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La disciplina degli accessi e delle verifiche fiscali e la tutela del contribuente

Lo Statuto dei diritti del contribuente: natura e funzioni

La legge 27 luglio 2000 n. 212, recante lo "Statuto dei diritti del contribuente", è senz'altro l'evento normativo più importante a cui si sia assistito in materia fiscale.
Non è possibile, pertanto, esimersi da una serie di considerazioni generali, svolte anche in senso critico, al fine di tracciare un bilancio sull'impatto che tale provvedimento ha avuto a sette anni dalla sua entrata in vigore.
Lo Statuto si innesta in un quadro normativo dal carattere alluvionale, caratterizzato dalla sovrapposizione di disposizioni settoriali, talora perfino contraddittorie e in evoluzione continua.
Il legislatore tributario, erroneamente convinto che l'art. 53 Cost. esprimesse una supremazia dell'interesse fiscale, ha sovente abusato dei propri strumenti, calpestando le ragioni del contribuente.
Tra le pessime abitudini legislative, era consueto ritrovare disposizioni tributarie sparse in provvedimenti disciplinanti altre materie, norme eterogenee inserite in uno stesso documento e con titolazione generica, rinvii ad altre disposizioni, modifiche repentine, abrogazioni tacite, e soprattutto, applicazioni retroattive della legge tributaria in senso sfavorevole al contribuente.
Particolarmente significativo, se non bastasse, è stato l'abuso che i governi hanno fatto del decreto legge, al fine di istituire nuovi tributi, benché non ricorressero i presupposti di necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione.
Scrive, in proposito, uno dei più fervidi sostenitori dello Statuto che "il Governo, o meglio la burocrazia, scriveva la legge impositiva, nuotando nell'abuso dei decreti-legge, la interpretava e la imponeva con le proprie circolari, la applicava con i propri atti di accertamento, la modificava continuamente, ancora per decreto legge e, se su qualche grossa questione di principio si trovava soccombente, invocava e otteneva una norma "interpretativa". D'altro canto una normativa casistica, rinnovantesi giorno dopo giorno, ottundeva (come scriveva Enrico De Mita) il controllo giurisdizionale, il ruolo nomofilattico della Corte di Cassazione – che, per effetto delle consistenze, allora abnormi, del contenzioso, interveniva a distanza di anni, e quindi a "cose fatte", quando l'interpretazione più non era diritto vivente - e rendeva sempre più difficile il controllo, ex post, della Corte costituzionale costituendo uno splendido alibi per chi tutto intendeva giustificare invocando una supposta ragione fiscale o la specificità delle leggi tributarie".

La c. d. "pressione legislativa", alimentava il clima di tensione e diffidenza tra fisco e cittadino, rendendo difficoltoso l'adempimento degli obblighi tributari.
Lo Statuto nasce proprio col compito di alleviare tale pressione legislativa, rendendo più stabile e facilmente conoscibile l'ordinamento tributario. Con sintesi felice, la dottrina ha affermato che "il contribuente trova nella ripetitività dei comportamenti quelle certezze che nessuna consulenza, per quanto qualificata, è in grado di assicurare".
Non è un caso che la naufragata riforma del sistema fiscale, (legge delega n. 80/2003) col proposito di creare un codice tributario articolato in una parte generale e in una parte speciale, richiamava proprio i principi della legge 212/2000. Dal punto di vista sistematico, lo Statuto, prevede: principi generali (art. 1); norme che limitano il legislatore tributario (artt. da 2 a 4); norme che pongono obblighi in capo all'Amministrazione finanziaria e di converso garanzie al contribuente ( artt. da 5 a 9); norme che sanciscono diritti del contribuente (artt. da 10 a 15); disposizioni di esecuzione (artt. da 16 a 21).
L' art. 1 c. 1, recita che "le disposizioni della presente legge, in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali".
Dal dettato normativo, la Cassazione ha enucleato quattro enunciati cardine dal punto di vista delle fonti: 1) l'autoqualificazione delle disposizioni statutarie come attuative della Costituzione; 2) la definizione di tali norme come principi generali dell'ordinamento tributario; 3) il divieto di apportare allo Statuto deroghe o modifiche tacite; 4) il divieto di deroghe o modifiche mediante leggi speciali.
La stessa Corte, smentendo i detrattori dello Statuto, ha aggiunto che "il tratto comune ai quattro distinti significati della locuzione principi generali dell'ordinamento tributario è costituito, quanto meno, dalla superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l'interprete (…) il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212/2000 deve essere risolto dall'interprete nel senso più conforme ai principi statutari".
In altre pronunce, la Cassazione, ha ribadito che " ogni qual volta una normativa fiscale sia suscettibile di una duplice interpretazione, una che ne comporti la retroattività ed una che l'escluda, l'interprete dovrà dare preferenza a questa seconda interpretazione come conforme a criteri generali introdotto con lo statuto del contribuente".

Reagendo direttamente a quel disagio normativo di cui si detto, lo Statuto ha previsto all'art. 3, che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, fatte salve le norme interpretative, che possono essere adottate solo in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le norme di interpretazione autentica.
Al fine di ricondurre il decreto legge nell'alveo dell'art. 77 Cost., l'art. 4 ha statuito che non si può disporre con decreto legge l'istituzione di nuovi tributi né prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti. L'art. 2, è senz'altro un contributo notevole alla chiarezza delle disposizioni tributarie, prevedendo, in sintesi, che:

- gli atti contenenti disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo

- le leggi che non hanno oggetto tributario, non possono contenere disposizioni a carattere tributario

- il richiamo ad altre disposizioni deve indicare anche il contenuto delle stesse

- le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo modificato

Non è oggetto di questa trattazione approfondire i principi dello Statuto. Invece, è utile una considerazione critica, poiché il problema dello Statuto è quello della sua concreta applicazione.
Si è notato come lo Statuto, pur essendo sulla strada giusta, abbia patito ripetute violazioni. In primo luogo, ciò avviene, per la collocazione che esso ha nella gerarchia delle fonti, trattandosi di legge sostanzialmente costituzionale, ma formalmente ordinaria, quindi derogabile dal legislatore ( come puntualmente è avvenuto anche di recente, sia con la legge finanziaria per il 2005 che col c. d. decreto Bersani). Peraltro, l'adozione dello Statuto con legge costituzionale, ne avrebbe quasi di sicuro rinviato sine die l'approvazione.
In secondo luogo, le inefficienze dell'amministrazione finanziaria e le esigenze di gettito, inducono il Governo, con l'avallo del Parlamento, a tradire lo spirito statutario.
Il risultato è una dicotomia: da una parte la Corte di Cassazione che valorizza lo Statuto in tutti i suoi aspetti, dall'altra la prassi amministrativa che tenta di darne un'interpretazione restrittiva.
In modo emblematico è stato scritto che "allo stato delle cose il bilancio è alquanto deludente ( se si salva la coraggiosa e lungimirante giurisprudenza della Cassazione): una serie di deroghe che impressionano non solo per la loro quantità, ma per la loro qualità, per l'interpretazione disinvolta del concetto di deroga". Occorre ricordare che lo Statuto, si inserisce in un tessuto normativo costituito dai decreti sull'Iva e sulle imposte dirette, nonché sulla prassi consolidata degli uffici, sicché risulta facile immaginare come i retaggi del passato abbiano ostacolato la sua concreta applicazione.
Nell'ambito delle verifiche, che qui ci interessano, è importante notare l'atteggiamento difensivo della G. d. F, nell'adeguare le istruzioni agli operatori. Il Comando Generale sostiene, infatti, che molti dei principi statutari erano già stati anticipati in via amministrativa, e che, con lo Statuto, il legislatore si prefigge di "confermare e rafforzare il modello logico-funzionale delle relazioni tra gli organi di controllo ed i soggetti controllati".
In modo particolare, si devono esaminare i problemi applicativi collegati all'art. 12 della l. 212/2000, disposizione che fissa i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La disciplina degli accessi e delle verifiche fiscali e la tutela del contribuente

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Informazioni tesi

  Autore: Carlo Rovello
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Gianni Marongiu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 73

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Parole chiave

statuto del contribuente
tutela del contribuente
verifiche fiscali
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