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Il pregiudizio etnico in età evolutiva e strategie di intervento per contrastare la discriminazione

Lo sviluppo del pregiudizio etnico nei bambini

Al fine di spiegare lo sviluppo del pregiudizio, Aboud (1988) riprende la teoria dello sviluppo infantile di Piaget per sottolineare come questo sia legato allo sviluppo cognitivo e alla maturazione dei meccanismi mentali di conoscenza e classificazione. Il modello proposto da Aboud vede gli atteggiamenti etnici come risultato di due linee evolutive. La prima sequenza evolutiva va dal primo anno di vita fino ai cinque anni ed è caratterizzata dal pensiero egocentrico e da una categorizzazione basata sull’utilizzo di dati visivi salienti, come il sesso e l’appartenenza etnica: già dai quattro anni, infatti, i bambini che appartengono a un gruppo maggioritario tendono a respingere coloro che percepiscono come diversi.
Questa linea evolutiva si articola in tre stadi:
1. In un primo stadio, il bambino è dominato da processi affettivi, tende a preferire coloro che lo rendono felice e rifiuta chi lo spaventa. I bambini sembrano scegliere chi riesce a soddisfare i loro bisogni e mostrano preferenza per i coetanei da cui ricevono un regalo, senza considerare il loro gruppo di appartenenza.
2. Il secondo stadio vede i bambini preferire le persone percepite come più simili a sé stessi e facenti parte del loro gruppo di riferimento, iniziando così a manifestare un pregiudizio verso coloro che da essi differiscono in quanto percepiti come appartenenti a gruppi diversi. La percezione di similarità si basa su caratteristiche esterne e attributi fisici quali il colore della pelle o il modo di vestirsi.
3. Il terzo stadio vede il configurarsi dell’appartenenza etnica come qualità interiore dell’individuo. In questo stadio i bambini utilizzano processi cognitivi di categorizzazione e classificazione per organizzare le informazioni che pervengono loro dal mondo esterno.

La seconda linea evolutiva, che va dai cinque ai sette anni, prevede il passaggio alla fase delle operazioni concrete: il bambino si appropria del principio di conservazione e comprende che una persona o un oggetto hanno delle proprietà immutabili; inoltre, colloca le persone in rigide categorie sociali sulla base di caratteristiche definite, ignorando i caratteri personali. Anche questa sequenza si articola in tre stadi:
1. In un primo stadio il bambino è centrato sulle proprie preferenze e sensazioni, crede che il proprio modo di vedere e i propri atteggiamenti siano condivisi da tutti gli altri.
2. In un secondo stadio sposta la propria attenzione sugli altri, valutati solo in base alla loro appartenenza a determinati gruppi sociali, accentuando la percezione delle differenze fra gruppi e formando così un vero e proprio pregiudizio. Il bambino fa ricorso a categorie sociali rigide per etichettare gli individui sulla base di informazioni stereotipate.
3. Il terzo stadio è caratterizzato dall’acquisizione di una maggiore elasticità cognitiva da parte del bambino, il quale non fa più sempre ricorso alle rigide categorie sociali per definire le persone, bensì prende in considerazione anche le caratteristiche individuali che esse possiedono. Questa terza fase, che va dai sette ai dieci anni, vede il bambino abbandonare la prospettiva egocentrica e acquisire completamente il pensiero operatorio. Il bambino è più aperto alla diversità e non vive più tale condizione come indice di inferiorità: questo potrebbe portare alla riduzione di atteggiamenti discriminatori nei confronti degli altri.

Per Aboud, quindi, i pregiudizi e gli stereotipi sono presenti già dai quattro anni, mentre dai cinque anni tendono a rafforzarsi fino a raggiungere l’apice intorno ai sette anni, momento dal quale iniziano a decrescere.
Al contrario di Aboud, che individua una decrescita del pregiudizio etnico nei bambini all’età di sette anni, la teoria dello sviluppo dell’identità sociale di Nesdale (1999) vede l’apice dello sviluppo del pregiudizio proprio in questa fase.
La teoria dell’Identità Sociale di Tajfel e Turner (1979) viene ripresa da Nesdale (1999), la quale riconduce la nascita del pregiudizio alla necessità di un soggetto di identificarsi nel gruppo sociale con un’immagine positiva per la società, al fine di accrescere la propria autostima. Secondo Nesdale (1999) il pregiudizio etnico è il punto conclusivo di un processo composto di quattro fasi:
1. La prima fase, fino ai due-tre anni, è caratterizzata da un’assenza di differenziazione in quanto, per il bambino, i classici segnali di distinzione, come il colore della pelle, non sono rilevanti.
2. La seconda fase, dai tre-quattro anni, è caratterizzata dalla consapevolezza etnica del bambino che vive in una società multietnica e che inizia a distinguere, per esempio, il colore della pelle degli individui sulla base delle etichette utilizzate da un adulto. A quest’età il soggetto sarebbe, quindi, già in grado di riconoscere quali gruppi siano considerati socialmente migliori.
3. La terza fase, dai quattro ai cinque anni, è caratterizzata dalla preferenza etnica da parte dei bambini, i quali preferiscono essere membri dei gruppi sociali con uno status più elevato e sviluppano una preferenza per il loro in-group.
4. La quarta fase, intorno ai sei-sette anni, è caratterizzata dal pregiudizio etnico. A quest’età l’auto-identificazione etnica dei bambini li porta a enfatizzare differenze rispetto ai gruppi esterni e somiglianze fra i membri del gruppo con il quale si identificano. Qui il bambino non mostra solo preferenza per il proprio in-group, ma anche disprezzo e ostilità verso i gruppi etnici esterni con i quali può sviluppare un conflitto, se visti, in aggiunta, come minaccia.

Il passaggio dalla preferenza per il proprio gruppo etnico allo sviluppo di un atteggiamento negativo verso un out-group è correlato, secondo Nesdale (1999), alla formazione dell’identità sociale. Intorno ai sette anni i bambini iniziano a provare sentimenti negativi verso un’altra etnia a causa degli atteggiamenti percepiti nell’ambiente familiare e in generale dalle persone per loro importanti e con le quali si identificano (Monaci, Trentin, 2008). Il bambino manifesta un atteggiamento pregiudiziale perché, nel consolidare la propria identità sociale, si identifica e condivide le credenze e i comportamenti del gruppo di appartenenza. La teoria dello sviluppo dell’identità sociale di Nesdale (1999), contrariamente ad Aboud che riconduce lo sviluppo del pregiudizio etnico allo sviluppo cognitivo, ne sottolinea la natura sociale e l’influenza della cultura dominante. Gli atteggiamenti negativi dei bambini nei confronti di altri gruppi potrebbero aumentare, diminuire o rimanere costanti a seconda di quanto richiesto dai gruppi sociali di appartenenza, poiché sono questi ultimi a definire i tratti dell’identità sociale di un individuo.
L’esperimento di Nesdale, Durkin, Maass e Griffiths (2005) ha testato le previsioni della teoria dello sviluppo dell’identità sociale, in particolare l’assunto secondo cui la forza con cui i bambini mostravano il pregiudizio verso l’outgroup dipendesse dalla percezione o meno di minaccia da parte di questo e dalla loro identificazione con l’in-group.
L’esperimento prevedeva un campione di 480 bambini anglo-australiani, così suddivisi: 160 tra uno e due anni, 160 tra tre e quattro anni e 160 tra cinque e sei anni. Ad un primo campione sono state scattate delle foto in primo piano mostrate ad un secondo campione di bambini ai quale è stato anche chiesto di indicare il sesso, l’età e l’etnia del bambino che vedevano nella foto e di indicare il grado di attrattività su una scala a quattro punti.
Nella seconda fase dell’esperimento è stato chiesto a tutti i bambini di fare un disegno che ritraesse loro stessi.
Nella terza fase dell’esperimento i disegni fatti dai bambini sono stati valutati ed è stato chiesto loro di fingere di partecipare ad un concorso di disegno in cui tutti i loro ritratti sarebbero stati giudicati da un artista. Sulla base dei giudizi dell’artista i bambini sono stati suddivisi in gruppi per livello di bravura nel disegno.
Le valutazioni di gradimento verso l’in-group e l’out-group sono state analizzate in termini di età, identificazione con il proprio gruppo, presenza o meno di minaccia dall’out-group, preferenza del gruppo ed appartenenza etnica. Dai risultati emerge che i bambini mostrano meno preferenza per l’out-group rispetto al loro in-group a prescindere dal grado di identificazione all’interno del loro gruppo, mentre mostrano antipatia per l’out-group solo quando si identificano fortemente con il loro in-group e percepiscono un’elevata minaccia dall’out-group.
Per quanto riguarda l’etnia i risultati indicano che quando i bambini sono fortemente identificati con il loro in-group ed il loro gruppo è minacciato da un altro gruppo, proveranno antipatia e odio indipendentemente dall’appartenenza etnica. Mentre quando un bambino deve cambiare gruppo sembrano in entrare in gioco altri fattori, in accordo con la teoria dell’identità sociale (Tajfel, Turner, 1979) se un bambino cambia o meno identificazione da un gruppo etnico ad un altro, dipende dalla sua identificazione con l’in-group e se percepisce lo status sociale superiore o inferiore dei gruppi. La ricerca aveva lo scopo di fornire una valutazione della teoria dello sviluppo dell’identità sociale (Nesdale, 1999) come resoconto dello sviluppo del pregiudizio etnico nei bambini e di testare le previsioni della teoria secondo cui la preferenza etnica nei bambini si trasformerebbe in pregiudizio etnico quando i bambini sono altamente identificati con il loro gruppo etnico ed in contrasto con il gruppo esterno.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il pregiudizio etnico in età evolutiva e strategie di intervento per contrastare la discriminazione

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Bernardi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Lorenza Di Pentima
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 93

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