generale finiscono con l’approvazione della richiesta comunale. Si producono situazioni un po’ paradossali: è recente, primo settembre 2010, la notizia pubblicata sul “Sole 24 Ore” da G. Trovati dal titolo “Atrazina, boro, e clorito: Acque d’Italia in deroga” con la quale informa i lettori che dodici Comuni della Provincia di Roma vietano l’acqua del rubinetto ai minori di quattordici anni per via dell’atrazina in essa contenuta. Mentre in Sicilia il Ministero ha permesso che il parametro del vanadio presente nell’acqua dei rubinetti di molti comuni siciliani sia portato da 50 mg., massima quantità ammessa per il resto d’Italia, a 160 mg per tutto il 2011, in attesa di nuove infrastrutture; chissà se con il termine infrastrutture si intendono i soli depuratori. Sì, perché emblematico è il caso di Reggio Calabria, uno dei pochi Comuni che non ha mai chiesto deroghe: lì l’acqua potabile non esiste proprio!
E’ il caso di dire che il disegno normativo relativo all’organizzazione del servizio idrico sia solo apparentemente lineare. Nella realtà la sua applicazione è complessa. Le funzioni giuridico-amministrative, le verifiche ed i controlli ambientali e sanitari, si diramano però in una serie di “attori” con competenze dai confini non sempre precisi: se al gestore del servizio idrico integrato spetta il controllo interno, al Comune, alla Regione, all’A.U.S.L., al Ministero della Salute, al Consiglio Superiore della Sanità spettano altri compiti che vanno ad incidere su quello del primo.
La frammentazione di competenze e di “ruoli”, è secondo molti esperti un fattore molto critico: crea disordine e disomogeneità. Le conseguenze ricadono sia sulle imprese del settore che vedono crescere il loro rischio operativo sia sui cittadini che non si sentono adeguatamente tutelati.
Così se a Velletri, in provincia di Roma, i bimbi non possono bere l’acqua, in Romagna la scorsa primavera i primi cittadini dei Comuni di Ravenna, Lugo, Cervia, Cesena e Imola in rappresentanza dei 225 comuni serviti da Hera s.p.a., gestore locale del servizio idrico integrato, lanciano una massiccia campagna pubblicitaria dal titolo "Peccato non berla! La buona acqua di casa tua", esortando così i cittadini a bere l’acqua del rubinetto. In una nota del 5 maggio 2010 del sindaco del Comune di Lugo (RA) si legge: "L'acqua del rubinetto è buona, garantita, controllata ed economica. Berla consente di risparmiare - costa duecento volte meno di quella minerale - e fa bene all'ambiente: basti pensare alle tonnellate di bottiglie di plastica che finiscono in discarica e al fatto che bere un litro d'acqua del rubinetto in sostituzione di quella in bottiglia equivale ad evitare di percorrere quasi due chilometri in auto. Non berla è davvero un peccato”. Il Sindaco non solo si fa pubblicamente garante della qualità e salubrità dell’acqua consegnata nelle case ma promuove e sostiene allo stesso tempo obiettivi di tutela ambiente.
Il rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile contenuti negli allegati del suddetto decreto, individua uno dei compiti fondamentali del gestore a garanzia dell’interesse generale della comunità, ma a condizione che l’iter procedurale sia applicabile.

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Il Servizio Idrico Integrato

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Informazioni tesi

  Autore: Vilma Tesoriati
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Gestione Aziendale
  Relatore: Massimo Canali
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 151

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